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lunedì 2 luglio 2018

Geekoni Film Festival: La spina del diavolo

Quasi in concomitanza con il Giffoni Film Festival, il festival del cinema di e per ragazzi, anche noi della Geek League abbiamo deciso di scrivere una serie di post-recensioni su film che hanno per protagonisti i più giovani. Quest'anno avrò io, l'onere e l'onore di aprire la tale rassegna e il film che ho scelto è "La spina del diavolo"; in realtà all'inizio avevo pensato a qualche altro titolo, un po più d'essai, ma poi ho preferito variare su questa pellicola che riesce ad affrontare le tematiche tipiche del cinema impegnato europeo, raccontando una storia tipica del cinema di genere.



"Che cos'è un fantasma? Un evento terribile condannato a ripetersi all'infinito, forse solo un istante di dolore, qualcosa di morto che sembra ancora vivo, un sentimento sospeso nel tempo come una fotografia sfuocata, come un insetto intrappolato nell'ambra, un fantasma, questo sono io."



Nel 1939, durante la guerra civile spagnola, Carlos, un ragazzino di dodici anni, viene accompagnato dal suo tutore in un orfanotrofio gestito da Caseres e Carmen, due attivisti repubblicani, i quali aiutano la causa, nascondendo all'interno dell'istituto l'oro che serve a finanziare le battaglie.
Il bambino fa subito amicizia con alcuni degli altri orfani che vivono lì, mentre ha un iniziale difficile rapporto con Jaime, uno dei ragazzini più grandi, dal carattere oscuro e altezzoso.



Carlos e gli altri ragazzi, dovranno fare i conti con un conflitto bellico che rischia di coinvolgerli sempre maggiormente e con le grandi e piccole tematiche che nascono all'interno del loro microcosmo. Tra queste ci sono i continui scontri con Jacinto, uno dei custodi dell'orfanotrofio, che si dimostra essere violento, egoista e senza scrupoli.
Infine c'è la presenza di un fantasma, chiamato "il sospiroso", che contribuisce a rendere più tetra e spaventosa la vita dei piccoli protagonisti, tra le mura dell'istituto.




E mentre i ragazzini affrontano i loro piccoli drammi, anche gli adulti, oltre a pensare al bene dell'istituto e dei suoi piccoli ospiti, sono tormentati da tensioni e problematiche personali, quali amore, sesso e denaro.
Sarà proprio Carlos, che grazie al suo coraggio vincerà anche la diffidenza di Jaime, in realtà tormentato da un doloroso segreto, a scoprire la verità sull'inquietante presenza.



Guillermo Del Toro dirige un film che unisce dramma, fantastico e horror, raccontando una ghost-story (che sposta l'ambientazione dagli un antichi e diroccati manieri ad un isolato fortino i cui polverosi e enormi magazzini, prendono il posto delle segrete dei racconti gotici) che diventa ancora più spaventosa in quanto parte di un contesto reale, ancora più orribile.
"La spina del diavolo" si rivela anche essere una storia di formazione, infatti i ragazzi imparano che c'è sempre un motivo dietro a certi fenomeni e andando al di là delle loro rivalità personali, a diventare gruppo e così, assieme, sconfiggere il vero cattivo, Jacinto (in realtà incattivito dalla guerra e dalla solitudine), imitando gli uomini primitivi del loro libro di storia, in cui questi affrontavano un mammuth armati di lance.



L'opera di Del Toro, per com'è costruita, sembra quasi essere una prova per il successivo "Labirinto del fauno", film che lo ha consacrato tra i più grandi registi del nostro tempo.
Poetica, a suo modo, l'immagine della bomba nel cortile della scuola; per gli adulti testimonianza di una guerra mai troppo lontana, mentre peri bambini è qualcosa di più, una sorta di totem sacro che con qualcosa di magico li aiuta a vincere le loro paure.
Bellissima la fotografia che varia dalle tonalità scure e cupe degli interni a quelle solari e luminose degli esterni, così come a voler, ancora una volta accennare alle due anime della pellicola; quella horror-fantastica e quella drammatico-realistica.
Bravi tutti i protagonisti e in particolare il piccolo Fernando Tielve, che riesce a donare al suo personaggio la giusta spontaneità e il tormento in cui emergono tutte le paure di un bambino costretto ad affrontare difficoltà che spaventerebbero un adulto.



Come potete vedere, la prossima "proiezione" sarà il sei luglio ad opera di Conte Gracula, che ci parlerà del bel film di J.J Abrams, "Super 8"
Vi consiglio però di seguire tutta la rassegna perché abbiamo ottimi recensori con tanti bei film da raccontare.




mercoledì 13 settembre 2017

Machuca (2004)



Nel Cile pre-rivoluzionario del 1973, il preside di un istituto cattolico, cerca di favorire l'integrazione tra classi sociali differenti, accogliendo a scuola dei ragazzi provenienti dalla locale baraccopoli. Gonnzalo Infante, che fa parte della borghesia benestante e Pedro Machuca, che invece vive è tra quei ragazzi che vengono dalla zona povera della città, dopo un inizio diffidente, diventano buoni amici. Purtroppo l'integrazione non è ben vista da parte dell'alta borghesia e i conflitti che ne nasceranno influiranno nel rapporto dei due ragazzini.



E' possibile l'amicizia tra un indio e un bianco? Forse, ma non nel Cile del 1973, quando la rivoluzione era al suo apice e le differenze sociali erano ampliate dalla crisi economica e dai pregiudizi di chi non voleva favorire l'integrazione tra poveri e benestanti. Andrés Wood ci guida nella nascita di un'amicizia che non può durare e ci mostra quel periodo storico, visto con gli occhi di due bambini (in particolare da quelli di Gonzalo), non ancora adolescenti, e che alla fine segnerà entrambi.



La prima parte del film è quella più leggera, anche se non priva di spunti di riflessione; infatti l'integrazione tra benestanti e poveri all'inizio sarà affrontata con diffidenza da entrambe le parti, bloccati da evidenti differenze esteriori e dall'arroganza dimostrata dai primi, nei confronti dei secondi. Nonostante ciò Gonzalo e Machuca riescono a diventare amici e passeranno le loro giornate tra giochi, manifestazioni pacifiche e baci al latte condensato con la bella e orgogliosa Silvana (questa è forse una delle scene più belle del film). 



Poi, nella seconda parte del film, le cose lentamente cominciano a precipitare; Gonzalo vede la sua famiglia in crisi (infatti la madre frequenta un uomo più anziano che in cambio la riempi di soldi e regali), ma soprattutto, a causa dell'orgoglio di entrambi, l'amicizia con Machuca comincia a incrinarsi, per spezzarsi del tutto nel momento in cui le truppe di Pinochet irrompono con violenza a Santiago, portando disordine e sofferenza. La sequenza a scuola, nel prefinale, per quanto molto significativa, con i militari che hanno preso possesso dell'istituto, sembra presa direttamente da "L'attimo fuggente", per cui risulta essere un po' stonata rispetto al resto del film. 



Nel finale, Gonzalo deciderà di tornare dall'amico, ma attraversando la baraccopoli in cui questi vive, assisterà alla violenza perpetrata dai soldati, per farla sgomberare e rimarrà duramente da ciò.Significativa la sequenza in cui un soldato vorrebbe spingere il ragazzo assieme agli altri sfollati, ma lui impaurito gli fa notare di non appartenere a quella gente, quasi a negare l'amicizia con Machuca, pur di salvarsi la pelle, come Pietro fece con Gesù quando i soldati vennero a cercare gli apostoli. 



In questo momento gli sguardi dei due bambini si incroceranno e in entrambi si legge il dolore per un'amicizia impossibilitata dal contesto storico e sociale.Nella sequenza finale vera e propria vediamo un Gonzalo cambiato dagli eventi, ma che ha capito finalmente, quali sono veramente i valori veramente importanti. Molto bravi gli attori, in particolare i due giovani protagonisti, entrambi esordienti sul grande schermo.