giovedì 20 luglio 2017

Visita all'inferno


Ripropongo un vecchio racconto, ancora un po' ingenuo in alcuni passaggi, soprattutto per il finale frettoloso, ma tutto sommato ne sono abbastanza soddisfatto...e prima di ricevere critiche ingiuriose, si ho avuto ispirazioni dylandoghiane...



Fausto Bonavita era stato mandato al diavolo diverse volte, ma non aveva mai pensato che un giorno ci sarebbe potuto finire realmente.
Tutto ebbe inizio quando Lubrano Saverio, un importante cliente della Hoffman Travel, la ditta per la quale lavorava Fausto, morì d’infarto durante una partita di squash. Qualche giorno dopo, una delle segretarie si accorse che mancava una firma su uno dei documenti che avrebbero permesso all’azienda di incassare svariati milioni di euro.
Fatto sta che la firma mancante fosse proprio quella del signor Lubrano, e poiché era lui che seguiva questo cliente, Fausto fu accusato della grave perdita.
“…o mi porta quella firma o si può considerare licenziato” tuonò il direttore
“Ma è impossibile, il signor Lubrano è morto…”
“Sono affari suoi e le va bene che non posso chiederle i danni per inefficienza”
Fausto uscì dall’ufficio con il morale sotto i tacchi senza mai staccare gli occhi dalla punta delle sue scarpe, eppure sentiva lo sguardo dei colleghi pesare su di lui.
Rimase due giorni a letto non sapendo come risolvere il suo problema; poi preso dalla disperazione decise che sarebbe andato nell’aldilà per far firmare il documento al suo cliente. Si recò da un celebre chiromante che scoprì che Lubrano Saverio era finito all’inferno, e grazie all’aiuto di un buon diavolo ottenne un lasciapassare per una giornata.
Il giorno seguente scese di buon’ora fino alle sponde dello Stige e si meravigliò di trovarlo ricco di pesci di ogni sorta. Un’enorme fuoribordo era ormeggiato lungo la riva destra del fiume e sul ponte di comando un uomo vestito di tutto punto sorseggiava pacificamente un whisky on the rocks. Quando lo vide arrivare, l’uomo saltò giù dall’imbarcazione e porgendogli la mano lo salutò calorosamente:
“Il signor Bonavita suppongo”
“Si, sono io…” balbettò Fausto
“Piacere, Caronte” ribadì il diavolo “Potrebbe per cortesia mostrarmi il lasciapassare, sa com’è, non si è mai troppo sicuri nella vita”
Sempre più confuso Faustò tirò fuori il documento dal portafoglio e lo porse a Caronte.
“Bene, possiamo andare” disse questi salendo a bordo.
Durante la navigazione Fausto notò che lungo le sponde dello Stige la vegetazione cresceva rigogliosa e che centinaia di animali vagavano in piena libertà.
“Non è poi così brutto come lo si dipinge, vero?” gli chiese Caronte che aveva notato la sua perplessità. Lui scosse la stessa e continuò a guardarsi attorno; in lontananza si vedeva sorgere una città e, almeno da quella distanza, non sembrava molto diversa da quelle che lui conosceva.
Poco dopo attraccarono al molo, dove ad attendere Fausto c’era un giovane alto coi capelli ben pettinati, seduto all’interno di una fiammante Lamborghini Diablo.
“Questo è Belfagor, sarà lui ad accompagnarti ora” disse Caronte indicando il collega “Ora io devo andare, ho appuntamento con un certo Dante” strinse energicamente la mano al mortale e ripartì sul suo fuoribordo.
Fausto salì sulla lussuosa auto sportiva da dove Belfagor lo stava osservando impaziente; non aveva ancora chiuso del tutto la portiera, che il diavolo partì a razzo inchiodandolo allo schienale.
Anche ora Fausto continuò a guardarsi attorno: strade, palazzi, negozi, bar, centri commerciali brulicanti di persone, tutto sembrava come se fosse ancora nel mondo dei vivi.
“Credevo fosse diverso” disse rivoltò alla sua guida
“Cosa…?”
“L’inferno, dico, credevo fosse diverso”
Belfagor esplose in una fragorosa risata: “Scommetto che credevi di trovare un luogo arido e deserto con lingue di fuoco che escono da baratri o profondi crepacci in cui i dannati vengono infilzati coi forconi da esseri dalle sembianze caprine…”
“Si, qualcosa di simile” ammise Fausto
“No, quella è roba antica, andava bene nel medioevo, ora ci siamo modernizzati pure noi. Anche questo che vedi, non è il nostro vero aspetto, ma in un periodo in cui ciò che conta sono la superficialità e l’apparenza, abbiamo deciso di adattarci ai tempi, inoltre se ci avessi visto nella nostra vera forma saresti sicuramente impazzito.”
“Ma le punizioni…?” chiese curioso l’uomo
“Oh, quelle sono rimaste, ma come tutto il resto ha subito qualche cambiamento, diciamo che ora sono più personalizzate”
L’auto accostò lungo il marciapiede:
“Vieni ti mostro qualcosa prima di proseguire” lo invitò il diavolo “Lo vedi quello?” chiese indicando un barbone.
Fausto annuì.
“Ebbene quella persona in vita ha sottratto denaro dall’azienda in cui era direttore e ha accusato del furto alcuni impiegati che sono stati licenziati, così mentre lui si arricchiva sempre di più, molta povera gente è finita sul lastrico. Ora qui continuerà a patire la fame per l’eternità subendo umiliazioni di ogni genere.”
I due entrarono poi in quello che sembrava un ufficio statale, dove un uomo stava correndo tutto trafelato da uno sportello ad un altro.
“E lui?” chiese Fausto
“Lui è stato un assenteista cronico, ora è costretto a girare di ufficio in ufficio inutilmente, senza venire a capo del suo problema.”
Usciti dall’edificio si diressero verso il parco; lì Belfagor gli mostrò un uomo in ginocchio accanto ad una fontanella. “Quest’uomo amava molto bere, e spesso si metteva al volante completamente ubriaco, l’ultima volta gli è stata fatale. Nell’incidente che lo ha portato qui, ha ucciso un’intera famiglia. Ora dovrà soffrire la sete in eterno e appena si avvicina a qualsiasi cosa possa dargli sollievo, questa si asciuga del tutto, fosse anche soltanto una fontanella di acqua”
Il cammino lì portò poi sino ad una lussuosissima villa.
“Qui c’è la persona che cerchi” disse Belfagor “Lui è uno dei peggiori. Quand’era in vita era un pedofilo e ora viene ripagato con la stessa moneta: i diavoli più lussuriosi dell’inferno lo usano per i loro piaceri più libidinosi”
Fausto si sentì improvvisamente nauseato; vedere tutti quegli uomini che da vivi erano stati la feccia dell’umanità lo disgustava, e anche se sapeva che ora stavano soffrendo, la cosa non lo consolava affatto. Tirò fuori il documento che avrebbe dovuto far firmare al signor Lubrano e lo strappò, poi rivolgendosi a Belfagor gli disse:
“Ora vorrei tornare a casa.”

Il diavolo gli sorrise e assieme si avviarono verso i cancelli infernali. 

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