Ripropongo un vecchio racconto, ancora un po' ingenuo in alcuni passaggi, soprattutto per il finale frettoloso, ma tutto sommato ne sono abbastanza soddisfatto...e prima di ricevere critiche ingiuriose, si ho avuto ispirazioni dylandoghiane...
Fausto
Bonavita era stato mandato al diavolo diverse volte, ma non aveva mai pensato
che un giorno ci sarebbe potuto finire realmente.
Tutto
ebbe inizio quando Lubrano Saverio, un importante cliente della Hoffman Travel,
la ditta per la quale lavorava Fausto, morì d’infarto durante una partita di
squash. Qualche giorno dopo, una delle segretarie si accorse che mancava una
firma su uno dei documenti che avrebbero permesso all’azienda di incassare
svariati milioni di euro.
Fatto
sta che la firma mancante fosse proprio quella del signor Lubrano, e poiché era
lui che seguiva questo cliente, Fausto fu accusato della grave perdita.
“…o mi
porta quella firma o si può considerare licenziato” tuonò il direttore
“Ma è
impossibile, il signor Lubrano è morto…”
“Sono
affari suoi e le va bene che non posso chiederle i danni per inefficienza”
Fausto
uscì dall’ufficio con il morale sotto i tacchi senza mai staccare gli occhi
dalla punta delle sue scarpe, eppure sentiva lo sguardo dei colleghi pesare su di
lui.
Rimase
due giorni a letto non sapendo come risolvere il suo problema; poi preso dalla
disperazione decise che sarebbe andato nell’aldilà per far firmare il documento
al suo cliente. Si recò da un celebre chiromante che scoprì che Lubrano Saverio
era finito all’inferno, e grazie all’aiuto di un buon diavolo ottenne un
lasciapassare per una giornata.
Il
giorno seguente scese di buon’ora fino alle sponde dello Stige e si meravigliò
di trovarlo ricco di pesci di ogni sorta. Un’enorme fuoribordo era ormeggiato
lungo la riva destra del fiume e sul ponte di comando un uomo vestito di tutto
punto sorseggiava pacificamente un whisky on the rocks. Quando lo vide
arrivare, l’uomo saltò giù dall’imbarcazione e porgendogli la mano lo salutò
calorosamente:
“Il
signor Bonavita suppongo”
“Si,
sono io…” balbettò Fausto
“Piacere,
Caronte” ribadì il diavolo “Potrebbe per cortesia mostrarmi il lasciapassare,
sa com’è, non si è mai troppo sicuri nella vita”
Sempre
più confuso Faustò tirò fuori il documento dal portafoglio e lo porse a
Caronte.
“Bene,
possiamo andare” disse questi salendo a bordo.
Durante
la navigazione Fausto notò che lungo le sponde dello Stige la vegetazione
cresceva rigogliosa e che centinaia di animali vagavano in piena libertà.
“Non è
poi così brutto come lo si dipinge, vero?” gli chiese Caronte che aveva notato
la sua perplessità. Lui scosse la stessa e continuò a guardarsi attorno; in
lontananza si vedeva sorgere una città e, almeno da quella distanza, non
sembrava molto diversa da quelle che lui conosceva.
Poco
dopo attraccarono al molo, dove ad attendere Fausto c’era un giovane alto coi
capelli ben pettinati, seduto all’interno di una fiammante Lamborghini Diablo.
“Questo
è Belfagor, sarà lui ad accompagnarti ora” disse Caronte indicando il collega “Ora
io devo andare, ho appuntamento con un certo Dante” strinse energicamente la
mano al mortale e ripartì sul suo fuoribordo.
Fausto
salì sulla lussuosa auto sportiva da dove Belfagor lo stava osservando
impaziente; non aveva ancora chiuso del tutto la portiera, che il diavolo partì
a razzo inchiodandolo allo schienale.
Anche
ora Fausto continuò a guardarsi attorno: strade, palazzi, negozi, bar, centri
commerciali brulicanti di persone, tutto sembrava come se fosse ancora nel
mondo dei vivi.
“Credevo
fosse diverso” disse rivoltò alla sua guida
“Cosa…?”
“L’inferno,
dico, credevo fosse diverso”
Belfagor
esplose in una fragorosa risata: “Scommetto che credevi di trovare un luogo
arido e deserto con lingue di fuoco che escono da baratri o profondi crepacci
in cui i dannati vengono infilzati coi forconi da esseri dalle sembianze
caprine…”
“Si,
qualcosa di simile” ammise Fausto
“No,
quella è roba antica, andava bene nel medioevo, ora ci siamo modernizzati pure
noi. Anche questo che vedi, non è il nostro vero aspetto, ma in un periodo in
cui ciò che conta sono la superficialità e l’apparenza, abbiamo deciso di
adattarci ai tempi, inoltre se ci avessi visto nella nostra vera forma saresti
sicuramente impazzito.”
“Ma le
punizioni…?” chiese curioso l’uomo
“Oh,
quelle sono rimaste, ma come tutto il resto ha subito qualche cambiamento,
diciamo che ora sono più personalizzate”
L’auto
accostò lungo il marciapiede:
“Vieni
ti mostro qualcosa prima di proseguire” lo invitò il diavolo “Lo vedi quello?”
chiese indicando un barbone.
Fausto
annuì.
“Ebbene
quella persona in vita ha sottratto denaro dall’azienda in cui era direttore e
ha accusato del furto alcuni impiegati che sono stati licenziati, così mentre
lui si arricchiva sempre di più, molta povera gente è finita sul lastrico. Ora
qui continuerà a patire la fame per l’eternità subendo umiliazioni di ogni
genere.”
I due
entrarono poi in quello che sembrava un ufficio statale, dove un uomo stava
correndo tutto trafelato da uno sportello ad un altro.
“E
lui?” chiese Fausto
“Lui è
stato un assenteista cronico, ora è costretto a girare di ufficio in ufficio
inutilmente, senza venire a capo del suo problema.”
Usciti
dall’edificio si diressero verso il parco; lì Belfagor gli mostrò un uomo in
ginocchio accanto ad una fontanella. “Quest’uomo amava molto bere, e spesso si
metteva al volante completamente ubriaco, l’ultima volta gli è stata fatale.
Nell’incidente che lo ha portato qui, ha ucciso un’intera famiglia. Ora dovrà
soffrire la sete in eterno e appena si avvicina a qualsiasi cosa possa dargli
sollievo, questa si asciuga del tutto, fosse anche soltanto una fontanella di
acqua”
Il
cammino lì portò poi sino ad una lussuosissima villa.
“Qui
c’è la persona che cerchi” disse Belfagor “Lui è uno dei peggiori. Quand’era in
vita era un pedofilo e ora viene ripagato con la stessa moneta: i diavoli più
lussuriosi dell’inferno lo usano per i loro piaceri più libidinosi”
Fausto
si sentì improvvisamente nauseato; vedere tutti quegli uomini che da vivi erano
stati la feccia dell’umanità lo disgustava, e anche se sapeva che ora stavano
soffrendo, la cosa non lo consolava affatto. Tirò fuori il documento che
avrebbe dovuto far firmare al signor Lubrano e lo strappò, poi rivolgendosi a
Belfagor gli disse:
“Ora
vorrei tornare a casa.”
Il
diavolo gli sorrise e assieme si avviarono verso i cancelli infernali.