domenica 1 dicembre 2024

I telefilm dimenticati (7) - Good Times

Lo scorso agosto è scomparso John Amos e la maggior parte delle persone lo ricorda per i suoi ruoli in "Il principe cerca moglie", "58 minuti per morire - Die Harder" o "Sorvegliato speciale", invece io lo ricordo soprattutto per una serie ormai dimenticata, che in Italia non ebbe un gran successo, infatti andò in onda solo su reti locali ed è difficile trovare informazioni circa la sua programmazione; sto parlando di "Good Times".


Spin off di uno spin off, "Good Times" infatti deriva dalla serie "Maude", a sua volta è figlia della celebre serie tv "Arcibaldo" da cui derivano anche "I Jefferson".

Andata in onda per sei stagioni, dall'8 febbraio 1974 al 1° agosto 1979 per un totale di 133 episodi, di venticinque minuti l'uno, fu trasmessa dalla CBS, mentre in Italia è passata per lo più per emittenti locali.

"Good Times" è una delle prime serie ad avere come protagonisti solo attori di colore e racconta di una famiglia di estrazione sociale medio-bassa che vive a Chicago e delle loro difficoltà nella vita quotidiana.
I protagonisti sono il padre di famiglia James Evans Sr,  (John Amos), carpentiere continuamente ansioso a causa della loro precarietà; la madre Florida (Esther Rolle) ex governante nella serie "Maude"; il figlio maggiore J.J. (Jimmie Walker), dall'indole artistica e scansafatiche; la secondogenita Thelma (Bern Nadette Stanis) e il più giovane Michael (Ralph Carter), probabilmente il più sensato dei tre.
Altri ruoli importanti sono quelli della vivace amica di famiglia Willona (Ja'net DuBois) e una giovanissima Janet Jackson nei panni di Penny. Il fratello di Florida, che compare in qualche episodio, è invece interpretato da Louis Gosset Jr. In un piccolo ruolo vedremo la futura star della serie "Il mio amico Arnold", Gary Coleman.




La serie era caratterizzata da stereotipi caricaturali e razziali (in particolare nel personaggio del figlio maggiore), ma in realtà era nata, anche per volontà di John Amos e Esther Rolle, per affrontare tematiche politiche e sociali impegnate. A dar voce a questo disagio era spesso il figlio più piccolo Michael. 
Ralph Carter faceva parte assieme ad un pugno di altri attori bambini afroamericani a quella generazione a cui si affidò la responsabilità di dare un'immagine meno stereotipata di se stessi, grazie anche alle lotte per i diritti civili nate un decennio prima.



Quando, come già detto, i produttori preferirono puntare sulle gesta comiche di J.J. (celebre la sua frase "Dinamite!" che gli autori avevano trovato il modo di fargli ripetere ad ogni episodio), Amos e Rolle si lamentarono della cosa anche pubblicamente di questo, così alla fine della terza stagione John Amos venne licenziato, adducendo, nella serie un trasferimento per lavoro del suo personaggio e quindi della morte dello stesso in un incidente stradale. 
Alla fine della quarta stagione anche la Rolle abbandonò la serie, infatti Florida dopo essersi risposata, si trasferì in Arizona, assieme al nuovo marito.
A questo punto prese sempre più importanza Willona, l'amica di famiglia che si trasferisce a casa degli Evans per badare ai figli rimasti soli. 



Quando i produttori si resero conto di aver calcato troppo la mano, decisero di tornare alle origini della serie. Richiamarono così la Rolle che pretese una serie di cambiamenti, come migliori copioni, che il personaggio di J.J. fosse reso più responsabile, e che il personaggio di Carl Dixon fosse eliminato dato che non aveva mai approvato la scelta di introdurlo come suo nuovo compagno nella serie. Chiese inoltre un aumento di stipendio.



La serie si conclude alla fine della sesta serie con l'ultimo episodio che vede un "happy end" per tutti i personaggi.

Ad aprile 2024, Netflix ha trasmesso una serie animata omonima, revival dell'originale, incentrato sull'attuale generazione degli Evans, ma ha avuto critiche quasi unicamente negative sia da parte della critica che dal pubblico sia per lo stile dell'animazione che per le storie spesso caratterizzate da un umorismo offensivo e razzista, oltre che per la quasi totale mancanza di connessione con la serie originale.


(Fonti: Wikipedia, Mymovies)



 

 

martedì 3 settembre 2024

Notte Horror (2024): Ballata Macabra (1976)

Rieccomi, a quasi un anno dal mio ultimo post. Lavoro e vita famigliare mi tengono molto occupato e trovare il tempo per scrivere, soprattutto considerando i miei tempi, è sempre impegnativo, ma prossimamente cercherò di fare di meglio.

Ora, dopo le non doverose, ma sentite scuse, passiamo alle cose serie (serie si fa per dire, eh...)

Quest'anno la consueta rassegna "Notte Horror", normalmente dalle atmosfere, se non allegre, per lo meno scanzonate e leggere, parte con un velo di tristezza, dato che è dedicata alla nostra amica Laura Stella Bisanti, da tutti conosciuta come Arwen Lynch, scomparsa qualche mese fa. Appassionata di cinema, non solo horror e blogger verace, mancherà a tutti noi.

Buona lettura e buoni brividi a tutti:


Ballata Macabra è un film del 1976, diretto da Dan Curtis, che si inserisce nel filone delle case infestate, anche se a differenza della maggior parte dei titoli di questo sottogenere (al quale ho dedicato un paio di post, QUI e QUI), in cui si parla di case invase da presenze spaventose, qui è la casa stessa a essere malefica

Andiamo però con un po' di trama:

La famiglia Rolf (composta da madre, padre, figlioletto e da una vecchia zia) affitta per un prezzo insignificante, un'antica ed enorme casa vittoriana con piscina, dove passare le vacanze estive. Uniche due richieste da parte dei bizzarri proprietari sono di amare la casa quanto la amano loro, e di occuparsi dell'anziana madre che abita nell'attico (in realtà dovranno limitarsi a portarle da mangiare tre volte al giorno).
Inizialmente le cose sembrano andare bene, ma man mano che passa il tempo, qualcosa di malsano si insinua nella famiglia, portando i personaggi ad allontanarsi l'uno dall'altro fino al drammatico finale.




Questo film l'ho "scoperto", un po' per caso, nei primi anni 2000, durate un turno notturno di lavoro in albergo e da allora non smetto di tesserne le lodi, in quanto lo trovo uno degli horror più riusciti di sempre e penso sia addirittura sottovalutato.

Primo punto di forza di questa pellicola è sicuramente la regia, in cui Dan Curtis dimostra tutto il suo talento e che si può spaventare senza l'uso di costosi effetti speciali o di facili jumpscare.
Curtis è un regista specializzato in prodotti per la televisione (possiamo ricordare il bellissimo Trilogia del terrore su un soggetto di Richard Matheson, a cui spesso il regista ha attinto e co-sceneggiato da William F. Nolan, altro collaboratore assiduo di Curtis), ma sia quando a lavorato per il cinema, sia per il piccolo schermo, ha sempre dato prova di essere un ottimo regista, che sa come muoversi, dove posizionare la macchina da presa, come inserire le musiche e soprattutto che sa gestire perfettamente la tensione.



Il film si apre con alcuni componenti della famiglia che si apprestano a fare un primo sopralluogo della casa dove passeranno la vacanze, conosciamo dunque il Ben Rolf, il padre di famiglia (Oliver Reed), La madre Mirian Rolf (Karen Black) e del figlio David (Lee Montgomery). Qui i protagonisti conosceranno i padroni di casa, i fratelli  Allardyce, (Elileen Heckart e Burgess Meredith) che faranno loro l'allettante offerta. Tuttavia la casa, per quanto bella, è enorme e fatiscente e Ben ha qualche dubbio nel dover gestire una magione così grande, ma la Roz Allardyce, dirà che la casa è in grado di provvedere a se stessa e, inoltre, Mirian sembra già essersi innamorata del posto.
Fin da subito dunque le atmosfere sono grevi e si intuisce che qualcosa di misterioso alleggia tra le mura della villa, grazie anche al sapiente uso delle musiche.


Il secondo atto si apre con la famiglia che arriva a stabilirsi nella casa, e in cui conosciamo anche zia Elizabeth (Bette Davis). Qui cominciamo a conoscere anche la casa, con i suoi ambienti e i suoi misteri; all'inizio sono piccole cose, una pianta appassita che ricomincia lentamente a fiorire, una lampadina bruciata che riprende a funzionare, un piccolo cimitero nascosto nel parco della villa, ma un po' alla volta l'aria malsana che permea la casa comincia a influenzare i suoi ospiti così, mente Mirian è sempre più ossessionata dalla casa stessa e dall'anziana signora che vive nell'attico, gli altri componenti della famiglia sono vittime di incubi, follia, malattie e incidenti.


Come si è potuto notare, uno degli altri punti di forza è sicuramente il grande cast:

Oliver Reed, noto per i suoi ruoli in film a cavallo tra gli anni '60 e '70 prima come caratterista in pellicole hottor della Hammer (Il mostro di Londra, L'implacabile condanna), poi in diversi film diretti da Ken Russell (I Diavoli, Tommy). Peccato che sia stato anche un alcolista e che spesso ciò abbia portato a difficoltà lavorative a scontri con colleghi, Questo suo vizio lo porterà ad una morte prematura a 61 anni, a causa di un infarto avvenuto per una scommessa a chi beveva di più avvenuta durante una delle pause, mentre stava girando Il gladiatore. Peccato di nuovo, perché Reed è stato una delle poche note veramente positive nel film di Ridley Scott.

Karen Black è invece una pupilla di Curtis che l'ha diretta anche nel già citato Trilogia del terrore, ma ha lavorato con molti grandi registi internazionali e italiani, da Coppola a Antonio Margheriti, da Bob Rafelson a Ruggero Deodato, passando per Hitchcock, Altman, Hooper e molti altri.

Di Bette Davis non credo ci sia bisogno di tante presentazioni, una delle attrici più note e importanti di Hollywood, vincitrice di due Oscar e prima donna eletta presidente dell'Accademy.

Burgess Meredith è un altro volto noto sia del piccolo che del grande schermo: se molti lo ricordano per il suo ruolo di Mickey nella saga di Rocky, celebri sono anche le sue interpretazioni nella serie tv di Batman, in cui era il Pinguino, che in diversi episodi de Ai confini della realtà (su tutti va ricordato l'episodio Tempo di leggiere)

Non da meno il resto del cast.


Man mano che si prosegue verso il finale, il film si fa sempre più inquietante e si capisce che non potrà esserci un lieto fine. La scena finale svela ulteriormente qual è la vera natura della casa, se qualcuno non l'avesse capito fino a quel momento e risulta essere tanto angosciante quanto triste.

ll film è tratto dal romazo Burnt Offerings (titolo originale della pellicola) di Robert Marasco (che è stato solo recente tradotto per il mercato italiano) ed è stato spesso accostato ad altri film dello stesso genere che sono venuti dopo come Amityville Horror e Shining. In particolare si mormora che lo Stephen King abbia preso più di qualche ispirazione per il suo romanzo.

Ed eccoci dunque alla fine di questa rassegna, durata quasi tutta l'estate. Se vi siete persi gli altri titoli li potete trovare nel bannerone qui sotto e recuperare online. Ringrazio tutti gli amici che hanno partecipato, l'organizzatore dell'evento Obsidian M. e tutti i nostri lettori e vi saluto con un "all'anno prossimo". Nel frattempo spero di riprendere a scrivere un po' più assiduamente, perché quello che manca non sono le idee, ma il tempo.










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