Ad Hanna però, ancora in lutto per la perdita del figlio di sette anni, sottostare ad una culture patriarcale, in cui alle donne è impedito l'accesso al tempio, non sta bene; così, di nascosto dal rabbino segue le funzioni da sotto il pavimento della sinagoga e, grazie all'aiuto del marito Benjamin, figlio del rabbino stesso, entra in possesso dei libri sacri, come la Qabballah.
Quello che l'uomo non sa è che l'infertilità della moglie non ha origini naturali, ma è dovuta a una pozione che Hanna ha avuto dalla guaritrice del villaggio. Scoperto l'inganno la coppia entra in crisi, cosa che viene accentuata da una probabile relazione di Benjamin con la vicina di casa.
Nel frattempo, un'epidemia di peste, fa numerosi morti nella regione, ma risparmiando la piccola comunità. Un giorno, un gruppo di sopravvissuti fa irruzione nel villaggio, accusando la comunità di essere la causa dell'infezione e minacciando una strage se qualcuno non avesse salvato la vita alla figlia adolescente del loro capo.
Il piccolo Golem riesce facilmente a liberarsi dei nemici, ma si dimostra morbosamente attaccato alla sua creatrice, con cui sembra avere un profondo rapporto simbiotico e perciò metterà in pericolo l'intera esistenza del villaggio.
Il Golem è una creatura del folklore ebraico, che è già stata portata più volte sul grande schermo; le più celebri sono quelle del 1915, oggi perduta, e del 1920 "Il Golem - Come venne al mondo" entrambe di Paul Wegener, uno dei più celebri protagonisti del cinema espressionista tedesco.
In questa nuova versione, sceneggiata da Ariel Cohen e girata dai fratelli Doron e Yoav Paz però, la magica creatura non è quella colossale dei racconti ebraici, ma viene rivista con le sembianze di un bambino, questo probabilmente per giocare con l'aspetto innocente della creatura.
Altra cosa importante è che il film è visto da un punto di vista femminile, quello di Hanna, che ancora ancora soffre per la perdita del figlio e che vorrebbe la parità tra uomo e donna.
Il film dunque, almeno all'inizio, si concentra più che altro sull'aspetto drammatico della storia, lasciando l'horror sullo sfondo.
Quando poi la vicenda entra nel vivo, la pellicola perde un po' della sua originalità e si avvicina pericolosamente a tutti quei film in cui il ritorno dall'aldilà si rivela più una condanna che una buona cosa, uno su tutti il recente remake di "Pet Semetery".
Inoltre, le atmosfere e la fotografia del film, non possono non riportare alla mente quelle di "The Witch", senza però averne la forza evocativa, ma limitandosi a essere una sorta di revange-movie che non approfondisce le tante tematiche appena affrontate.
Tuttavia, nonostante questi limiti, il film rimane un prodotto discreto, che tiene sempre desto l'interesse dello spettatore e che nei momenti più gore fa il suo sporco lavoro di film horror.
Come detto la fotografia è splendida e molto buone sono le prove attoriali, così come i costumi e la direzione artistica in generale.
Un film sì consigliato, ma senza grandi aspettative.