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martedì 3 settembre 2019

Tarzan di gomma (1981)

Le ferie, la famiglia e altri impegni, mi hanno tenuto distante dal blog. In attesa di tempi più tranquilli, posto una vecchia recensione, almeno per farvi sapere che sono ancora vivo e vegeto.



Ivan è un bambino di otto anni, buono e tranquillo, ma che soffre con tormento il confronto con la vita di tutti i giorni. A scuola i compagni lo prendono in giro, per la sua debolezza fisica, e lo vessano con scherzi, spesso pesanti; lui però non si sente in grado di reagire e così si isola sempre di più, rimanendo triste e solo.
Gli insegnanti, anziché aiutarlo a uscire dal suo guscio, lo ignorano o ancora peggio, assecondano  il comportamento del resto della scolaresca. A casa le cose vanno, possibilmente anche peggio, con una madre troppo indaffarata nelle vicende domestiche, e un padre che non solo non lo stima, ma che anzi, il più delle volte lo umilia, chiamandolo “stupido” o paragonandolo ad un Tarzan di gomma



L’uomo vorrebbe che suo figlio fosse forte e coraggioso, e gli indica come modello il vero Tarzan, arrivando a regalargli dei fumetti e una sveglia del suo eroe, sveglia che il bambino farà precipitare dalla finestra dell’appartamento, dimostrando in realtà di avere un carattere che si sta formando, e che sa ciò che vuole e ciò che non gli piace. Ben presto però, Ivan capisce che l’aggressività del padre è solo apparenza, perché questi, quando ha a che fare con persone più “forti” di lui, china la testa e dimostra di essere un debole, anche più debole del figlio. Ciò non fa che contribuire all’isolamento del bambino, che tuttavia dimostra tutta la sua sensibilità nei confronti degli animali, come nella scena in cui salva una mosca che stava annegando nella sua tazza del latte.



L’unico che sembra capire Ivan, è Ole, un operaio del porto con cui il ragazzo ha stretto amicizia, una volta che aveva tentato di nascondersi  tra i containers del molo. L’uomo gli insegna a nuotare, ad andare in bicicletta e addirittura a pilotare la sua gru, ma soprattutto gli insegna ad avere fiducia in se stesso e gli ricorda che tutti hanno delle qualità e delle capacità, tutto sta nel saperle tirare fuori. Ivan ora comincia a prendere coraggio e in una sequenza particolarmente significativa, seppur solo in sogno, il bambino riesce a prendersi la sua rivincita nei confronti di tutti gli adulti. 



Alla fine del film, troviamo Ivan che festeggia il compleanno, finalmente felice e sereno, assieme ad Ole e ai suoi genitori, che hanno imparato ad accettarlo ed amarlo così com’è. Film educativo, tipicamente nordico, e anche se un po’ didascalico, trasmette comunque valori positivi, e nella sua semplicità, può piacere non soltanto ad un pubblico giovane. Il regista mantiene uno stile sobrio e delicato, rimanendo attento alle sfumature psicologiche dei personaggi. Bravi gli attori e in particolare Alex Svanbjerg, che interpreta il piccolo protagonista.

venerdì 15 giugno 2018

Hesher è stato qui (2010)




TJ è un ragazzino di tredici anni, ha da poco perso la madre in un incidente stradale e ancora non riesce a farsene una ragione. Assieme al padre, depresso e dipendente da psicofarmaci, vive a casa della nonna, che cerca di riportare un po’ di serenità nella vita famigliare, ma viene continuamente snobbata e a lei non resta che assistere impotente al disgregarsi del rapporto tra padre e figlio.
TJ è arrabbiato con il padre, perché ha  mandato allo sfasciacarrozze, quel che resta dell’auto, dove la donna ha perso al vita, l’ultimo oggetto che ancora lo legava alla madre morta e come se non bastasse,  l’indolenza nella quale l’uomo è sprofondato, gli fanno perdere di vista la sofferenza del figlio.



Un giorno, mentre attraversa un cantiere in costruzione, TJ cade dalla bici e lui, per rabbia, rompe il vetro di una finestra; dalla casa, che avrebbe dovuto essere vuota, esce un giovane a torso nudo, con lunghi capelli e coperto di strani tatuaggi, che lo trascina dentro l'edificio per dargli una lezione, ma l’arrivo della polizia lo distoglie dall’intento, costringendolo alla fuga. Tuttavia lo strano giovane, ritenendo TJ responsabile dell’avergli fatto perdere il suo rifugio, comincia a seguirlo ovunque e a tormentarlo, mettendolo anche nei guai con un bullo della scuola. Infine si insinua fin dentro casa del ragazzino, spacciandosi per un suo amico.



TJ non dice nulla spaventato dall’atteggiamento aggressivo del ragazzo, mentre suo padre Paul, finge di credere a quel bizzarro personaggio, troppo abulico e apatico, per reagire, e l’unica a prendere in simpatia Hesher, così si fa chiamare il giovane, è la nonna.
L’arrivo di Hesher ha l’effetto di una bomba, nell’ambiente famigliare di TJ, che si trova sempre più spesso nei guai, sia con il bullo della scuola, sia con la polizia.



Inoltre il ragazzino fa la conoscenza di una simpatica, ma insicura commessa, interpretata da una quasi irriconoscibile Natalie Portman, di cui si innamora, pur non riuscendo a confessarglielo. Quando, dopo la morte della nonna, le cose sembrano peggiorare ancora di più, sarà proprio Hesher, con i suoi modi grevi e volgari, con le sue metafore sporche e il suo fare anticonvenzionale, ad aprire gli occhi a padre e figlio, ristabilendo così la serenità famigliare.



A interpretare Hesher, vero punto di forza del film, nonostante il film racconti principalmente le vicende della famiglia di TJ, è Joseph Gordon-Levitt, a cui il personaggio sembra cucito addosso. Tuttavia, la caratterizzazione di Hesher è così marcata, che finisce per annullare tutti gli altri personaggi, a eccezione forse, quella del piccolo TJ. Infatti tutti gli altri personaggi sono quasi senza spessore a partire Paul, ma anche Nicole, la timida commessa ha un ruolo di quasi nessuna importanza e che incide nel film solo in minima parte.



Se l’intro del film è fulminante e accattivante, il finale è forse un po’ troppo affrettato e poco incisivo. In ogni caso la pellicola rimane una buona opera prima, con diversi punti interessanti e qualche caduta di stile. Come già detto ottima l’interpretazione di Joseph Gordon-Levitt, che dice di essersi ispirato a Cliff Burton, ex bassista dei Metallica, per caratterizzare Hesher, ma altrettanto buona quella di Devin Brochu, che conferisce al suo TJ, la giusta rabbia e frustrazione.

giovedì 30 novembre 2017

This is England (2006)

Siamo nella prima metà degli anni 80; gli anni delle mode colorate e dei primi videogames, gli anni di "Supercar" e del cubo di Rubik, gli anni dell'aerobica in tv e della nascita dei CD, ma soprattutto gli anni di Margareth Tatcher, che con la sua politica monetaria, fece aumentare disoccupazione e disagio sociale e portò l'Inghilterra a combattere un conflitto bellico, per appropriarsi di un insignificante arcipelago al largo dell'Argentina, le isole Falkand .



Ed è in questo ambiente che cresce Shaun, dodicenne orfano di padre, proprio a causa della guerra delle Falkland e vessato dai bulli della scuola per il suo aspetto e per il suo modo di vestire. Nonostante il ragazzo non si faccia mettere i piedi in testa da nessuno, compresi ragazzi più grandi di lui, è comunque solo e bisognoso di figure di riferimento, figure che troverà in un gruppo di skinheads che lo prendono in simpatia e lo accolgono sotto la loro ala protettrice. 




Questo gruppo eterogeneo, appartiene all'idea originale di skinheads, quelli che ancora non si erano fatti influenzare dalla politica e dell'odio razziale. All'inizio le cose vanno bene per Shaun, tra giochi, qualche innocente goliardata e le prime sorsate di birra, il bambino trova il tempo di innamorarsi (ricambiato) di una (strana) ragazza più grande di lui. Uno degli aspetti più divertenti, ma anche più significativi del film è come la madre di Shaun, poco si preoccupi (viene fatto appena un accenno) che il figlio frequenti ragazzi più vecchi di lui e che una ragazza di vent'anni ricambi l'amore di un bambino di appena dodici...



A scombinare l'equilibrio, arriva Combo, che ha passato tre anni in prigione e ora è tornato per riprendere la leadership della banda. Ma Combo parla di nazionalismo, e accusa neri e pakistani dei problemi dell'Inghilterra, mosso da sentimenti xenofobi e razzisti. Il gruppo si sfalderà così in due, uno con a capo Woody, più tranquillo e legato alle vere tradizioni del movimento, l'altro guidato da Combo, che predica un patriottismo estremista e l'odio contro chiunque venga da fuori dal regno. 



Shaun affascinato dalla figura carismatica di quest'ultimo, deciderà di rimanere con il secondo gruppo, facendosi influenzare dalla loro mentalità violenta e nazionalista. Tuttavia ben presto verrà alla luce l'anima fragile di Combo che, affranto perché innamorato, ma non ricambiato, e geloso della bella famiglia unita di Milky, un componente di colore della band, si sfogherà contro quest'ultimo massacrandolo di pugni, fino a ridurlo in fin di vita.




Spaventato da tanta aggressività, Shaun aprirà finalmente gli occhi, non solo sul nuovo amico, ma sul mal di vivere in generale.Film molto bello, con valori validi tanto al tempo nel quale è ambientato, quanto ancora oggi e che in questo strano paese a forma di scarpa, è uscito ben cinque anni dopo aver partecipato e vinto il festival di Roma....






venerdì 15 aprile 2016

Lasciami entrare (2008)



Difficile inquadrare in un unico genere questo piccolo gioiello della cinematografia svedese. Pur trattando di un tema horrorifico, di horror ha molto poco, se non qualche sequenza più grand-guignolesca che spaventosa. E' sicuramente un film drammatico che tocca tematiche quanto mai attuali, come quella della solitudine dovuta all'incomunicabilità (soprattutto tra adulti e giovanissimi), e alla paura del diverso. Infatti Oskar è abbandonato a se stesso, i suoi genitori sono divorziati e sembrano non accorgersi della sua sofferenza e della sua rabbia, dovuta ai soprusi di alcuni bulletti, e anche gli altri adulti sono ciechi al bisogno d'aiuto del biondo ragazzino, che immagina di accoltellare i compagni che lo vessano continuamente. Poi Oskar, conosce Eli, una ragazzina che si è trasferita da poco nel suo stesso palazzo, che sembra non temere il freddo e che vive assieme ad uomo anziano. 
Tra i due ragazzini nasce presto una tenera amicizia e un affetto profondo (qui il film si tinge di atmosfere romantiche, anche se si tratta di un amore casto e quasi infantile) e sarà proprio la nuova amica a dare ad Oskar il coraggio di affrontare i compagni di scuola che lo tormentano. In seguito Il ragazzino scoprirà che Eli non è un essere umano, ma un vampiro asessuato, che per sopravvivere ha bisogno di nutrirsi di sangue. Ma questa sua natura non spaventa lo spettatore, anzi si prova quasi pena per lei, costretta a macchiarsi di atroci delitti per sopravvivere. Particolarmente significativa la sequenza nella quale Eli chiede a Oskar di provare a identificarsi in lei, per fargli capire che non è un mostro, che sarebbe come condannare un leone o un ghepardo, perché uccidono delle indifese gazzelle; è solo bisogno di sopravvivenza. La situazione della ragazzina peggiora quando il suo "servo", ormai troppo vecchio per poterle essere utile e ancora di più per essere amato da lei, decide di suicidarsi. Un'altra scena importante è quella in cui Eli, chiede a Oskar di invitarla a entrare in casa, perché secondo la tradizione, i vampiri per entrare in una casa devono essere invitati da chi vi abita (e qui si capisce il significato del titolo), ma il ragazzino invece la stuzzica e invece di invitarla le fa segno con la mano di passare la porta, e solo quando vede che la sua amica rischia di fare una brutta fine, le da il suo permesso. Ed proprio qui, che Oskar capisce il dramma di Eli e decide di esserle comunque amico.Tutta la storia si svolge nei degradati sobborghi di Stoccalma, in paesaggi completamente imbiancanti dalla neve, che diventa la terza vera protagonista del film, con il suo biancore che copre ogni altro colore e sembra fare isolare ancora di più, i personaggi gli uni dagli altri.Le ultime immagini del film mostrano Oskar allontanarsi in treno, assieme alla sua amica, ben nascosta in uno scatolone e fanno presumere che diventerà il suo nuovo "servo" in un ciclo per lei infinito.Il film si può dunque definire un dramma-horror, sulla solitudine e sul bisogno di comunicabilità, che ormai non sembra appartenere più a questa società ed è anche una tenera storia d'amore, di due ragazzini soli e bisognosi l'uno dell'altra.


martedì 20 ottobre 2015

Confessions (2010)

Confessions è indubbiamente un film complesso, che si sviluppa come una tragedia shakespeariana, in cui anche la morale risulta ambigua e imperfetta, e che richiede un certo sforzo, da parte dello spettatore, per essere accettata come plausibile. Nakashima ci cala subito in una situazione destabilizzante, quella di una classe chiassosa e indisciplinata, in cui ognuno si fa i fatti suoi ignorando completamente l'insegnante. C'è chi si scambia messaggini, chi si trucca e altri che si lanciano addosso palle da baseball, ed è in questa situazione assurda che la professoressa comincia a raccontare la sua storia, partendo da se stessa, per poi parlare dell'amato marito malato di AIDS e infine della sua bambina, morta solo qualche settimana prima, annegata in una piscina. Ora sono tutti attenti alle parole dell'insegnante, con una curiosità morbosa e poco rispettosa, così lei svela che quello che è successo a sua figlia non è stato un incidente, ma che è stata uccisa da due di loro, indicando i colpevoli chiamandoli "A" e "B", ma la cui descrizione non lascerà dubbi sulla loro identità. Infine dirà loro, di aver iniettato, il sangue infetto del marito, nei cartoni del latte, che i due ragazzini hanno appena bevuto. Sarà una lunga confessione quella dell'insegnante (la prima delle molte che i vari personaggi daranno per mostrare il proprio punto di vista), lenta e gelida, priva quasi di emozioni, eppure così carica di pathos, forse proprio per la freddezza con la quale viene enunciata.Purtroppo non ho avuto difficoltà a credere che dei ragazzini, appena entrati nell'adolescenza, possano uccidere un bambino di poco più piccolo di loro, purtroppo la cronaca di ogni giorno, ci insegna che tutti sono in grado di gesti violenti.In seguito vediamo che i due colpevoli hanno reazioni completamente diverse, uno deciderà di continuare a frequentare la scuola, diventato vittima dei bulli, che si ergeranno a "giustizieri", per punire le colpe del baby assassino; l'altro si rifugerà invece in camera sua, rifiutando qualsiasi contatto esterno, compreso quello della madre, arrivando addirittura a non volersi più lavare, stretto tra rimorso per quello che ha fatto e paura per il contagio, diventando quindi un hikikomori. Il film prosegue come un puzzle a scatole cinesi, in cui man mano che andiamo avanti scopriamo le diverse versioni dei protagonisti, così scopriamo che uno dei ragazzi era stato abbandonato dalla madre che preferì seguire la carriera piuttosto che occuparsi del figlio; l'altro invece cercava solo un amico che lo accettasse, e la cui madre all'opposto dell'altra si dimostra addirittura iperprotettiva fino a deresponsabilizzare il figlio, per il grave delitto.Ma in questo film non ci sono vinti ne vincitori, o meglio sono tutti sia l'uno che l'altro, e così non risulta difficile nemmeno capire una donna che si voglia vendicare su due ragazzini, al punto da far sprofondare le loro vite in un inferno. Il regista ci mostra non solo la drammaticità della vicenda narrata, ma punta il dito contro una società anestetizzata e divenuta insensibile alla compassione, una società sempre più egoista in cui la libertà personale è portata all'eccesso, indifferente delle conseguenze che potrebbero coinvolgere chi ci sta attorno, male da cui non sono immuni nemmeno i più giovani, anzi che probabilmente coinvolge loro in modo maggiore.Tutto ciò, ci viene mostrato con algida freddezza, con uno stile distaccato, cosa che si nota anche nella fotografia in cui prevalgono i toni freddi dei blu e del bianco, a parte nei momenti di maggiore tensione, in cui esplode il rosso del sangue, senza però rinunciare ad una feroce sincerità degli eventi. Confessions risulta così essere tanto poetico, quanto disturbante ed esasperato, una pellicola che non si dimentica tanto facilmente.