martedì 12 settembre 2023

Non aprite quel cancello (1987) - Notte Horror 2023: Decima Edizione

 Non c'è estate senza "Notte Horror" per cui, come da diversi anni a questa parte, anche quest'estate la solita cricca di blogger appassionati del genere si è ritrovata per recensire e discutere film di oggi e di ieri.
Questa, inoltre, è stata un'edizione speciale, in quanto è stata la numero dieci e il sottoscritto ha avuto l'onore e l'onere di chiudere i giochi, con un film che spero vi possa interessare e incuriosire e dando l'arrivederci all'anno prossimo, per una nuova e ancora più spaventosa rassegna horrorifica.

 

Anche quest'anno ho pescato un film, che seppure piuttosto conosciuto, non è tra quelli più noti e importanti del genere, semmai un piccolo cult, forse meno spaventoso di molti altri, ma che ha, in qualche modo, lasciato il segno negli amanti del cinema horror.

Ecco a voi: "Non aprite quel cancello"

"Non aprite quel cancello" è un film del 1987 del regista ungherese Tibor Takacs che ne ha diretto anche il sequel.
Glen (interpretato da un giovanissimo Stephen Dorff, qui al suo esordio) scopre una buca nel giardino di casa sua e assieme al suo amico Terry vi trova all'interno un geode, che una volta aperto, rilascia delle scritte sul foglio su cui era posato. I due ragazzini leggeranno quelle scritte, non sapendo che così apriranno un portale che permetterà a spaventosi demoni di arrivare sulla terra.



 "Non aprite quel cancello" ("The Gate" in originale) più che un vero e proprio horror è un film fantastico con qualche sfumatura horror, ma adatta a tutta la famiglia. Infatti, originariamente, la pellicola doveva essere diretta dallo sceneggiatore Michael Nankin, che aveva ideato uno script più spaventoso e violento, con diverse morti, ma la casa di produzione decise di far riscrivere la sceneggiatura allo stesso Nankin, adattandola ad un pubblico più ampio e passò la regia a Takacs che comunque fece un buon lavoro. 

Certo il film visto con gli occhi di bambino fa un altro effetto e qualche brivido in più lo mette addosso, ma tutto sommato anche così la pellicola è abbastanza godibile, grazie ad una regia di mestiere e a degli ottimi effetti speciali, che seppure oggi possano risultare datati, sono sicuramente efficaci e migliori di tanta porcheria che si vede oggi.
La pellicola parte lentamente e per tutta la prima parte non accade molto anche se qualche piccolo brivido non manca, ma è solo dopo quarantacinque minuti che compaiono i primi demoni e da quel momento il film si scatena in tutto il suo potenziale spaventoso.



Bisogna ammettere che la sceneggiatura pesca a piene mani da tutti gli stereotipi horror degli anni ottanta dal giovane protagonista (con la passione per i razzi spaziali) che ha un rapporto conflittuale con la sorella maggiore, all'amico "nerd" appassionata di musica rock al disco con messaggi subliminali se fatto girare al contrario e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia il fatto che l'idea e i mostri siano un evidente riferimento a quel gran genio di H.P. Lovecraft non può che essere un valore aggiunto al film.

Va invece sottolineata la furbata degli adattatori italiani che, come andava di moda all'epoca, hanno tradotto un semplice "The Gate" in "Non aprite quel cancello" in modo di collegarlo con la serie di film di successo di "Non aprite quella porta".




Come più volte già ripetuto uno dei punti di forza sono gli ottimi effetti speciali; ad esempio i piccoli mostri sono in realtà persone in carne e ossa con un costume che grazie ad abili inquadrature e prospettive risultano minuscoli, mentre il demone finale è stato realizzato in stop-motion che non può non ricordare i lavori di Ray Harryhausen.

Bene, non mi resta che salutarvi e ricordarvi di recuperare tutte le altre recensioni che troverete nel bannerone qui di seguito. Arrivederci al prossimo anno.






venerdì 14 aprile 2023

Chiara (racconto)

Questo è un altro racconto caduto nel dimenticatoio ripescato da una vecchia mail, è un lavoro diverso rispetto ai miei soliti racconti, non ricordo se fosse un esercizio di stile o qualcosa fatto per un concorso tematico, ma la cosa che più incredibile è che sembra descrivere abbastanza fedelmente mia moglie, ma è stato scritto almeno tre anni prima di conoscerla e cinque o sei, prima che iniziasse la nostra relazione. 
Devo ammettere che al tempo e ciò si noterà nel racconto stesso, ero un po' prevenuto nei confronti delle persone con qualche chilo in più addosso, ma nel frattempo, non solo ho avuto modo di ricredermi, ma mi sono profondamente innamorato di una di loro.


Chiara si fermò davanti allo specchio nell’entrata di casa. Si sistemò i capelli biondi ricordando quando da ragazzina portava i capelli lunghi e che le piaceva attorcigliarci attorno un dito, vizio che le era rimasto anche ora che li aveva corti, perché non aveva più la pazienza di curarli con l’attenzione che richiedono le lunghe pettinature. Sul viso rotondo costellato da efelidi, dovute alla sua carnagione chiara, che al sole, anziché assumere un colore ambrato, arrossiva fino a darle l’aspetto di un grossa fragola, non c’era traccia di cosmetici. Non amava molto passare le ore tra rossetti, rimmel e phard, si truccava quel tanto che bastava per mascherare le fatiche di una lunga giornata.
In cucina, i suoi genitori e i suoi fratelli stavano cenando. Lei passò a salutarli senza dimenticarsi di Rudy, il suo amato bassotto, al quale ultimamente aveva dedicato più tempo che al suo ragazzo.
Dopo un’ultima occhiata allo specchio uscì rapidamente di casa. Come detto, Chiara, non era una ragazza vanitosa, del resto il suo fisico robusto non le permetteva di esserlo, ma come alla maggior parte delle donne, quando usciva di casa, piaceva essere in ordine. Una t-shirt scura e un paio di jeans erano l’ideale per una serata in compagnia dei suoi amici; semplicità e comodità, come piaceva a lei. Quella sera riuscì a convincere i suoi amici ad andare a mangiare al ristorante cinese, per il quale aveva una vera passione. Probabilmente questa predilezione era nata nell’adolescenza, quando credeva erroneamente, che la cucina cinese fosse tutta ipocalorica. Poi scoprì che c’erano anche diversi piatti fritti e moltissime salse che erano tutt’altro che dietetiche.
Arrivò all’appuntamento in orario, come da sua abitudine. Non era il tipo da arrivare addirittura in anticipo, ma odiava abbastanza i ritardi, per essere sempre puntuale.
Durante la cena chiacchierarono del più e del meno, senza scendere in discorsi particolarmente impegnativi. Chiara era così, simpatica, divertente e molto sensibile, ma non le piaceva parlare di se stessa e dei suoi problemi con persone con le quali aveva poca confidenza e, anche se quella sera era in compagnia dei suoi amici, non con tutti si sentiva libera di confidare le sue preoccupazioni. Se aveva bisogno di sfogarsi, di solito lo faceva con il suo ragazzo, ma anche lui non aveva accesso ai segreti più intimi che Chiara conservava gelosamente.
Gli amici però si fecero una grossa risata quando Chiara raccontò loro di un incubo che la tormentava da qualche tempo a quella parte, e cioè quello in cui veniva inseguita da una statua di Boccioni. Tale incubo derivava dall’inconsueta paura, che Chiara aveva, di rimanere rinchiusa all’interno di un museo senza la possibilità di uscire. Ancora di più la spaventavano i musei di arte moderna, con tutte quelle sculture e dipinti dalle forme astruse e minacciose.
Dopo cena, tutti assieme andarono al cinema. Questa non era una vera passione, ma a Chiara piaceva andare al cinema, in compagnia degli amici o del moroso e poi discutere del film appena visto. Videro un film romantico e Chiara si commosse, ricordando quel ragazzo che le aveva spezzato il cuore. Ma ora aveva una persona che la amava e lei era felice.
Più tardi, mentre si infilava a letto, nella sua camera, le cui pareti erano coperte dalle numerose cartoline che aveva raccolto in giro per il mondo, e sul cui pavimento risaltava anacronisticamente una cassetta di mele che aveva portato a casa dal Trentino soltanto qualche giorno prima, Chiara ripensò a tutto ciò e sorrise. Era circondata da persone che le volevano bene, aveva viaggiato molto e fatto esperienze che la maggior parte della gente che conosceva, mai avrebbe fatto. C’era solo una cosa che ogni tanto tornava a disturbarla, ed era il pensiero del suo fisico abbondante; ormai aveva imparato ad amare il suo corpo e quasi non faceva più caso agli sguardi e alle risate che qualche idiota ancora le rivolgeva, ma ogni tanto, come quando era bambina, sognava di essere una farfalla.

martedì 4 aprile 2023

La corsa (racconto)

Scartabellando alcune vecchie mail ho trovato dei vecchi racconti che ancora non avevo pubblicato: ecco il primo di essi, chiaramente ispirato da "La lunga marcia" di Stephen King sotto lo pseudonimo Richard Bachman.
Spero possa piacervi.



Salvatore continuava a correre anche se ora il suo passo era incerto e caracollante; ormai la meta era vicina e soltanto grazie all’istinto di sopravvivenza era riuscito a proseguire, dopo che i suoi compagni erano tutti caduti, uno dopo l’altro, durante il massacrante percorso. Erano partiti circa tre settimane prima da Sitka, in Alaska e dopo un percorso di quasi 5600 km, in cui avevano attraversato pressoché un quarto degli interi Stati Uniti, ora stava per giungere, da solo, a Key West, nell’assolata Florida.
La micidiale corsa era stata organizzata dal direttore di un grande penitenziario, con il benestare del governo e del Presidente, a causa dell’enorme sovraffollamento della prigione. Al momento della gara si contavano quasi cinquantamila detenuti, contro i trentamila che la struttura poteva normalmente contenere. Le insurrezioni erano ormai all’ordine del giorno ed era sempre più difficile tenerle sotto controllo, motivo per cui il direttore aveva pensato ad un sistema per liberarsi della maggior parte dei prigionieri, in maniera “più o meno” legale. Aveva dunque organizzato questa folle corsa, assicurando immediata libertà a chiunque fosse riuscito ad arrivare sano e salvo al traguardo, ma naturalmente si era anche preoccupato che a fine gara, arrivasse meno gente possibile. I detenuti che avessero deciso di partecipare dovevano seguire un percorso obbligato, controllati costantemente da militari armati; ogni tentativo di fuga sarebbe stato punito con la fucilazione immediata. In ogni caso, a tutti i carcerati venne installato un microchip, così se anche qualcuno fosse riuscito a eludere la sorveglianza, sarebbe stato immediatamente rintracciato e giustiziato. Inoltre, come rifornimento, erano elargiti solamente mezzo litro d’acqua e una tavoletta di cioccolato al giorno; ma la cosa più devastante era che veniva concesso solamente un’ora di riposo, ogni ventiquattro di corsa. Non ci si poteva fermare, non ci si poteva ritirare, non era permesso ostacolare gli altri concorrenti, ogni trasgressione alle regole veniva punita con una tempestiva esecuzione; la sola cosa che si potesse fare era correre e resistere, fino alla fine.
Sui cinquantamila detenuti, ben quarantamila avevano deciso di partecipare alla massacrante corsa; dopo tutto la maggior parte di loro avrebbe dovuto farsi almeno trent’anni di galera, e la prospettiva di ottenere la grazia era più allettante rispetto alla consapevolezza dell’enorme fatica che li aspettava per ottenerla. Dopo il primo giorno, le guardie di scorta fucilarono circa duemila carcerati, la maggior parte dei quali perché aveva tentato di fuggire, altri perché erano crollati o si erano arresi. Il giorno seguente, a venire uccisi furono altri cinquemila detenuti e altri settemila il terzo giorno. Poi, anche a causa delle morti dovute alla fatica e alle imprudenze, i corridori cominciarono a capire che ci voleva una strategia, non era sufficiente correre e basta e per quanto possibile, dovevano spalleggiarsi e aiutarsi a vicenda. Dopo queste riflessioni, per diversi giorni, il numerò di decessi calò vertiginosamente: appena un migliaio in quattro giorni. Tuttavia questa situazione non durò molto, le rivalità e le tensioni all’interno del gruppo erano troppo forti; ognuno voleva prevalere sull’altro, così dopo due settimane dall’inizio della mega maratona (così era stata soprannominata dai media che seguivano la vicenda con macabro voyerismo), si contavano quasi trentamila morti e all’ultimo giorno di gara i sopravvissuti erano non più di cinquecento.
Salvatore stava scontando una pena di vent’anni per aver ucciso un tizio in una lite nel parcheggio di una discoteca. Lui non era tipo da invischiarsi in quel tipo di cose, ma odiava farsi mettere i piedi in testa, e quando quel ragazzo, che avrà pesato più di un quintale, aveva cominciato a provocarlo in pista da ballo, non si era tirato indietro. Sapeva che molto probabilmente avrebbe avuto la peggio, ma a lui interessava dimostrare che nessuno poteva permettersi di prendersi gioco di lui, solo perché non era grande e grosso.
Poi però le cose erano andate diversamente da come se l’era immaginate ed era bastato un pugno alla gola per far si che il ragazzo morisse soffocato. Da quel giorno erano passati già cinque anni e durante tutto quel periodo, in carcere aveva subito ogni genere di abuso, fisico, sessuale e psicologico e quando aveva deciso di farla finita gli si era presentata l’occasione della corsa, così non se l’era fatta sfuggire. Ora, all’ultimo giorno di gara, era rimasto tra i pochi sopravvissuti, ma si sentiva sempre più esausto e temeva che sarebbe crollato proprio ora che stava per raggiungere il traguardo. Quell’estenuante prova lo aveva ridotto a essere l’ombra di se stesso, come se non fosse stato già abbastanza magro; le gambe, che ormai si muovevano da sole, lo reggevano per miracolo, ed era consapevole che se si fosse fermato a riposare un’altra volta, non sarebbe più riuscito a mettersi in piedi, per cui continuò ad arrancare faticosamente nonostante non dormisse ormai da più quasi tre giorni.
Davanti a lui, un giovane asiatico si bloccò improvvisamente in mezzo al percorso e si sedette a terra; non fece nemmeno in tempo a superarlo che una guardia lo raggiunse e gli sparò alla testa. Salvatore passò oltre indifferente; qualche giorno prima probabilmente si sarebbe perlomeno chiesto chi era quel ragazzo, se lo conosceva, se durante le detenzione aveva avuto modo di parlarci o di farci amicizia, ma in questo momento, nulla di tutto ciò aveva importanza, l’unica cosa che contava era arrivare alla fine. Improvvisamente, il suo sguardo perso si fece lucido, c’era qualcosa di diverso in fondo alla strada; la gente che fino a quel punto aveva seguito la maratona, era sempre rimasta diligentemente a bordo strada, controllata dalla polizia in modo che non interferisse con la gara, ma ora sembrava che fossero tutti ammassati, lasciando solo uno stretto corridoio, attraverso il quale sarebbe dovuto passare.
Il traguardo era vicino.
Entrò in città accolto da una folla festante che lo incitava e incoraggiava, anche se lui non era del tutto consapevole. Solo quando, oltre la piazza principale vide la linea del traguardo, come mosso da un improvvisa forza misteriosa, accelerò il passo, senza però tener conto delle sue gambe esauste.
Un crampo al polpaccio destro gli fece perdere l’equilibrio, facendolo finire a terra; ma Salvatore di tutto ciò non si rese conto, non si rese conto del suo volto che picchiava contro il pavimento in porfido, non si rese conto dell’arrivo delle guardie e non si rese conto di quell’ultimo colpo di fucile. La sola cosa che Salvatore sapeva, era che ce l’aveva fatta, aveva passato il traguardo, aveva vinto e ora era finalmente libero.

martedì 26 luglio 2022

Notte Horror 2022 - Pesce d'Aprile (1986)

Care amebe putrescenti, ormai come da tradizione decennale, anche quest'anno i blogger più oscuri della rete tornano a mettere qualche brivido a torrida stagione calda. Del resto che estate sarebbe senza "Notte Horror"?
Prima di proseguire con la recensione del film scelto per questa edizione vi ricordo di recuperare gli appuntamenti con gli altri blogger delle scorse settimane e con quelli a seguire a partire da Lucius Etruscus e il suo Zinefilo che più tardi parlerà del secondo capitolo della saga di Darkman.





Il titolo che invece ho selezionato io è "Pesce d'aprile" del 1986 diretto da Fred Walton, un film che, probabilmente, non molti ricorderanno; del resto tra i molti slasher dell'epoca, questo non è certo tra i più memorabili. Eppure qualcosa di interessante c'è, ma come al solito partiamo con la trama:

Muffy St. John decide di invitare alcuni suoi compagni, per festeggiare le vacanze di primavera, nel fine settimana che precede il Primo d'Aprile, su un'isola dove si trova la tenuta che ha appena ereditato. Il weekend parte all'insegna dell'allegria, nonostante un incidente iniziale, del divertimento e degli scherzi, ma ben presto i ragazzi dovranno fare i conti con uno spietato killer intenzionato a farli fuori uno alla volta.



Insomma anche il soggetto non è certo tra i più originali, ma è nello svilupparsi della vicenda che il film ha uno dei suoi punti di forza, perché se la storia è tra le più abusate e la parte puramente slasher è piuttosto debole, i personaggi, per quanto stereotipati, hanno un loro spessore e l'evolversi degli eventi è comunque interessante.

Buona la regia di Fred Walton che dirige con mestiere e riesce a portare a casa un buon prodotto, forse perfino sottovalutato, proprio perché spacciato per slasher puro, quando in realtà il film viaggia su altri binari, ma ciò si capisce soltanto alla fine, con quel doppio colpo di scena che sorprende lo spettatore, ma chiarisce anche il perché si vede così poco sangue.
Del resto, lo stesso Walton ebbe a dire: "La tragedia, credo, o la grande delusione è stata che la Paramount non sapeva come pubblicarlo se non come tipico film slasher. Quindi la maggior parte del pubblico si aspettava di vedere qualcosa che loro non stavano andando a vedere".
Va detto che i produttori del film sono gli stessi di alcuni dei sequel di "Venerdì 13" per cui, probabilmente cercarono di ripetere il successo della saga di Jason Voorhees, senza però riuscirci e danneggiando invece il lavoro di Walton.




Volendo azzardare un po', nella pellicola si può vedere, dato il soggetto, una sorte di "Scream" ante litteram, certo molto più soft e meno raffinato, ma che in qualche modo anticipa il linguaggio meta cinematografico dell'opera di Craven e di altri film più moderni.

Il cast è composto da attori più o meno noti e tutto sommato se la cava. Amy Steel, che qui interpreta Kit, è stata scelta su suggerimento del produttore Frank Mancuso Jr, dopo che questa aveva partecipato a "Venerdì 13 - L'assassino ti siede accanto", mentre Thomas F. Wilson (Arch) è noto soprattutto per il suo ruolo di Biff nella saga di "Ritorno al futuro"




Attenzione seguiranno possibili spoiler:
Secondo le intenzioni del regista, il film sarebbe dovuto finire con Skip che torna all'isola dopo che tutti sono partiti e uccide la sorella per tenersi tutta l'eredità, ma la produzione ha voluto un finale meno cattivo. Un finale simile, compare invece nel romanzo di Jeff Rovin che accompagnava il film nell'uscita nelle sale.

"April fool's day" è stato anche il titolo di lavorazione di un altro film dell'epoca, vale a dire "Jolly Killer", ma quando i produttori si accorsero che che la Paramout stava uscendo con una pellicola con il medesimo titolo, lo cambiarono in "Slaughter High"



Nel 2008 ne è stato prodotto un remake, uscito direttamente in dvd, che non ho avuto modo di vedere, ma di cui non si parla un granché bene

Il mio consiglio è dunque di recuperare sicuramente questo film, ma di essere consapevoli che ci si trova di fronte ad uno slasher atipico, con poco sangue, ma con molte buone idee e un finale che vi sorprenderà, in un modo o in un altro.





sabato 28 maggio 2022

I cartoni dimenticati (6) - Sport Billy

Dopo aver parlato solo di anime, per questa puntata de "i cartoni dimenticati", ho ripescato una serie che proviene dall'altra parte dell'oceano, prodotto dalla Filmation , la casa di produzione che ci ha regalato cosine come come He-Man e i dominatori dell'universo, Blackstar, The Original Ghostbusters (quelli con il gorilla) e tanti altri prodotti.

Erano i magnifici anni 80 e in Italia spopolava la bibita all'arancia Billy (se siete stati ragazzini in quegli anni e quasi impossibile che non ne abbiate bevuto almeno un brick) e proprio in quel periodo, più precisamente nel 1981, dall'America arrivò questo cartone animato, dalla breve durata e che presto sparì dai nostri palinsesti.


Sto parlando di Sport Billy, serie animata composta da due stagioni, una di sedici e una di dieci episodi come già detto prodotta dalla Filmation nel 1979 e trasmesso in patria a partire dal 1980 dalla NBC, mentre qui da noi fece il suo esordio su Canale 5 all'interno del contenitore Bim Bum Bam.


Sarà perché il cartone era a tema sportivo e il suo protagonista divenne una mascotte usata dalla FIFA, mentre il succo Billy aveva un immagine che ricordava Naranjito, la mascotte dei mondiali di Spagna '82, la mia mente d'infante aveva sempre associato i due prodotti che in realtà non avevano nulla a che fare l'uno con l'altro.


Ma veniamo alla trama: Sport Billy è un ragazzo che vive su Olimpo, un pianeta gemello della terra sul lato opposto del sole, dove tutto gli abitanti sono simil-dei atletici e sportivi. Un giorno il giovane viene mandato sulla terra per portare lo spirito sportivo e il gioco di squadra e combattere la malvagia regina Vanda, che assieme al suo scagnozzo Sipe, vuole distruggere tutti gli sport. 

Billy ha anche due compagni che lo aiutano nella sua missione: la giovane Lilly e il cane parlante Willy. Inoltre il ragazzo può contare sulla sua Omni-Sack, una borsa da palestra che può cambiare dimensione e dalla quale estrae, di volta in volta, l'attrezzatura sportiva di cui ha bisogno per vincere la sfida di turno. I tre eroi viaggiavano nel tempo e nello spazio nella loro astronave, che ricordava vagamente una di quelle vecchie sveglie dei nostri nonni.


Il succo Billy è sparito agli inizi degli anni 90, si mormora perché contenesse sostanze non in linea con le normative UE, ma non vi è nulla di certo. Sport Billy invece è proprio sparito dalle tv e dalle memorie di molti di noi; tuttavia il franchising ha prodotto anche un videogame portatile, un album musicale del 1982, una serie a fumetti e una versione del Subbuteo. E voi vi ricordate qualcosa di tutto ciò?


lunedì 4 aprile 2022

Mom and Dad (2017)

 All'uscita del film, avevo letto da qualche parte, non ricordo dove, recensioni positive per cui appena possibile l'ho recuperato  con curiosità. Ora mi chiedo, ma quelli a cui è piaciuto, cos'hanno visto?
Ok, de gustibus eccetera, eccetera, ma io l'ho trovato veramente brutto e ridicolo, che certo non aveva un grande budget, ma il problema non è lì, è proprio la sceneggiatura, il montaggio e la regia che sono inguardabili, per non parlare della recitazione, in particolare quella di Nicolas Kim Coppola è surreale e sopra le righe.




Andiamo però in ordine. Trama: In una cittadina americana, un'improvvisa follia collettiva colpisce tutti i genitori che tenteranno in ogni modo di far fuori la propria prole. Un'adolescente e il suo fratellino dovranno sopravvivere alla furia di mamma e papà.

L'idea in sé era buona e con quella giusta cattiveria da rendere il film deliziosamente interessante; ma poi viene tutto sprecato da una regia e una recitazione da principianti.
A leggera la trama, il pensiero mi era andato a quel piccolo gioiello che è "Ma come si può uccidere un bambino?"(ma anche al buon "The Children") con il rovesciamento dei ruoli, ma dopo meno dieci minuti di visione si capisce che non solo non si sta giocando nello stesso campionato, ma proprio a due giochi completamente diversi.



Quello che fa incazzare è che il film ha un ottimo incipit e quindi nei primi secondi ti illudi, ma subito dopo i titoli di testa tutto crolla inesorabilmente.

Innanzitutto i bambini, per i quali dovresti fare il tifo, sono talmente antipatici che pensi: "ma sì spaccagli la testa a quei deficienti!". 
Non dico che avrebbero dovuto essere due angioletti da commedia zuccherosa, ma almeno creare un po' di empatia, no?
Poi i personaggi tagliati con l'accetta (scusate il gioco di parole): la madre (Selma Blair) stressata e frustrata che cerca di recuperare il rapporto con la figlia adolescente che nemmeno la calcola; il padre (Nicolas Cage) anche lui stanco e con la crisi di mezz'età, che rimpiange la libertà giovanile.
Anche il personaggio della domestica è stereotipato e finisce col diventare una ridicola macchietta, vanificando una delle poche scene (quasi) riuscite del film.




Ho già parlato della recitazione di Nicolas Cage, ma vale la pena tornarci su un attimo per sottolineare quanto quest'attore sia ormai la presa in giro di se stesso: urla, piange, sbraita, si agita tutto in maniera eccessiva e ridicola raggiungendo uno dei livelli più bassi della sua carriera (e questo è tutto dire).

C'è poi una sceneggiatura scritta malissimo, basti pensare ai ridicoli flashback di Cage, che dovrebbero servire a dare una tridimensionalità al suo personaggio e invece lo rendono solo più grottesco e assurdo (vedi il ricordo con l'auto e quello del dialogo con il figlio).
L'unica cosa spaventosa del film sono le parole del nipote del "buon" Nick che preventivato un sequel del film, che fortunatamente non c'è ancora stato.



Concludendo, siamo difronte all'ennesimo film dal potenziale sprecato da una regia regia sbagliata e da una recitazione pessima. Il mio consiglio è quello di cercare le emozioni altrove, ma se proprio volete vederlo, almeno non fatevi nessuna illusione.



domenica 31 ottobre 2021

Fantasmi, streghe e vampiri nelle leggende tra Veneto ed Emilia Romagna

 "Che spavento! Che Paura,
dentro questa notte scura!
Mostri in giro ad atterrire,
bimbi pronti a inorridire!"

Dopo un anno di assenza, torno assieme agli amici della Geek League, a festeggiare la notte più spaventosa e paurosa dell'anno. Come l'anno scorso, pur rispettando la tematica horror, ognuno dei partecipanti è libero di raccontare Halloween a modo suo. Io ho deciso di riportarvi alcune leggende popolari del Veneto, mia regione di nascita e dove ho vissuto fino a pochi anni fa e dell'Emilia Romagna, mia regione d'adozione, dove ho trovato l'amore.
Buona lettura cari mostricciattoli:

IL FANTASMA DI VILLA FOSCARI DETTA "LA MALCONTENTA"

A Mira, in provincia di Venezia, sorge Villa Foscari, progettata e realizzata da Andrea Palladio tra il 1554 e il 1559 per conto dei fratelli Nicolò e Alvise Foscari, due nobili veneziani, come loro dimora per le vacanze, non troppo lontana dalla loro residenza e dai loro affari. Sull'origine del nome "Malcontenta" non esistono riferimenti certi; qualcuno pensa che possa derivare dal malcontento degli abitanti della zona per la costruzione del Naviglio Brenta e altri che lo fanno risalire all'espressione "mal contenuta" riferito alle acque del Brenta che spesso straripavano.
Tuttavia, come spesso accade, le leggende sono più affascinanti e interessanti della realtà; ecco dunque che anche per questo luogo, vi sia un mito triste, che racconta origini diverse da quelle citate qui sopra.
Nel 1555 Nicolò Foscari sposò la nobildonna Elisabetta Dolfin, già vedova di un Pisani, ma ben presto la ragazza divenne famosa, in tutta Venezia, per i suoi comportamenti licenziosi e per la sua presunta infedeltà. Il marito, disturbato da queste voci, decise di esiliare Elisabetta nella villa palladiana, nonostante questa continuasse a proclamarsi innocente, dove trascorse il resto dei suoi giorni, triste e appunto "malcontenta". 
Dopo la sua morte, si dice che il suo fantasma girovaghi per la villa e soprattutto per il giardino. Le varie testimonianze lo descrivono come uno spettro di una donna bellissima, pallida e dai capelli rossi, con un lungo abito nero. Talvolta l'apparizione ha un aspetto etereo e appena percettibile, altre invece sembra essere quasi una persona reale.
Che ne dite? Chi viene a verificare se questo fantasma esiste davvero?





LE STREGHE DEL BUS DE LA LUM

Il bus de la lum, ovvero il buco della luce, è nient'altro che una voragine naturale, situato in un bosco nelle vicinanze di Belluno. Gli abitanti della zona e in particolari quelli del Pian del Cansiglio, lo hanno sempre temuto, pensando fosse un ritrovo di streghe, chiamate Arduane. La tradizione vuole che avessero un aspetto orribile con chiodi arrugginiti al posto dei capelli e la bocca piena di zanne affilate.
Si racconta che le Arduane uscissero dal loro covo per raccogliere provviste o per lavare i panni nel Lago di Santa Croce e che rapissero i bambini che incontravano nel loro per percorso per portarli nel Buco della luce e cibarsene. Altre voci raccontano che i pastori locali vedessero una strana luce provenire dal profondo dell'antro e pensando fosse il fuoco acceso delle streghe, cercavano di starne ben lontani. 
Pare che le fiammelle che si vedevano uscire dalla voragine, fossero in realtà i gas che bruciavano degli animali in decomposizione che venivano qui gettati. 
Il fatto che il luogo avesse un passato macabro (durante la seconda guerra mondiale è stato usato anche come foiba) e fosse oggetto di molte leggende ha fatto si che molti pensassero che fosse l'accesso  alle profondità più oscure della terra da dove emergevano le creature più orribili. Insomma un bel luogo dove festeggiare Halloween.





LA VALLE DEI SETTE MORTI

Molti anni fa, a largo dell'isola di Pellestrina, a Venezia, sette pescatori stavano tirando le reti in barca. Il peso delle reti fece loro pensare di essere statti fortunati e di aver fatto una grossa pescata e per questo erano molto felici. Ben presto però la loro allegria si trasformò in terrore, quando si accorsero che impigliato tra le maglie delle reti c'era il cadavere gonfio e sfigurato di un morto annegato.
Riuscirono però a farsi coraggio e issare il corpo sul ponte della barca giusto in tempo prima che scoppiasse una terribile tempesta. A gran fatica i sette marinai riuscirono a raggiungere riva dove, in preda alla fame e al freddo, scorsero nel canneto un cason di valle. Qui vi abitava il giovane Zaneto, orfano e abbandonato anche dai suoi padroni, che da molto tempo viveva da solo.
Quando il ragazzo vide arrivare i sette uomini fu ben felice di corrervi incontro e di accoglierli in casa sua, ma questi lo ignorano e si impadronirono del casone, accendendo un bel fuoco per asciugare i loro vestiti e poi prepararono un grande paiolo per una gustosa polenta. 
Il povero Zaneto, intimorito da tutto ciò si ritirò in un angolo, sperando di poter assaggiare almeno un po' della buona polenta. Tuttavia quando si avvicinò per reclamarne un pezzo, venne malamente respinto e, per prenderlo in giro, gli dissero che se voleva guadagnarsi la sua porzione sarebbe dovuto andare al peschereccio a svegliare il loro compagno profondamente addormentato e portarlo in casa.
Naturalmente quando Zaneto tentò di svegliare il gelido corpo sul ponte non ricevette risposta, così ritornò tristemente sui suoi passi per comunicare ai marinai quanto accaduto. 
Non ancora soddisfatti, i sette irriconoscenti, lo rimandarono alla barca per tentare nuovamente di svegliare il loro amico. Preso dallo sconforto, Zaneto pregò il morto di svegliarsi e infine questi tornò in vita davvero e consolò il povero ragazzo.
Tornato allegramente a casa, il giovane trovò i pescatori che ancora ridevano e si prendevano gioco di lui, ma quando videro apparire il morto che ora camminava sulle sue gambe riconobbero in lui San Teodoro che puntò il suo dito accusatore su di loro, elencando a ognuno i suoi peccati. Terrorizzati da quella visione i sette disgraziati morirono di paura, puniti per la loro mancanza di compassione.





IL FANTASMA DEL VIOLINISTA DELLA CHIESA DI SANTA CATERINA

Giusppe Tartini, dopo vario girovagare per l'Europa, si trasferì in maniera pressoché definitiva a Padova dove insegnò violino a moltissimi studenti tra cui una giovane e bella ragazza di nome Elisabetta di cui si innamorò. I due decisero di sposarsi in gran segreto facendo imbestialire i genitori di lei e l'allora vescovo di Padova. La scappatella fu però presto perdonata e Tartini divenne primo violino presso la cappella musicale della Basilica del Santo. I due amanti morirono a distanza di un anno l'uno dall'altra, ma si narra che le loro spoglie sparirono dalla tomba posta presso la chiesa di Santa Caterina
Si racconta che molti abitanti della zona abbiano visto una figura femminile danzare di notte sulle note di una musica sconosciuta, mentre qualcun altro sostiene di aver visto il fantasma di un uomo intento a suonare appassionatamente il violino.
Beh, anche questa non è male come leggenda per l'autore del celebre "Trillo del diavolo", no?





AZZURRINA

Il fantasma di Azzurrina è probabilmente uno dei più celebri spettri italiani e la sua vicenda è legata in maniera indissolubile al castello di Montebello nei pressi di Rimini.
La leggenda della piccola Azzurrina è vecchia di almeno cinque secoli, ma non vi sono molti testi e i pochi che sono stati trovati derivano da un'ancora più antica tradizione orale.
Pare che il vero nome della bambina fosse Guendalina Malatesta, vissuta nel dodicesimo secolo, era la figlia di un feudatario del luogo, tal Ugolinuccio di Montebello.
La fanciulla era dotata di grande bellezza ed era amata da tutti, ma era nata albina e ciò all'epoca era una vera e propria sventura poiché si pensava che le persone affette da albinismo praticassero la magia nera, venivano dunque tacciati di stregoneria o addirittura che fossero figli del diavolo.
Per sfuggire a tale iattura e ad un destino crudele, la madre di Azzurrina le tingeva i capelli con pigmenti naturali che tuttavia avevano il solo risultato di conferire ai capelli della bambina una tinta azzurrognola. Ciò, oltre al fatto che avesse degli splendi occhi celesti, fece si che la piccola fu soprannominata Azzurrina.
La leggenda vuole che la bambina visse sempre tra le mura del castello, sempre sorvegliata da due guardie scelte appositamente dal padre. Il 21 giugno 1375, durante il solstizio d'estate, mentre Azzurrina giocava da sola tra lue mura del maniero, scoppiò un violento temporale. La palla con la quale Guendalina stava giocando, le sfuggì di mano e rotolò fino in fondo alla ghiacciaia, nei sotterranei dell'edificio. La piccola corse a recuperarla, ma pochi istanti dopo si udì uno spaventoso urlo. Le guardie si precipitarono a vedere cosa fosse accaduto, ma della bambina e della sua palla non vi era traccia. Le ricerche durarono a lungo, ma non fu mai trovato nemmeno il corpo,
La vicenda che ogni cinque anni, cioè l'età che aveva Azzurrina quando scomparve, nel giorno del solstizio d'estate, sia possibile sentire la sua voce all'interno del castello. A testimonianza di ciò ci sarebbero delle registrazioni effettuate da esperti e appassionati del paranormale, in cui si sentono abbastanza chiaramente i rumori di un temporale e di una voce di una piccola bambina che piange chiamando la mamma.




LA STREGA DI CONA

A pochi chilometri da Ferrara, in località Cona, sorge Villa Magnoni, una villa abbandonata già da molti anni e al cui interno si dica abitasse una strega.
Durante gli anni ottanta del secolo scorso, un gruppo di ragazzi, non sapendo come passare la serata, decise di intrufolarsi in quella dimora, forse con un po' troppa presunzione.
Una volta entrati, gli intrusi udirono il pianto di un bambino, cosa impossibile dato che la villa era disabitata già da diverso tempo; giunti in giardino i ragazzi alzarono lo sguardo e videro, ad una finestra, il viso di una donna anziana che sembrò maledirli cacciandoli di lì.
Il gruppo tornò di corsa all'auto e ripartì di tutta fretta, ma dopo pochi chilometri la macchina uscì di strada. Tre ragazzi morirono sul colpo, il quarto non è mai stato trovato.
Le indagini della polizia portarono a far sigillare la casa e a murarne ogni accesso. 
Sono ancora molti i curiosi che si spingono ad esplorare ciò che rimane della villa, ma non si è ancora giunti ad una verità su quei misteriosi fatti e forse mai ci si arriverà.





IL VAMPIRO DI MAROZZO

Una strana storia è quella che riguarda il borgo di Marozzo, piccola località situata tra Codigoro e Lagosanto. Si narra che la nobildonna friulana Lucilla Adani fece costruire, nel 1890, la villa che porta il suo nome e vi si trasferì poco dopo, assumendo gente locale come domestici, ma già dopo qualche settimana il personale cominciò ad andarsene poiché, secondo loro, nella magione accadevano strane cose. Non ci volle molto perché prendesse piede l'ipotesi che la donna praticasse la magia nera,
A fomentare quelle voci contribuì la moria di svariati animali da cortile, molti dei quali trovati  impiccati, divorati da un morbo sconosciuto o completamente dissanguati.
Sebbene inizialmente la causa di queste strane morti sia stata attribuita ad una volpe affetta da rabbia, quando anche gli essere umani cominciarono a sparire o morire in modo trucolento, gli abitanti del posto riversarono la loro rabbia e paura su Lucilla Adani, A questo punto i racconti si fanno vani e confusi e non si sa bene che fine abbia fatto la nobildonna, se sia stata semplicemente fatta allontanare dal paese o se sia stata giustiziata in qualche modo dalla gente esasperata.
Dopo la sua sparizione, c'era ancora chi diceva di averla vista levitare a due metri da terra nei pressi della villa che è stata poi chiusa e cinta col filo spinato. Eppure c'è chi ancora assicura di trovare, intorno alla casa, animali dissanguati.




Spero che questo piccolo excursus vi sia piaciuto e se siete interessati a conoscere altre storie misteriose chiedete e compatibilmente con i miei impegni, vedrò di trovare e riportarvi altre leggende popolari,
Nel frattempo, per festeggiare per bene Halloween passate a trovare gli altri amici che hanno partecipato a questa iniziativa seguendo i link qui di seguito;