domenica 6 marzo 2016

Tre piccole storie

LA PICCOLA MEGERA

Samanta era una ragazzina, molto magra e con lunghi capelli neri che le arrivavano ai fianchi. Portava sempre abitui desueti e la sua pelle olivastra, aveva uno strano odore. Tutti la prendevano in giro, le facevano terribili scherzi e le cose peggiorarono quando la sorpresero a parlare da sola; iniziarono a chiamarla "la megera". Io invece, ne ero innamorato; non so cosa mi attrasse di lei, forse i suoi occhi neri come il buio, o il suo sguardo triste. l'unica cosa di cui sono sicuro è che lei capì quello che provavo per lei, anche se io non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi, e probabilmente fu per questo che fui l'unico a salvarmi il giorno in cui bruciò la scuola. Quando mi caricarono sull'ambulanza, la vidi che mi osservava nascosta tra le macerie, così mentre mia madre, ringraziava Dio di avermi salvato, io ringraziai "la megera"



CARUSO

Sono sceso la prima volta nella solfara il giorno del mio undicesimo compleanno. Mi avevano portato via da casa, dagli amici e dagli affetti, per trecento lire e per i successivi sette anni sarei stato una priorità del capo picconiere. Appena sceso in quell'orribile spelonca, mi resi conto che la mia infanzia era finita. Ogni giorno, noi carusi, dovevamo portare fuori carichi di zolfo, anche di trenta chili, attraverso cunicoli poco illuminati, seminudi per ovviare al caldo infernale che faceva li sotto; circondati da uomini-diavoli che sfogavano la loro frustrazione lavorativa e sessuale su noi piccoli. Poi ricordo quel giorno, quando smisi di essere vittima e divenni diavolo.




DOMANI

Il paziente della 09 continua con i suoi deliri, racconta che riesce a vedere il futuro tramite viaggi extracorporei che può fare solo quando è incosciente e quando dorme. Dice che tra meno di un quarto di secolo l'uomo camminerà sulla luna e che circa settant'anni ci saranno computer grandi quanto un taccuino. Oggi poi è più agitato del solito, tanto che ho dovuto somministrargli una dose doppia di calmanti; è convinto che domani ci sarà la fine del mondo. Se continua così sarò costretto a prescrivergli delle sedute di elettroshock.


Dr. Kenji Igawa - Hiroshima, 5 agosto 1945





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