David ha dodici anni e passa le lunghe giornate estive assieme ai suoi amici, o in riva al fiume. Un giorno incontra Meg, una bella ragazza di sedici anni, che assieme alla sorella si è trasferita a casa dei suoi vicini. Le due ragazzine hanno perso i genitori in un incidente stradale e sono state affidate alle cure di Ruth Chandler, loro lontana parente e madre dei migliori amici di David. Ben presto però, la donna rivelerà tutto il suo sadismo, nei confronti delle due sorelle, prima sottoponendole ad umiliazioni e qualche percossa, per poi farle sprofondare in un inferno fatto di torture e violenze fisiche e psicologiche, a cui parteciperanno anche i giovani figli della donna, nonché alcuni altri ragazzini del vicinato. David diviene così testimone muto di quei terribili segreti, a metà tormentato dai sensi di colpaverso Meg, ma bloccato dal timore reverenziale per Ruth.Tratto dal romanzo di Jack Ketchum, che a sua volta si basa su avvenimenti realmente accaduti, il film è uno spaccato atroce di quell’America chiusa e rurale, di cui ogni tanto sentiamo parlare per sanguinosi fatti di cronaca. “La ragazza della porta accanto”, che a differenza del romanzo non ha ancora trovato una distribuzione italiana, è un horror “vero” perché i mostri di cui parla sono reali; non ci sono vampiri o zombies, ma esseri umani sadici e puramente cattivi. E sebbene la violenza vera e propria, non venga mai mostrata direttamente, ma per lo più suggerita, nemmeno film come “Saw” o “Hostel”, che facevano del voyerismo la propria carta forte, riuscivano a essere altrettanto duri e crudeli. Forse perché, seppure manovrati dalla mefistofelica Ruth, a perpetrare la maggior parte delle violenze sono dei ragazzi o ragazzini, da cui non ci si aspetta tanta crudeltà. Il film parte un po’ lento, ma quando ingrana diventa una macchina devastante, che colpisce con forza e non può lasciare indifferenti. Alcune sequenze ineffetti, sono veramente impressionanti, pur non arrivando a mostrare nulla direttamente, e probabilmente non sono adatte a cuori deboli. Credo che il regista volesse sottolineare l’ambiguità degli stati d’animo dei protagonisti, facendo si che anche lo spettatore si senta spiazzato e confuso inquanto, una cosa è ciò che è giusto fare, un’altra e quello che la paura ti concede di fare, e direi che è perfettamente riuscito nel suo intento, perché il film è assolutamente coinvolgente. Seppure con qualche ingenuità, Wilson dimostra grandi doti, muovendosi bene conla macchina da presa, soffermandosi spesso su dettagli, che però danno una visione d’insieme ancora più realistica. Come già detto, il fatto di tenere la violenza vera, nascosta allo spettatore, ma solo suggerita è un valore aggiunto, poiché non c’è mezzo forte quanto l’immaginazione, dunque è come se si stesse assistendo direttamente alle torture che la protagonista subisce. Molto bravi gli attori, in particolare Daniel Manche (David) e Blythe Auffarth (Meg) che riescono a rendere evidente il tormento che i due ragazzini vivono, con l’animo in conflitto con se stesso, combattuti tra ciò che è giusto fare e ciò che in realtà possono fare. Un film, che gli amanti del genere, non potranno non apprezzare, ma che sconsiglio a chi è troppo sensibile.
martedì 28 luglio 2015
La ragazza della porta accanto (2007)
"Io avevo tanti sogni...ora non ne ho più"
David ha dodici anni e passa le lunghe giornate estive assieme ai suoi amici, o in riva al fiume. Un giorno incontra Meg, una bella ragazza di sedici anni, che assieme alla sorella si è trasferita a casa dei suoi vicini. Le due ragazzine hanno perso i genitori in un incidente stradale e sono state affidate alle cure di Ruth Chandler, loro lontana parente e madre dei migliori amici di David. Ben presto però, la donna rivelerà tutto il suo sadismo, nei confronti delle due sorelle, prima sottoponendole ad umiliazioni e qualche percossa, per poi farle sprofondare in un inferno fatto di torture e violenze fisiche e psicologiche, a cui parteciperanno anche i giovani figli della donna, nonché alcuni altri ragazzini del vicinato. David diviene così testimone muto di quei terribili segreti, a metà tormentato dai sensi di colpaverso Meg, ma bloccato dal timore reverenziale per Ruth.Tratto dal romanzo di Jack Ketchum, che a sua volta si basa su avvenimenti realmente accaduti, il film è uno spaccato atroce di quell’America chiusa e rurale, di cui ogni tanto sentiamo parlare per sanguinosi fatti di cronaca. “La ragazza della porta accanto”, che a differenza del romanzo non ha ancora trovato una distribuzione italiana, è un horror “vero” perché i mostri di cui parla sono reali; non ci sono vampiri o zombies, ma esseri umani sadici e puramente cattivi. E sebbene la violenza vera e propria, non venga mai mostrata direttamente, ma per lo più suggerita, nemmeno film come “Saw” o “Hostel”, che facevano del voyerismo la propria carta forte, riuscivano a essere altrettanto duri e crudeli. Forse perché, seppure manovrati dalla mefistofelica Ruth, a perpetrare la maggior parte delle violenze sono dei ragazzi o ragazzini, da cui non ci si aspetta tanta crudeltà. Il film parte un po’ lento, ma quando ingrana diventa una macchina devastante, che colpisce con forza e non può lasciare indifferenti. Alcune sequenze ineffetti, sono veramente impressionanti, pur non arrivando a mostrare nulla direttamente, e probabilmente non sono adatte a cuori deboli. Credo che il regista volesse sottolineare l’ambiguità degli stati d’animo dei protagonisti, facendo si che anche lo spettatore si senta spiazzato e confuso inquanto, una cosa è ciò che è giusto fare, un’altra e quello che la paura ti concede di fare, e direi che è perfettamente riuscito nel suo intento, perché il film è assolutamente coinvolgente. Seppure con qualche ingenuità, Wilson dimostra grandi doti, muovendosi bene conla macchina da presa, soffermandosi spesso su dettagli, che però danno una visione d’insieme ancora più realistica. Come già detto, il fatto di tenere la violenza vera, nascosta allo spettatore, ma solo suggerita è un valore aggiunto, poiché non c’è mezzo forte quanto l’immaginazione, dunque è come se si stesse assistendo direttamente alle torture che la protagonista subisce. Molto bravi gli attori, in particolare Daniel Manche (David) e Blythe Auffarth (Meg) che riescono a rendere evidente il tormento che i due ragazzini vivono, con l’animo in conflitto con se stesso, combattuti tra ciò che è giusto fare e ciò che in realtà possono fare. Un film, che gli amanti del genere, non potranno non apprezzare, ma che sconsiglio a chi è troppo sensibile.
David ha dodici anni e passa le lunghe giornate estive assieme ai suoi amici, o in riva al fiume. Un giorno incontra Meg, una bella ragazza di sedici anni, che assieme alla sorella si è trasferita a casa dei suoi vicini. Le due ragazzine hanno perso i genitori in un incidente stradale e sono state affidate alle cure di Ruth Chandler, loro lontana parente e madre dei migliori amici di David. Ben presto però, la donna rivelerà tutto il suo sadismo, nei confronti delle due sorelle, prima sottoponendole ad umiliazioni e qualche percossa, per poi farle sprofondare in un inferno fatto di torture e violenze fisiche e psicologiche, a cui parteciperanno anche i giovani figli della donna, nonché alcuni altri ragazzini del vicinato. David diviene così testimone muto di quei terribili segreti, a metà tormentato dai sensi di colpaverso Meg, ma bloccato dal timore reverenziale per Ruth.Tratto dal romanzo di Jack Ketchum, che a sua volta si basa su avvenimenti realmente accaduti, il film è uno spaccato atroce di quell’America chiusa e rurale, di cui ogni tanto sentiamo parlare per sanguinosi fatti di cronaca. “La ragazza della porta accanto”, che a differenza del romanzo non ha ancora trovato una distribuzione italiana, è un horror “vero” perché i mostri di cui parla sono reali; non ci sono vampiri o zombies, ma esseri umani sadici e puramente cattivi. E sebbene la violenza vera e propria, non venga mai mostrata direttamente, ma per lo più suggerita, nemmeno film come “Saw” o “Hostel”, che facevano del voyerismo la propria carta forte, riuscivano a essere altrettanto duri e crudeli. Forse perché, seppure manovrati dalla mefistofelica Ruth, a perpetrare la maggior parte delle violenze sono dei ragazzi o ragazzini, da cui non ci si aspetta tanta crudeltà. Il film parte un po’ lento, ma quando ingrana diventa una macchina devastante, che colpisce con forza e non può lasciare indifferenti. Alcune sequenze ineffetti, sono veramente impressionanti, pur non arrivando a mostrare nulla direttamente, e probabilmente non sono adatte a cuori deboli. Credo che il regista volesse sottolineare l’ambiguità degli stati d’animo dei protagonisti, facendo si che anche lo spettatore si senta spiazzato e confuso inquanto, una cosa è ciò che è giusto fare, un’altra e quello che la paura ti concede di fare, e direi che è perfettamente riuscito nel suo intento, perché il film è assolutamente coinvolgente. Seppure con qualche ingenuità, Wilson dimostra grandi doti, muovendosi bene conla macchina da presa, soffermandosi spesso su dettagli, che però danno una visione d’insieme ancora più realistica. Come già detto, il fatto di tenere la violenza vera, nascosta allo spettatore, ma solo suggerita è un valore aggiunto, poiché non c’è mezzo forte quanto l’immaginazione, dunque è come se si stesse assistendo direttamente alle torture che la protagonista subisce. Molto bravi gli attori, in particolare Daniel Manche (David) e Blythe Auffarth (Meg) che riescono a rendere evidente il tormento che i due ragazzini vivono, con l’animo in conflitto con se stesso, combattuti tra ciò che è giusto fare e ciò che in realtà possono fare. Un film, che gli amanti del genere, non potranno non apprezzare, ma che sconsiglio a chi è troppo sensibile.
Etichette:
Adolescenza,
Bambini,
Cinema,
Crudeltà,
Jack Ketchum,
Romanzo,
Storia vera,
Violenza
mercoledì 1 luglio 2015
Dieci buoni motivi per essere misantropi
Anche senza scomodare motivi gravi quali guerre, violenza e politica, ogni giorno i motivi per scegliere di essere misantropi sono centinaia, qui ne ho raccolti una decina che riguardano il mio punto di vista:
- Trovarmi incastrato tra le possibilità e i mezzi dell'azienda e le richieste giuste, ma a volte incompatibili dei clienti.
- Gli operatori telefonici, che ti disturbano a qualsiasi ora del giorno e soprattutto quando stai riposando dopo una difficile giornata lavorativa
- I clienti che non sanno aspettare il loro turno, che vengono ad assillarmi che non le loro richieste mentre sono occupato con altre persone o al telefono
- Quelli che per strada se la prendono comoda, non perché vogliono rispettare i limiti (ma vale anche per i pedoni che attraversano), o non conoscono la zona, ma perché loro, non hanno fretta
- Gli insegnanti che accompagnano gli studenti in gita scolastica e poi vanno a letto a mezzanotte, lasciando i giovani a disturbare e far danni, se tutto va bene, o a farsi del male, nei casi peggiori (senza considerare quelli che si ubriacano e fanno casino con i ragazzi)
- I ciclisti che evitano in tutti i modi la pista ciclabile, anche se questa è solo dalla parte opposta di una piccola strada e non di una superstrada. E magari sono genitori con bimbi sul sellino
- I clienti che credono che l'hotel deve girare attorno a loro e gli altri clienti devono stare alle loro pretese, solo perché hanno pagato e allora devono avere (esser serviti per primi, silenzio perfetto alle 21.30, cena anche a mezzanotte...)
- Gli habitué che, in quanto tali, credono di aver diritto a trattamenti di favore. Spesso anche quelli più tranquilli riescono a spingersi troppo oltre.
- Quei commercianti che quando vai a servirti da loro sembra che siano loro fa farti un favore...Non pretendo il tappeto rosso, ma un attimo di cortesia professionale si...
- I fruitori occasionali di cinema, quelli che in sala parlano, ridono sguaiatamente, o usano il cellulare come se niente fosse
Il Misantropo (1568) - Pieter Bruegel il vecchio |
Etichette:
Ciclisti,
Cinema,
Dieci Cose,
Gente,
Ironia,
Lavoro,
Maleducazione,
Misantropia
Iscriviti a:
Post (Atom)