giovedì 28 settembre 2017

Very Pop Blog - I miei anni '90 - Storia di un adolescente confuso



Dopo il tag-post di successo sui mitici anni 80, continuo l'iniziativa di MikiMoz e proseguo, questa volta con la decade successiva, quella degli strani e per me, confusi anni 90, in cui però ho maturato molte delle mie attuali passioni.
Prima però, come sempre, rivediamo le regole:


  1. Elencare tutto ciò che per noi sono stati gli anni '90, in base ai vari macro-argomenti forniti (nota: parlare del vissuto dell'epoca, non di ciò che il decennio rappresenta per noi oggi! Chi non era ancora nato può parlare invece per esperienze indirette)
  2. Avvisare Moz dell'eventuale post realizzato, contattandolo in privato o lasciando un commento QUI 
  3. Taggare altri cinque blogger avvisandoli


I MIEI ANNI '90

MUSICA:

Beh in questo periodo nascono praticamente tutte le mie passioni musicali, partendo dai Queen, mio primo grande "amore" musicale (nel 1991 purtroppo moriva Freddie Mercucy), per passare ai Deep Purlpe, Toto, Iron Maiden, Mr. Big ecc...E poi molto cantautorato italiano da De Gregori, PFM, Dalla, Guccini...Tutto questo in parte grazie alla mia curiosità e parte grazie ai miei amici musicisti che mi hanno fatto conoscere gruppi, cantanti e generi musicali di vario genere ed epoca



CINEMA:

Anche in questo caso, ho cominciato a maturare e definire i miei gusti in questo periodo, in più capitava più spesso di andare al cinema con gli amici o da solo, la domenica pomeriggio. Tra i tanti film visti in sala alcuni sono: Jurassic Park, Philadelphia, Forrest Gump, Intervista con il vampiro, Stargate, Seven, Qualcosa è cambiato, Contact, Tre uomini e una gamba, The Truma Show, Eyes Wide Shut, Matrix, America Beauty...



FILM:

Come dicevo qui sopra, negli anni 90 ho definito la mia passione cinefila, per cui cercavo di guardare un po' di tutto, sia per quanto riguarda ciò che passava in tv, sia quando noleggiavo delle VHS, dunque mi è capitato di vedere cose più moderne e cominciare a approfondire la conoscenza del cinema classico: Ricomincio da capo, Mediterraneo, L'ultimo imperatore, Sciuscià, Lo squalo, Il seme della follia...ecc..ecc...ecc...



COMICS:

Soprattutto fumetti della Bonelli, partendo da Dylan Dog, ma anche Magico Vento, Brendon, Napoleone e poi qualche striscia, come Lupo Alberto, Calvin & Hobbes, Mafalda...




GIOCHI:

Ormai ero grandicello, per cui anche le tipologie di giochi erano cambiate rispetto al decennio precedente: ora oltre ai giochi per il pc, c'erano molti giochi di società come Saltinmente, Trivial Pursuit, Tabù, poi qualche avventura come HeroQuest, StarQuest...




VIDEOGAMES:

Molti giochi per pc, altre console non le ho mai avute. Tra i vari giochi: Sensible Soccer, Fifa, Day of the tentacle, Indiana Jones and the fate of Atlantis, The curse of Monkey Island...



TELEVISIONE:

Ancora qualche cartone animato, ma poi molti telefilm da Twin Peaks a X-Files passando per E.R. a quello che è uno dei miei telefilm preferiti di sempre, cioè Quantum Leap - In viaggio nel tempo e poi alcuni programmi come il Festivalbar, Aria Fresca, Urka!...



CIBO:

Ancora tante merendine, qualche volta si variava con l'immancabile Nutella, oppure con lo Spuntì, le patatine Pai o San Carlo, qualche volta i Sofficini, gelati di varie marche e così via...





LIBRI:

Nonostante abbia comunque variato molto (Brizzi, Grisham, Gaardner...), quella decade è stata caratterizzata soprattutto da un nome: Stephen King. Poi naturalmente c'erano i classici consigliati dalla scuola Verga, Svevo, Pirandello...



SHOPPING:

In questo periodo sono arrivati i primi Levi's, qualcosa della Benetton e scarpe della Nike o Adidas, e in quarta superiore ho preso usati dei Rayban ma di solito vestivo poco o raramente di marca



LIFE: 

E' stato un periodo strano, in cui si sono formate e sviluppate molte delle mie passioni, ma emozioni e sentimenti erano in continuo subbuglio. Ero spesso nervoso e irritabile, ma nonostante ciò avevo un bel gruppo di amici Nella prima parte la compagnia era piuttosto numerosa, eravamo anche in trenta persone a muoversi assieme, poi piano piano questa si scompose in diverse compagnie più piccole. Qualche volta ho ceduto alla mia avversione per le discoteche per accompagnare gli amici che invece ne andavano pazzi.
Sempre negli anni 90 sono andato ai miei primi concerti dal vivo
Ero tormentato dal fatto che non riuscivo a trovare una morosa (cosa che ripensandoci ora trovo buffa, in fondo bastava dare tempo al tempo)
Tutto sommato sono stato un bel periodo, mi sono divertito molto, ho conosciuto tanta bella gente e ho studiato poco...(è una delle poche cose che cambierei di quel periodo).

RICORDO DELL'EPOCA:

Una foto, un disegno o un'immagine che vi rimandi a quegli anni
Questa volta ho scelto una foto scattata durante la prima biciclettata sui colli con gli amici...Una fatica enorem, ma che divertimento :)



E ora passo la palla a:

Frammenti e tormenti
Pietro Saba World
Solaris
Emme Bouclès
La Bara Volante

Naturalmente non siete obbligati a partecipare, come siete liberi di farlo anche se non vi ho taggato...Insomma fate un po' voi...







mercoledì 27 settembre 2017

Ruggine (2011)


Film molto ben riuscito, anche se non perfetto. Gaglianone porta sul grande schermo la storia basata sull'omonimo romanzo di Stefano Massaron, e lo fa in maniera delicata, senza giocare la facile, ma infima, carta del voyerismo. 
Molto bello il montaggio, che pur intrecciando continuamente presente e passato dei protagonisti (dando però maggior spazio a quest'ultimo), non si ha la sensazione di veri e propri flashback e flashforward , quanto piuttosto, di un accavallamento di vicende, che contribuisce a mantenere sempre un forte disagio nello spettatore; nel passato per gli orribili fatti in se; nel presente perché vediamo come i protagonisti, ormai adulti, non riescano a liberarsi dei fantasmi del passato. 



Forse, proprio perché ha avuto meno spazio, la parte in cui si vedono i tre protagonisti adulti, è leggermente meno riuscita di quella ambientata nel passato. Tuttavia gli interpreti sono tutti bravissimi, in particolare Valerio Mastrandrea. Particolarmente riuscite sono le sequenze in cui vediamo la vita quotidiana dei ragazzini, a giocare per strade polverose o tra lamiere arrugginite e auto abbandonate. Non tutti i giovani protagonisti, però, riescono a essere credibili e la recitazione risulta scostante, fa eccezione a mio avviso, il piccolo Giuseppe Furlò (Sandro), che è molto espressivo. 



Discontinua mi è parsa anche la recitazione di Filippo Timi; bravissimo in alcune scene, eccessivo in altre. Va comunque detto che il suo era il personaggio più difficile e scomodo, e Filippo riesce a renderlo realmente odioso. Il fatto che il dottor Boldrini, cantasse un pezzo dell'aria "Una furtiva lagrima", immagino sia un richiamo a "M il mostro di Dusseldorf", nel quale il protagonista, interpretato magistralmente da Peter Lorre, fischiava un motivo dalla suite Peer Gynt. Un altro omaggio è quello dello del matto del paese, accusato di essere il colpevole degli orribili omicidi, che appunto si rifà a quello de "Non si sevizia un paperino" di Lucio Fulci. 



Altro personaggio che mi ha creato parecchio fastidio, è stato quello del professore di lettere, che disegna perfettamente la voluta cecità di certe persone, che piuttosto di vedere la realtà che sta attorno a loro, si rifugiano dietro a comportamenti ipocriti. 
Nel complesso il film mi è piaciuto molto, soprattutto perché dall'inizio alla fine ho avvertito una forte senso di disagio, e siccome credo fosse nelle intenzioni del regista, almeno da questo punto di vista ha raggiunto il suo scopo.


giovedì 21 settembre 2017

I 70 anni del Re: Auguri Zio Steve!

"L'essere che, sotto il letto, aspetta di afferrarmi la caviglia non è reale. Lo so. E so anche che se sto bene attento a tenere i piedi sotto le coperte, non riuscirà mai ad afferrarmi la caviglia." (da A volte ritornano)



Quello che è, forse, il mio film preferito, "Stand by me - Ricordo di un estate" è stato anche il mio primo incontro con Stephen King. In realtà la prima volta che ho visto il film, nemmeno sapevo che fosse Stephen King, cosa che scoprii solo qualche anno più tardi; nel frattempo avevo visto almeno un'altro paio di film tratti da sue opere: "L'implacabile" e "Brivido".
Il primo un fanta-action con Arnold Schwarzenegger, che poco ha a che vedere con il romanzo da cui è tratto, ma che mi divertiva molto. Tra l'altro, anche dopo essere divenuto un fan di King, per molto tempo ho ignorato che l'opera alla base del film fosse sua.
Il secondo è un filmaccio firmato dallo stesso King, ma che nonostante la bassa qualità mi piaceva e continua a piacermi un sacco.



E' stato però verso la fine della terza media che mi sono avvicinato per la prima volta ad un libro del Re; ero a casa di mio cugino e stavo curiosando tra i suoi libri quando fui attirato da un titolo: "Le notti di Salem", lo aprii e cominciai a sfogliarlo a caso. Rimasi colpito dal linguaggio moderno e dal disegno dei personaggi, soprattutto quelli più giovani, miei coetanei, così simili a quelli che eravamo i miei amici ed io, senza però l'elemento fantastico.
A quel tempo stavo leggendo qualche giallo di Agatha Christie e avevo provato ad addentrarmi nel fantasy, ma ormai il seme era stato piantato e mi ripromisi di cominciare a leggere qualcosa di King il prima possibile.



Non dovetti aspettare molto, infatti poco dopo, non ricordo se per il mio compleanno o per Natale, mi regalarono "L'ombra dello scorpione" in versione integrale. Anche in questo caso rimasi affascinato dal quello stile di scrittura, così attuale eppure non banale. Mi affezionai ai vari personaggi, tanto da arrivare a piangere (o quasi) per la morte di Nick Andros.



Qualche settimana dopo aver finito il tomo, andai in libreria con i miei genitori e tra le novità, ben esposto in modo da non passare inosservato c'era la nuova fatica del Re: "Cose Preziose", ma nonostante sia un'opera che ho amato molto, in quell'occasione fui attratto da un'altro volume, per cui decisi di rimandare la lettura de "l'ultima storia di Castlerock" e uscii dalla libreria felice tenendo in mano quello che è stato uno dei libri più belli e importanti, dal punto di vista personale, che abbia mai letto. Quella sera stessa iniziai a leggere "Stagioni diverse".



Da allora ho iniziato a leggere ogni cosa che lo Zio Steve pubblicava e nel frattempo cercavo di recuperare le sue prime opere, così durante la mia ricerca dei suoi libri, mi imbattei in un titolo "mitologico", un 'opera introvabile, ormai fuori catalogo da tempo e che ancora non è stato ripubblicata. Sto parlando di quel misterioso "Unico indizio la luna piena", che molta gente sta tutt'ora cercando e che per acquistarlo sono disposti a spendere anche centinaia di euro.
Come spesso capitava quando ero più pischello, il sabato si andava con gli amici in centro a Padova e una delle nostre tappe fisse era una fumetteria non lontana dalla stazione. Avendo anche vecchi gialli, fantasy e volumi della collana Urania, provai a chiedere anche a loro se per caso l'agognato romanzo. La risposta fu negativa, ma promisero di provare a cercarlo attraverso i loro fornitori, così ogni qual volta che mi ritrovavo a passare per quella fumetteria, entravo anche solo per sapere se ci fosse qualche novità. La cosa andò avanti per qualche anno e quando ormai mi ero arreso all'eventualità di aspettare una nuova edizione, un sabato qualunque mentre stavo facendo la spesa di Dylan Dog, la titolare mi chiamò dicendo che aveva qualcosa per me e tirò fuori il mio tesoro...Ero entusiasta e gli occhi mi si erano illuminati come Las Vegas a Natale.
Poi però pensai a quanto avrei dovuto spendere per avere un libro che aveva richiesto così tanto tempo e fatica per essere trovato, invece fui nuovamente sorpreso perché mi chiesero appena cinque euro; credo che ancora si ricordino del mio sorriso quando uscii dal negozio.



Sono passati più di trent'anni dal mio primo King e da allora altro e, a parte pochi casi, ogni volta è stato sempre un immedesimarmi con in personaggi, vivere le loro avventure, sentire le loro paure, emozionarmi per le loro vittorie...Ho visto strappare il braccio dal corpo del piccolo George Debrough e sono sceso con i "Perdenti" nelle fogne di Derry alla ricerca di un clown assassino, ho stretto la mano a Johnny Smith, sono fuggito alla vista di un San Bernardo idrofobo, ho pianto sulla tomba di Gage Creed, ho corso a perdifiato accanto a Ray Garraty, mi sono nascosto nei corridoi dell'Overlook hotel...
Insomma Stephen King è stato e continua a essere un fantastico compagno di viaggio e devo ringraziare lui se mi sono appassionato anche alla scrittura.

Avrei potuto scrivere un lungo papiro, esaminando tutte le sue opere e magari confrontarle con le relative versioni cinematografiche; avrei potuto riproporre la sua biografia, magari aggiungendo qualche chicca che solo i fan più accaniti conoscono, oppure avrei potuto cercare di scrivere un breve saggio sociologico su King e la paura, ma alla fine ho pensato che la cosa migliore, per fargli gli auguri fosse scrivere qualcosa di più personale, qualcosa per cui si capisca il legame che ho con lui.
Tanti auguri Zio Steve, magari ci si vede in giro per il Maine se prima o poi riuscirò a farci una vacanza!

mercoledì 13 settembre 2017

Machuca (2004)



Nel Cile pre-rivoluzionario del 1973, il preside di un istituto cattolico, cerca di favorire l'integrazione tra classi sociali differenti, accogliendo a scuola dei ragazzi provenienti dalla locale baraccopoli. Gonnzalo Infante, che fa parte della borghesia benestante e Pedro Machuca, che invece vive è tra quei ragazzi che vengono dalla zona povera della città, dopo un inizio diffidente, diventano buoni amici. Purtroppo l'integrazione non è ben vista da parte dell'alta borghesia e i conflitti che ne nasceranno influiranno nel rapporto dei due ragazzini.



E' possibile l'amicizia tra un indio e un bianco? Forse, ma non nel Cile del 1973, quando la rivoluzione era al suo apice e le differenze sociali erano ampliate dalla crisi economica e dai pregiudizi di chi non voleva favorire l'integrazione tra poveri e benestanti. Andrés Wood ci guida nella nascita di un'amicizia che non può durare e ci mostra quel periodo storico, visto con gli occhi di due bambini (in particolare da quelli di Gonzalo), non ancora adolescenti, e che alla fine segnerà entrambi.



La prima parte del film è quella più leggera, anche se non priva di spunti di riflessione; infatti l'integrazione tra benestanti e poveri all'inizio sarà affrontata con diffidenza da entrambe le parti, bloccati da evidenti differenze esteriori e dall'arroganza dimostrata dai primi, nei confronti dei secondi. Nonostante ciò Gonzalo e Machuca riescono a diventare amici e passeranno le loro giornate tra giochi, manifestazioni pacifiche e baci al latte condensato con la bella e orgogliosa Silvana (questa è forse una delle scene più belle del film). 



Poi, nella seconda parte del film, le cose lentamente cominciano a precipitare; Gonzalo vede la sua famiglia in crisi (infatti la madre frequenta un uomo più anziano che in cambio la riempi di soldi e regali), ma soprattutto, a causa dell'orgoglio di entrambi, l'amicizia con Machuca comincia a incrinarsi, per spezzarsi del tutto nel momento in cui le truppe di Pinochet irrompono con violenza a Santiago, portando disordine e sofferenza. La sequenza a scuola, nel prefinale, per quanto molto significativa, con i militari che hanno preso possesso dell'istituto, sembra presa direttamente da "L'attimo fuggente", per cui risulta essere un po' stonata rispetto al resto del film. 



Nel finale, Gonzalo deciderà di tornare dall'amico, ma attraversando la baraccopoli in cui questi vive, assisterà alla violenza perpetrata dai soldati, per farla sgomberare e rimarrà duramente da ciò.Significativa la sequenza in cui un soldato vorrebbe spingere il ragazzo assieme agli altri sfollati, ma lui impaurito gli fa notare di non appartenere a quella gente, quasi a negare l'amicizia con Machuca, pur di salvarsi la pelle, come Pietro fece con Gesù quando i soldati vennero a cercare gli apostoli. 



In questo momento gli sguardi dei due bambini si incroceranno e in entrambi si legge il dolore per un'amicizia impossibilitata dal contesto storico e sociale.Nella sequenza finale vera e propria vediamo un Gonzalo cambiato dagli eventi, ma che ha capito finalmente, quali sono veramente i valori veramente importanti. Molto bravi gli attori, in particolare i due giovani protagonisti, entrambi esordienti sul grande schermo.

sabato 9 settembre 2017

XX - Donne da morire (2017)




Come al mio buon amico Cassidy, anche a me piacciono i film antologici, ancor di più se sono horror e questo "XX - Donne da morire" non fa eccezione e seppure non raggiunga i livelli di opere come "Creepshow","Body Bags" o "L'occhio del gatto", alla fine ne viene fuori una pellicola dignitosa che in qualche momento ha dei picchi decisamente interessanti. A questo va aggiunto che questa è un'antologia completamente al femminile e, anche se non ce n'era bisogno, dimostra che anche le donne sanno dirigere film "cattivi".

Il film si divide dunque in quattro storie, ognuna delle quali ha per protagonista una donna (e in tre questa è una madre disturbata). Quattro storie diverse, non sempre riuscite, ma che alla fine portano a casa la pagnotta, riuscendo anche a disturbare.
Le storie sono collegate l'una all'altra da una sorta di presentazione con bambole ed oggetti in stop motion, che sembrano rifarsi al cinema di Jan Svankmajer, che già da sole sono piuttosto inquietanti.
Ma ora vediamo di esaminare singolarmente ogni storia:


THE BOX


Una madre sta rientrando a casa in metropolitana assieme ai due figli, quando il più piccolo, incuriosito dal pacco che un signore, seduto accanto a lui, tiene sulle ginocchia, gli chiede di vedere cosa contiene. L'uomo mostra il contenuto del pacco al bambino che ne rimane profondamente turbato, tanto da decidere di smettere di mangiare. Nonostante i gustosi (???) pasti, il ragazzino si lascerà deperire un po' alla volta e anzi, "contagiando" anche la sorella e il padre, che lo seguiranno nel suo destino. Solo la madre ne rimane esclusa, che inizialmente sottovaluta la gravità della situazione ed egoisticamente continuerà a mangiare mentre la sua famiglia si lascia morire di fame.
Forse per questo sogna di sacrificarsi a loro, permettendo che si nutrano delle sue carni, in una delle scene più forti dell'intera antologia.
Il finale è aperto e proprio per questo mi è piaciuto particolarmente; non da spiegazioni, non si sa cosa abbia visto il bambino nel pacco e se in altre occasioni ciò avrebbe potuto farmi storcere il naso, in questo caso è la scelta giusta.


THE BIRTHDAY CAKE


Questo più che un racconto horror è una commedia nera, profondamente malata e disturbante.
In questo segmento, si racconta di una madre che sta organizzando la festa di compleanno della figlioletta e che quando questa entra nello studio del marito per portarvi alcuni oggetti, trova l'uomo morto per cause misteriose, ma non volendo rovinare la festa alla bambina, cercherà più volte di nascondere il cadavere, ma venendo sempre disturbata da qualche imprevisto.
Immagino che qui la fonte di ispirazione sia Hitchcock e in particolare "La congiura degli innocenti", tanto che un'inquadratura in particolare, sembra presa quasi identica (forse come omaggio) all'opera del regista inglese


DON'T FALL


A differenza delle altre storie, in questa non si racconta di madri sbarellate, ma di un gruppo di amici, che in escursione tra le alture desertiche, disturba il sonno di un qualche antica entità che prenderà il possesso di una dei ragazzi, che poi si trasformerà in un orribile mostro assetato di sangue.
Come dicevo questo segmento si differenzia dagli altri, sia per la tematica, sia perché si rivela essere quello più "propriamente" horror, mettendo in scena un'orrenda creatura e una buona dose di emoglobina, anche se a livello narrativo la storia è la più debole del quartetto.


HER ONLY LIVING SON



In quest'ultimo episodio, troviamo ancora una madre che nasconde un segreto, assieme al figlio che sta per compiere diciotto anni. Il ragazzo si comporta in maniera sempre più strana, così come molti degli abitanti della cittadina dove i due sono andati a vivere, per fuggire al padre dell'adolescente, tanto da perdonargli anche i suoi atteggiamenti più violenti. Evidente è dove la regista è andata ad attingere per scrivere e dirigere questo episodio, forse solo come ispirazione, forse come ideale seguito. Peccato per il finale, che risulta non del tutto riuscito


Concludendo si può affermare che "XX" è un'opera senza infamia e senza lode, che permette di passare poco meno di ottanta minuti divertendosi e con qualche piccolo brivido, ma sapendo che si sta vedendo un film facilmente dimenticabile.


giovedì 7 settembre 2017

Blu

Ancora un vecchio racconto (questo fa parte di un ideale trittico assieme ai racconti "Bianco" e "Rosso" a cui ho cambiato il finale...giusto per...Beh prima leggetelo e poi ditemi cosa ne pensate...


Da quanto tempo stava vagando in quella infinita distesa blu? Sei giorni? Forse sette… Oramai aveva perso il conto… Il sole alto nel cielo gli stava bruciando la pelle e facendo salire la febbre. Per quanto attento fosse stato, ormai le poche razioni di cibo e acqua che gli avevano lasciato, prima di abbandonarlo in mezzo all’oceano, dopo che lo avevano trovato nascosto nella stiva, stavano per finire e il processo di disidratazione era già iniziato da qualche giorno. Quanto avrebbe potuto resistere in quelle condizioni? Due giorni, forse tre se era fortunato. Ma data la situazione era chiaro che la fortuna lo aveva abbandonato già da un pezzo.
Si alzò a sedere e si guardò stancamente attorno . Sperava di poter scorgere il profilo di qualche terra, o la silhouette di una nave; al momento si sarebbe accontentato di vedere l’avvicinarsi di qualche nuvola carica di pioggia, ma attorno a lui si vedeva solo l’azzurro del cielo e il blu del mare.
Prese lo zaino che conteneva il cibo e ne tirò fuori l’ultimo pezzo di cioccolata. Rimase qualche istante a fissarla chiedendosi se fosse il caso di conservarla  per un momento di maggiore necessità, ma  rendendosi conto dell’assurdità di quel pensiero, cominciò a ridere debolmente e poi a tossire sempre più violentemente. Quando la tosse si calmò, divorò avidamente quell’ultimo residuo di cibo; almeno se fosse morto, lo avrebbe fatto con un sapore dolce in bocca…
Ormai convinto che sarebbe morto di sete ancor prima che di fame, pensò di provare a ispezionare meglio lo zaino e in una tasca all’interno, trovò un lungo pezzo di corda, un coltello e un accendino. Bene, pensò, forse la sorte stava cominciando a sorridergli, allora con un po’ di fortuna sarebbe riuscito a far bollire dell’acqua per renderla potabile e con il coltello avrebbe potuto pescare qualche piccolo pesce. Ritemprato da questo pensiero ,decise di provare subito a catturare qualche preda; si legò un capo della corda ad una caviglia e l’altro lo legò al maniglione a poppa della scialuppa, quindi si tuffò in acqua.
Man mano che scendeva il blu del mare diventava sempre più scuro, poi ad un certo punto sentì una fitta alla caviglia e capì di essere arrivato al limite che la corda gli consentisse di arrivare, la visibilità sott’acqua era ancora abbastanza buona, ma decise comunque di risalire qualche metro per poter scorgere meglio le sue prede. E fu proprio mentre risaliva che vide quel grosso pesce che nuotava poco sotto la sua barca. Non sapeva che tipo di pesce fosse, ne tantomeno se  fosse velenoso, ma ormai la cosa aveva poca importanza, per cui non si pose nemmeno la questione e gli si lanciò incontro con il coltello sguainato.
Al  primo affondo procurò al pesce una lunga ferita sul lato sinistro, dall’occhio fino alla pinna caudale, ma l’animale, anziché arrendersi cominciò prima a dibattersi con forza, poi a scendere rapidamente sempre più in profondità  rendendo vano ogni tentativo di catturarlo.
Ormai sentiva il fiato venirgli meno, per cui decise di lasciar pesce e di tornare in superficie a recuperare qualche boccata d’aria. Era quasi arrivato, quando sentì un dolore così lancinante che credeva non avrebbe mai potuto provare. Un enorme squalo, probabilmente attirato dal sangue del pesce che aveva ferito, gli aveva addentato la caviglia legata alla corda, staccandogli di netto il piede che ora spuntava dalle mascelle ghignanti del pescecane. Con i polmoni che gli stavano per esplodere, la gamba che gli faceva un male atroce e il moncherino che sanguinava copiosamente, cercò di nuotare più rapidamente possibile verso la superficie,  per fuggire al temibile predatore.
 Fortunatamente riuscì a salire sulla scialuppa prima che lo squalo tentasse un nuovo attacco, cadendo immediatamente svenuto; quando riprese conoscenza si sentì ancora più debole e non gli ci volle molto a capire il perché:  tutta la prua era sporca del suo stesso sangue che continuava a uscirgli dalla caviglia mozzata e per fortuna che l’acqua salata aveva in parte rallentato la perdita di sangue, tuttavia non poteva  certo sperare di fermare l’emorragia sono con l’acqua marina. Avvolse la t-shirt attorno al moncherino  e strinse un pezzo di corda attorno alla caviglia per rallentare la circolazione, ma anche così non poteva sperare di sopravvivere a lungo. La soluzione era una sola e lui lo sapeva benissimo.
Con lo stomaco che gli si stava rivoltando, recuperò l’accendino dallo zaino e iniziò a scaldare la lama del coltello. L’operazione richiese quasi una decina di minuti, poiché la fiamma era piccola, ma poi l’arma era sufficientemente calda per portare a termine il lavoro che si era proposto. Quando affondò la lama sulle morbide carni della ferita, il mondo cominciò nuovamente a vorticare e solo grazie alla sua infinita voglia di sopravvivere, riuscì a non svenire e a finire la dolorosa operazione, dopodiché scivolò in un sonno profondo.
Si risvegliò ai primi morsi della fame, confuso, non rendendosi ben conto di dove si trovasse; e quando finalmente ricordò dove si trovava e qual era la sua situazione, inizio a piangere sommessamente.
Allora, ricordò un racconto che aveva letto qualche anno prima, L’arte di sopravvivere, di Stephen King, in cui un uomo, naufragato su un isolotto, nel profondo blu dell’oceano Pacifico, si trovava presto senza cibo e pur di sopravvivere si amputava, un po’ alla volta, gli arti inferiori per cibarsene.
Guardò il moncherino dolorante e si chiese se anche lui avrebbe trovato il coraggio di fare una cosa simile, ma al solo pensiero sentì lo stomaco rivoltarsi, ma riuscì solo a rigurgitare aria.
Gettò il coltello in acqua e si lasciò scivolare nuovamente sul fondo della scialuppa, ormai totalmente privo di forze e rassegnato a morire, ma fu proprio allora, mentre il blu del mare si confondeva con l’azzurro del cielo, prima che tutto diventasse un unico indistinto grigio, che qualcosa, nel cielo, gli fece tornare una flebile speranza. A qualche metro sopra la sua testa c'era un gabbiano che girava in tondo, come fosse alla ricerca di cibo.
Rincuorato da quella visione, convinto di essere vicino alla terra ferma, o quanto meno ad una grossa nave, scivolò serenamente in un profondo sonno, solo un istante prima di potersi accorgere che anche quel gabbiano era venuto lì per morire da solo.

lunedì 4 settembre 2017

Brividi d'asfalto

La strada, si sa, è un luogo che può essere molto pericoloso e quella che porta al cinema lo è ancora di più. Infatti lungo queste lingue d'asfalto rischi di dover affrontare automobili indemoniate, sadici camionisti o pazzi killer autostoppisti...Ecco dunque sette film che ricordano quanto sia potenzialmente letale uscire per strada:

Duel (1971): David Mann, un rappresentante in viaggio d'affari con la sua automobile, durante il tragitto supera una vecchia e arrugginita autocisterna. Poco dopo, il camionista lo supera a sua volta, salvo poi rallentare di nuovo e quando David lo sorpassa nuovamente questi lo prende come una sfida personale e inizia un gioco del gatto col topo con il povero David.
Questo è uno di quei film che io definisco da "scuola di cinema". Sorretto dalla solida sceneggiatura di Richard Matheson (il film è tratto da un suo racconto), la pellicola è un crescendo di tensione con pochi, se non nessun calo di ritmo.
Inizialmente prodotto per la tv, ha avuto un tale successo che Spielberg fu costretto ad allungarne la durata per poterlo trasmettere nei cinema di tutto il mondo.



La macchina nera (1977): Un paesino del Nuovo Messico è terrorizzato da un'automobile nera che in pochi giorni uccide diverse persone. Ben presto si scoprirà che l'auto non è altro che l'incarnazione del demonio. Elliot Silverstein dirige un buon thriller, ispirandosi in parte a Duel di Steven Spielberg, convincente soprattutto dal punto di vista tecnico (memorabile l'inizio del film con la vista in soggettiva dall'interno dell'automobile). Non del tutto soddisfacente, invece, la sceneggiatura che non sempre riesce a alta la suspense. Infine va ricordata la presenza dell'attore James Brolin, padre del noto Josh Brolin (I Goonies, Non è un paese per vecchi, Milk...)



Christine - La macchina infernale (1983): Arnie Cunningham è il classico ragazzo imbranato, vittima degli scherzi dei bulli della scuola. Un giorno, mentre sta tornando a casa assieme all'amico Dennis, nel giardino di un anziano contadino, il ragazzo vede una vecchia e malridotta Plymouth Fury. Nonostante le pessime condizioni del veicolo e l'opinione contraria dell'amico, Arnie decide di acquistare il veicolo. Quello che però non sa è che l'auto è posseduta da un'entità malefica che si nutre dell'amore che il proprietario prova per se stessa, portandolo così ad autodistruggersi.
John Carpenter dirige un film low budget, ma come sempre con la classe che lo ha sempre contraddistinto, anche quando ha girato, di malavoglia, film su commissione.
Il regista si è preso diverse libertà rispetto al romanzo di Stephen King su cui si basa la pellicola, ma il prodotto è comunque efficace e ricco di suspense, grazie anche a degli ottimi effetti speciali e alle musiche firmate dalla stesso Carpenter.



Brivido (1986): La congiunzione di una misteriosa cometa con terra provoca la ribellione di tutte le macchine contro gli uomini. Un piccolo gruppo di sopravvissuti si ritrova prigioniero in una stazione di servizio, tenuti sotto scacco da diversi TIR, tra cui uno con un'enorme maschera da goblin sul radiatore. Dopo un'estenuante lotta con il nemico, i pochi rimasti vivi, troveranno la salvezza attraverso le fognature, in attesa che passi l'effetto della cometa.
Primo e per ora unico (fortunatamente) film da regista di Stephen King, che qui adatta per il grande schermo, uno suo racconto dal titolo Camion, tratto dalla raccolta di racconti A volte ritornano. 
Il film, visto con occhi da critico, è piuttosto debole e poco convincente, eppure è riuscito a diventare un cult assoluto e a cui io sono particolarmente affezionato, forse proprio per l'assurdità di alcune scene, per i personaggi sopra le righe o per la "cattiveria" di alcune sequenze.
E poi ci sono le magnifiche musiche degli AC/DC e questo è sufficiente ad elevare il film allo status di "mitico!"



The Hitcher - La lunga strada della paura (1986): Jim Halsey, un giovane che da Chicago sta portando un'auto a San Diego per consegnarla al proprietario, dopo aver rischiato un incidente, per un colpo di sonno, decide di dare un passaggio ad un autostoppista, sperando così di restare sveglio. Tuttavia, l'uomo che dice di chiamarsi John Ryder gli confessa di essere un killer e gli mostra un coltello insanguinato. Terrorizzato, Jim riesce in qualche modo a liberarsi del pericoloso compagno di viaggio, ma questi comparirà più volte sulla sua strada, sempre intenzionato a ucciderlo.
Film eccezionale, che tiene lo spettatore continuamente in tensione e che seppure le scene più cruente rimangano nascoste, non disdegna momenti decisamente "cattivi".
Eric Red, (che ha scritto anche film per Kathryn Bigelow, tra cui lo splendido Il buio si avvicina)lo sceneggiatore, ha detto di essersi ispirato alla canzone Riders on the storm dei Doors, canzone a sua volta ispirata alle gesta del serial killer Billy Cook.
Rutger Hauer è semplicemente perfetto nel ruolo del pazzo assassino, qui forse in uno dei suoi ruoli migliori.
Il film ha avuto un inutile sequel e un ancora più inutile remake (consiglio di mantenersi a debita distanza).



Le strade della paura (1989): Travis è un bambino di nove anni che ha assistito ad un omicidio di mafia e per questo vive sotto protezione in un luogo segreto in Oklahoma. Tuttavia due killer scoprono dove questi si nasconde e dopo aver ucciso gli agenti dell'FBI che dovrebbero proteggerlo e i suoi genitori, rapiscono il ragazzino per portarlo dai loro capi che vogliono interrogarlo. Quando però, durante il viaggio, Travis si accorge che i due uomini, diversissimi di carattere, a fatica si sopportano, cercherà in tutti i modi di metterli l'uno contro l'altro.
Eric Red, ancora una volta, scrive (e qui anche dirige) un thriller tesissimo, un film che non lascia respiro e tiene inchiodati alla poltrona, cosa che acquista maggior valore, considerando che la pellicola è quasi interamente ambientata all'interno dell'auto dei due killer.
Ottimi tutti gli interpreti, dal sempre bravissimo Roy Scheider al monolitico Adam Baldwin, passando per il giovanissimo Harley Cross.



Dead End - Quella strada nel bosco (2003): Frank Harrington, come ogni anno, sta portando la sua famiglia a festeggiare il Natale a casa dei suoceri, tuttavia quest'anno decide di prendere una deviazione che lo porterà ad attraversare un oscuro bosco di cui non si vede la fine. Quando sulla loro strada appariranno una misteriosa donna in bianco e un inquietante auto nera senza conducente, uno alla volta i famigliari andranno in contro ad un'orrenda fine.
Tra i film che ho scelto per questa lista è forse il meno riuscito complessivamente, ma anche il più interessante come idea. Nonostante qualche caduta nei tempi. la pellicola riesce a trasmettere buona tensione soprattutto quando appare la paurosa automobile nera.
Gli attori se la cavano, su tutti ricordiamo Ray Wise, noto soprattutto per il ruolo di Leland Palmer in Twin Peaks. Interessante il finale.