Lukas ed Elias sono due gemellini di dieci anni e passano le loro giornate estive a rincorrersi tra i filari di un campo di grano, facendo il bagno in uno splendido laghetto immerso tra i boschi e facendo la lotta nei verdi campi davanti casa, una bellissima quanto gelida villa, sperduta nella campagna austriaca. Quando finalmente la loro madre torna a casa, con il volto coperto di bende, dopo un’operazione di chirurgia estetica, i due bambini cominciano a sospettare che quella donna non sia chi dice di essere e ben presto le cose precipiteranno in una spirale di follia e violenza, fino all’inevitabile finale.
I due registi , Severin Fiala e Veronika Franz, rispettivamente nipote e moglie del regista Ulrich Seidl, proseguono sulla strada già intrapresa dallo stesso Seidl (il film Canicola su tutti) e di cui Haneke è il maggior esponente; un cinema fatto di lunghe attese e di improvvisi scoppi di violenza, via via sempre più disturbante.
Seppure la realtà del film sia chiara fin da subito, almeno per un pubblico più smaliziato (l’idea ricorda in parte quella della pellicola di Robert Mulligan Chi è l’altro?), il seme del dubbio resiste per tutta la sua durata. Assistiamo così ad un classico gioco del gatto con il topo, ma in cui i ruoli si invertono continuamente, in cui non è mai chiaro fino alla fine, se siano i bambini a essere pazzi, o realmente la madre celi qualche segreto sotto a quelle bende che le nascondono il volto.
La donna si dimostra subito fredda e dispotica, al solo scopo di preservare una bellezza acquisita artificialmente, arrivando a chiudere i figli in camera per più giorni, a schiaffeggiarli o a uccidere un gatto randagio che i due bambini avevano portato in casa; ed è questa cattiveria a instillare nei gemelli il dubbio sulla vera identità della madre; così nei loro sogni la madre è un essere senza volto, come nelle foto sfocate appese per la casa, che probabilmente ritraggono la donna prima dell’intervento.
Avviandosi verso la fine, il film cambia registro e seppure continui a essere pervaso da un’aura gelida e distaccata, apre improvvisamente le porte al voyerismo della violenza, accostandosi ad alcuni torture porn francesi (Martyrs o Frontiers), ma mai fine a se stessa, in quanto legata ad un contesto psicologico sociale, per cui risulta ben inserita.
Goodnight mommy è dunque un gran bel film, duro e viscerale che non può lasciare indifferenti, perché colpisce sia a livello mentale ed motivo, sia a livello fisico: una pellicola profondamente disturbante, soprattutto per la giovane età dei protagonisti. A tal proposito, risultano bravissimi i due gemelli, scelti tra 240 coppie, soprattutto per il loro aspetto fragile ed innocente, ma allo stesso tempo permeato da un alone di mistero e inquietudine.
Splendida anche la fotografia di Martin Gschlacht, che contribuisce in maniera fondamentale a donare al film quel senso onirico e di oppressione, per cui lo spettatore si sente perduto.
Un film che piacerà agli amanti del horror d’atmosfera e del thriller psicologico.