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martedì 4 aprile 2023

La corsa (racconto)

Scartabellando alcune vecchie mail ho trovato dei vecchi racconti che ancora non avevo pubblicato: ecco il primo di essi, chiaramente ispirato da "La lunga marcia" di Stephen King sotto lo pseudonimo Richard Bachman.
Spero possa piacervi.



Salvatore continuava a correre anche se ora il suo passo era incerto e caracollante; ormai la meta era vicina e soltanto grazie all’istinto di sopravvivenza era riuscito a proseguire, dopo che i suoi compagni erano tutti caduti, uno dopo l’altro, durante il massacrante percorso. Erano partiti circa tre settimane prima da Sitka, in Alaska e dopo un percorso di quasi 5600 km, in cui avevano attraversato pressoché un quarto degli interi Stati Uniti, ora stava per giungere, da solo, a Key West, nell’assolata Florida.
La micidiale corsa era stata organizzata dal direttore di un grande penitenziario, con il benestare del governo e del Presidente, a causa dell’enorme sovraffollamento della prigione. Al momento della gara si contavano quasi cinquantamila detenuti, contro i trentamila che la struttura poteva normalmente contenere. Le insurrezioni erano ormai all’ordine del giorno ed era sempre più difficile tenerle sotto controllo, motivo per cui il direttore aveva pensato ad un sistema per liberarsi della maggior parte dei prigionieri, in maniera “più o meno” legale. Aveva dunque organizzato questa folle corsa, assicurando immediata libertà a chiunque fosse riuscito ad arrivare sano e salvo al traguardo, ma naturalmente si era anche preoccupato che a fine gara, arrivasse meno gente possibile. I detenuti che avessero deciso di partecipare dovevano seguire un percorso obbligato, controllati costantemente da militari armati; ogni tentativo di fuga sarebbe stato punito con la fucilazione immediata. In ogni caso, a tutti i carcerati venne installato un microchip, così se anche qualcuno fosse riuscito a eludere la sorveglianza, sarebbe stato immediatamente rintracciato e giustiziato. Inoltre, come rifornimento, erano elargiti solamente mezzo litro d’acqua e una tavoletta di cioccolato al giorno; ma la cosa più devastante era che veniva concesso solamente un’ora di riposo, ogni ventiquattro di corsa. Non ci si poteva fermare, non ci si poteva ritirare, non era permesso ostacolare gli altri concorrenti, ogni trasgressione alle regole veniva punita con una tempestiva esecuzione; la sola cosa che si potesse fare era correre e resistere, fino alla fine.
Sui cinquantamila detenuti, ben quarantamila avevano deciso di partecipare alla massacrante corsa; dopo tutto la maggior parte di loro avrebbe dovuto farsi almeno trent’anni di galera, e la prospettiva di ottenere la grazia era più allettante rispetto alla consapevolezza dell’enorme fatica che li aspettava per ottenerla. Dopo il primo giorno, le guardie di scorta fucilarono circa duemila carcerati, la maggior parte dei quali perché aveva tentato di fuggire, altri perché erano crollati o si erano arresi. Il giorno seguente, a venire uccisi furono altri cinquemila detenuti e altri settemila il terzo giorno. Poi, anche a causa delle morti dovute alla fatica e alle imprudenze, i corridori cominciarono a capire che ci voleva una strategia, non era sufficiente correre e basta e per quanto possibile, dovevano spalleggiarsi e aiutarsi a vicenda. Dopo queste riflessioni, per diversi giorni, il numerò di decessi calò vertiginosamente: appena un migliaio in quattro giorni. Tuttavia questa situazione non durò molto, le rivalità e le tensioni all’interno del gruppo erano troppo forti; ognuno voleva prevalere sull’altro, così dopo due settimane dall’inizio della mega maratona (così era stata soprannominata dai media che seguivano la vicenda con macabro voyerismo), si contavano quasi trentamila morti e all’ultimo giorno di gara i sopravvissuti erano non più di cinquecento.
Salvatore stava scontando una pena di vent’anni per aver ucciso un tizio in una lite nel parcheggio di una discoteca. Lui non era tipo da invischiarsi in quel tipo di cose, ma odiava farsi mettere i piedi in testa, e quando quel ragazzo, che avrà pesato più di un quintale, aveva cominciato a provocarlo in pista da ballo, non si era tirato indietro. Sapeva che molto probabilmente avrebbe avuto la peggio, ma a lui interessava dimostrare che nessuno poteva permettersi di prendersi gioco di lui, solo perché non era grande e grosso.
Poi però le cose erano andate diversamente da come se l’era immaginate ed era bastato un pugno alla gola per far si che il ragazzo morisse soffocato. Da quel giorno erano passati già cinque anni e durante tutto quel periodo, in carcere aveva subito ogni genere di abuso, fisico, sessuale e psicologico e quando aveva deciso di farla finita gli si era presentata l’occasione della corsa, così non se l’era fatta sfuggire. Ora, all’ultimo giorno di gara, era rimasto tra i pochi sopravvissuti, ma si sentiva sempre più esausto e temeva che sarebbe crollato proprio ora che stava per raggiungere il traguardo. Quell’estenuante prova lo aveva ridotto a essere l’ombra di se stesso, come se non fosse stato già abbastanza magro; le gambe, che ormai si muovevano da sole, lo reggevano per miracolo, ed era consapevole che se si fosse fermato a riposare un’altra volta, non sarebbe più riuscito a mettersi in piedi, per cui continuò ad arrancare faticosamente nonostante non dormisse ormai da più quasi tre giorni.
Davanti a lui, un giovane asiatico si bloccò improvvisamente in mezzo al percorso e si sedette a terra; non fece nemmeno in tempo a superarlo che una guardia lo raggiunse e gli sparò alla testa. Salvatore passò oltre indifferente; qualche giorno prima probabilmente si sarebbe perlomeno chiesto chi era quel ragazzo, se lo conosceva, se durante le detenzione aveva avuto modo di parlarci o di farci amicizia, ma in questo momento, nulla di tutto ciò aveva importanza, l’unica cosa che contava era arrivare alla fine. Improvvisamente, il suo sguardo perso si fece lucido, c’era qualcosa di diverso in fondo alla strada; la gente che fino a quel punto aveva seguito la maratona, era sempre rimasta diligentemente a bordo strada, controllata dalla polizia in modo che non interferisse con la gara, ma ora sembrava che fossero tutti ammassati, lasciando solo uno stretto corridoio, attraverso il quale sarebbe dovuto passare.
Il traguardo era vicino.
Entrò in città accolto da una folla festante che lo incitava e incoraggiava, anche se lui non era del tutto consapevole. Solo quando, oltre la piazza principale vide la linea del traguardo, come mosso da un improvvisa forza misteriosa, accelerò il passo, senza però tener conto delle sue gambe esauste.
Un crampo al polpaccio destro gli fece perdere l’equilibrio, facendolo finire a terra; ma Salvatore di tutto ciò non si rese conto, non si rese conto del suo volto che picchiava contro il pavimento in porfido, non si rese conto dell’arrivo delle guardie e non si rese conto di quell’ultimo colpo di fucile. La sola cosa che Salvatore sapeva, era che ce l’aveva fatta, aveva passato il traguardo, aveva vinto e ora era finalmente libero.

martedì 1 settembre 2020

Notte Horror 2020 - Unico indizio la luna piena (1985)

Come ogni estate, da sette anni a questa parte, il solito manipolo di blogger si riunisce per ricordare Zio Tibia e le Notti Horror che ci hanno spaventato e tenuto compagnia quando eravamo ragazzini. 
E per questa mia quinta partecipazione ho deciso di parlare del film "Unico indizio la luna piena"; recensione che chiuderà la lunga rassegna iniziata il 7 luglio (alla fine dell'articolo troverete il bannerone con le indicazioni per recuperare le altre recensioni).


Gli anni 80 furono un decennio fortunato per i licantropi cinematografici; infatti dopo i bellissimi "L'ululato" di Joe Dante e "Un lupo mannaro americano a Londra" di John Landis e il buon "In compagnia dei lupi" di Neil Jordan, nel 1985 esce nelle sale americane (in Italia arrivò nel marzo 1986) "Unico indizio la luna piena", film basato su un romanzo breve di Stephen King.



Siamo a Tarker's Mills, nel Maine, quando, nella primavera del 1976, inizia una serie di brutali omicidi  che sconvolge la piccola comunità.
Il primo assassinio viene scambiato per un casuale incidente, ma dato che le morti continuano, gli abitanti della cittadina, convinti che la polizia sia quanto meno impotente, se non addirittura incapace di catturare l'efferato killer, si organizzano per trovarlo da soli.
L'unico a intuire che il mostro possa essere un essere soprannaturale è il giovane Marty Coslaw (Corey Haim), costretto su una sedia a rotelle. Una sera, il ragazzino, esce di casa, violando il coprifuoco imposto dallo sceriffo, con la sua nuova sedia motorizzata, chiamata "Silver Bullet" (da qui il titolo originale del film), regalata dall'amato zio Red (Gary Busey), per far esplodere alcuni fuochi artificiali, (altro dono dello zio) dato che lo spettacolo pirotecnico è stato annullato a causa degli omicidi.



E' proprio in quest'occasione che Marty si troverà faccia a faccia con il lupo mannaro che cercherà di ucciderlo. Fortunatamente egli riuscirà a sfuggirgli e a ferirlo ad un'occhio con uno dei razzi artificiali.
Naturalmente nessuno crede alle parole di Marty, tranne la sorella maggiore, Jane, che ha con il fratello un rapporto di amore/odio, poiché costui è più "coccolato" per la sua disabilità e per la giovane età.
Jane comincerà così a girare per la città in cerca di un uomo con un occhio ferito, ma quando arrivata quasi alla fine della sua ricerca, ancora  non ha trovato nessuno con qualche tipo di menomazione oculare, penserà all'ennesimo scherzo di Marty. Tuttavia è proprio nell'ultima persona a cui fa visita che troverà il mostro sotto sembianze umane, ovvero il reverendo Lowe.


I due ragazzi sanno che non saranno mai creduti per cui decidono di mandare alcune lettere anonime a Lowe, consigliandogli di suicidarsi, data la sua natura demoniaca.
Il reverendo non ci mette molto a capire chi sono i mandanti di quelle lettere e si metterà sulle loro tracce dando loro la caccia.
Solo questo punto, Marty e la sorella si confideranno con lo zio Red, che inizialmente, come tutti gli altri, non crederà alle loro parole, ma data la loro insistenza accetterà di recarsi dalla polizia per far controllare il reverendo. 


Quando anche lo sceriffo scomparirà, all'uomo non rimane che credere alle parole del nipote e gli procurerà una pallottola d'argento. Alla successiva notte di luna piena, con i genitori di Marty fuori di casa, il ragazzino, assieme alla sorella e allo zio, attenderanno l'arrivo del lupo, che infatti farà irruzione nell'abitazione per uccidere tutti. Sarà proprio Marty, che grazie alla sua pallottola d'argento, ucciderà il mostro, liberando la città dal terribile incubo.


Alla sua uscita, la critica specializzata, sia la critica specializzata che il pubblico si sono suddivisi abbastanza equamente sull'opera prima di Daniel Attias
Per quanto mi riguarda lo giudico un buon film, che ha certamente molti difetti, ma che mi diverte e appassiona ogni volta che lo vedo.
Bisogna dire che la pellicola ha avuto una produzione travagliata e non semplice:
come già detto, la pellicola è tratta da un romanzo breve di Stephen King, che inizialmente avrebbe dovuto uscire sotto forma di calendario, con un capitolo e un'illustrazione per ogni mese dell'anno, tuttavia questo limite stava stretto all'autore di Bangor, il quale decise di allungare la trama e di farne, appunto, un racconto lungo. 
L'editore che aveva proposto il progetto a King ne fu entusiasta e nel 1983 uscì in edizione limitata "Cyrcle of werewolf" con illustrazioni di Berni Wrightson.



Qualche tempo dopo, Dino De Laurentis acquisì i diritti dell'opera e contatto King per scriverne la sceneggiatura e Don Coscarelli ("Fantasmi", "Kaan principe guerriero"...) per dirigere il film. Tuttavia a seguito di alcuni problemi di lavorazione la regia passò nelle mani dell'esordiente Attias.
Altre problematiche furono quelle relative alla realizzazione della creatura, affidata a Carlo Rambaldi, che non soddisfò per nulla (non a torto) De Laurentis.
Alla fine però il film venne realizzato e uscì nelle sale americane l'ottobre del 1985, solo sei mesi dopo l'uscita regolare del romanzo.

Una delle critiche più ricorrenti al film è che i personaggi sono poco sfaccettati e mal curati, ma se si considera che anche nel romanzo, lo stesso King non ha potuto sviluppare molto i suoi protagonisti, data la natura dell'opera, direi che questi non sono riusciti per niente male, anzi nella loro semplicità risultano comunque "vivi" e credibili. Inoltre in quest'opera si possono riconoscere molti personaggi "tipo" del maestro del brivido, seppure in parte diversi tra romanzo e film; troviamo infatti la donna goffa e bruttina, il padre ubriacone e violento, gli adulti, quasi tutti assenti e che non capiscono i figli, il ragazzino protagonista che riesce ad affrontare e vincere le forze del male e così via.

Inoltre Attias riesce a conferire una buona tensione a tutto il film. con degli omicidi ben confezionati (soprattutto i primi due) e alcuni momenti davvero inquietanti, che assieme ad un ritmo rapido e conciso rendono il film perfettamente godibile.


Vera pecca del film è invece proprio la realizzazione del mostro, che seppure nelle abili mani di Rambaldi, è decisamente non riuscito; infatti più che un lupo, la creatura sembra un brutto orsacchiotto.
Fortunatamente questa, a parte il finale, si vede di rado e rapidamente e in queste occasioni si salva grazie a degli omicidi ben realizzati.

Bravi anche tutti i protagonisti e in particolare il simpatico Gary Busey ("Un mercoledì da leoni", "Arma Letale", "Point Break"...) e il giovane e sfortunato Corey Haim, deceduto a causa di abusi di alcol e droghe, che negli anni 80 divenne celebre per aver partecipato a diverse commedie per ragazzi ("Lucas", "Ragazzi perduti"...) e per aver fatto spesso coppia con il coetaneo Corey Feldman, tanto che vennero conosciuti come "i due Corey".

"Unico indizio la luna piena" è, in conclusione, una buona opera d'intrattenimento, tipica dei prodotti degli anni 80, che pur con i suoi difetti riesce a divertire ed appassionare ancora oggi.

Se ancora non lo avete fatto e voleste leggere anche tutte le altre recensioni dell'iniziativa, qui di seguito troverete il calendario per recuperare i link alle pagine.


21 luglio 2020, ore 23: La fabbrica dei sogni (Hemogoblin)
28 luglio 2020, ore 23: Director's cult (Tutti i colori del buio)
4 agosto 2020, ore 23: Il Bollalmanacco di cinema (Demoni 2)
18 agosto 2020, ore 23: In Central Perk (La notte dei morti viventi)
25 agosto 2020, ore 21: Pensieri cannibali (Generazione perfetta)
25 agosto 2020, ore 23: Not Just Movie (Brivido)
1 settembre 2020, ore 21: Redrumia (Dovevi essere morta)
1 settembre 2020, ore 23: La stanza di Gordie (Unico indizio la luna piena)

mercoledì 31 ottobre 2018

Hallowgeek 2018: Quantum Leap - In viaggio nel tempo

Con gli amici della Geek League, per festeggiare Halloween, quest'anno abbiamo deciso di parlare di quegli episodi delle serie tv, riferiti proprio a tele festività.
Io ho deciso di parlare del quinto episodio della terza stagione de "Quantum Leap - In viaggio nel tempo" intitolato "La casa stregata" (The Boogieman in originale)



Prima però, per quelli che non lo conoscono, va fatta una breve sinossi sulla trama del telefilm. ideato e prodotto da Donald P. Bellisario:

Il professor Sam Beckett, inventore del progetto Quantum Leap, che rende possibile il viaggio nel tempo, preoccupato perché il taglio dei finanziamenti, decide di sperimentare egli stesso la macchina del tempo. Si ritrova così nel passato, ma in un corpo che non è il suo. Presto capisce che per poter fare un nuovo salto temporale, deve aiutare la persona della quale ha preso il posto (che nel frattempo si trova in una "sala d'attesa" nel futuro) a risolvere una situazione difficile. Sam continua così a saltare attraverso il tempo, senza un apparente motivo, che si scoprirà solo nell'episodio finale, sperando ogni volta di tornare al suo tempo. Ad aiutarlo nel suo viaggio, c'è Al Calavicci, un osservatore dell'esperimento, che attraverso un continuo contatto celebrale è visibile da Sam grazie ad una proiezione olografica.



Nell'episodio in questione Sam, si ritrova il 31 ottobre 1964, nei panni di Joshua Ray, uno scrittore horror di terz'ordine che assieme alla sua compagna ed assistente Mary Greely, sta organizzando una casa stregata, per festeggiare Halloween a Coventry, cittadina del Maine.
Poco dopo essere arrivato, Sam viene spaventato da Mary e dal giovane Stevie, un vicino di casa e cadendo batte la testa. Una volta ripresosi Sam, studia la situazione per capire il motivo per cui si trova lì.
Mentre sta parlando con Tully, un anziano che sta fissando le imposte delle finestre, questi muore cadendo dalla scala sulla quale sta lavorando.
Sam è sicuro che a far perdere l'equilibrio alla scala sia stata una capra, ma nessuno pare credergli, né Mary, né lo sceriffo Ben Masters, né il suo amico Al.
A questo punto, non essendo lì per salvare la vita a Tully, Sam chiede ad Al di scoprire quale sia il motivo per cui si trova in quel posto.



Nel frattempo continuano le preparazione per la festa di Halloween, ma anche l'anziano Dorothy, muore in casa di Joshua, morsa da un Mamba Nero.
Inoltre, ad ogni morte, un foglio con la descrizione dell'omicidio, compare nella macchina per scrivere di Joshua.
Preoccupato Sam comincia a sospettare di Mary, che sentendosi accusata ha un'attacco epilettico, durante il quale riesce a scaraventare un teschio dall'altra parte della stanza usando la telecinesi.
Una volta accompagnata in ospedale Mary, Sam continua nelle sue indagini e scopre che tutti i morti e anche la stessa Mary fanno parte dei diaconi della Chiesa Presbiteriana.
Al insiste che la colpevole sia proprio la donna, ma su insistenza di Sam, scopre che in realtà essa stessa è in pericolo di vita e che è quella la ragione per la quale egli si trovi in quel posto.
Chiamando l'ospedale, Sam viene a sapere che lo sceriffo è andato a prendere la sua fidanza e preoccupato corre verso casa. Per strada trova lo sceriffo morto all'interno della sua auto rendendo tutto ancora più oscuro e misterioso.



Ancora una volta gli compare di fronte la capra e per evitarla rischia di inestire Stevie, travestito da spaventapasseri, riuscendo però a evitarlo. Nel raccontargli cosa stia succedendo, Sam gli dice che l'auto sembrava guidarsi da sola come "Christine".
Arrivato a casa Sam vi trova Mary e lo sceriffo Ben, ma quando lo prende per un braccio, questi prende le sembianze del suo amico Al. Sam si rende conto solo in quel momento che questi non ha mai usato il portale per andare e venire dal futuro, ne il palmare per mantenersi in contatto con il computer e capisce che dunque non è chi sembra; infatti il vero Al compare in quel momento, spaventato dalla situazione.
Nel conflitto finale, il finto Al gli rivela essere il demonio e di essere lì per impedirgli di continuare a viaggiare nel tempo a salvare vite. Nella lotta con la sua nemesi, Sam cade a terra e si risveglia nuovamente all'inizio dell'episodio, accanto a Mary e Stevie e capendo che il suo è stato tutto un sogno. Un attimo dopo si ricorda di Tully e corre a salvarlo dalla caduta, essendo quella la sua effettiva missione.



Sam racconta il suo sogno a Mary e Stevie, parlando anche dei poteri telecinetici della sua fidanzata. In quel momento arriva la madre di Stevie, che Mary chiama "Signora King", assieme al loro cane che Stevie saluta chiamandolo Cujo. Un attimo prima di fare il nuovo salto temporale, Sam capisce di aver incontrato il giovane Stephen King e di avergli suggerito, involontariamente, le trame di alcuni dei suoi futuri romanzi.




Qui di seguito gli altri partecipanti alla notte più paurosa dell'anno:

Storie da birreria
La Nicchia di Kiral
La Bara Volante
Cent'anni di Nerditudine
Stories
La cupa voliera del Conte Gracula
Moz O'Clock
Pietro Saba World
Non c'è paragone
Orso Chiacchierone
Reign of Ema
Il Cumbrugliume

venerdì 21 settembre 2018

Stephen King's Day - Cujo (1983)



Nel giorno del settantunesimo compleanno del Re del brivido, alcuni amici blogger hanno deciso di riunirsi per omaggiare il prolifico scrittore, recensendo film tratti da alcune delle sue opere.
Per quanto mi riguarda ho deciso di rispolverare un vecchio film, forse non tra i più riusciti, come possono essere Shining, Misery o Stand by me (di cui però ho già abbondantemente parlato in occasione del trentennale del film), ma che tutto sommato risulta essere discretamente realizzato, con una buona regia e una buona prova dei protagonisti; sto parlando di Cujo del 1983 per la regia di Lewis Teague.



Cujo è un pacifico San Bernardo di proprietà di Brett Camber, figlio di Joe Camber. meccanico di Castle Rock. Un giorno, mentre sta inseguendo un coniglio selvatico, il cane infila la testa in buco nel terreno infestato da centinaia di pipistrelli e venendo morso da uno di questi. Lentamente il cane comincia a mostrare tutti i sintomi della rabbia, fino a diventare un feroce e aggressivo mostro.
Ormai fuori di sé, Cujo prima attacca e uccide Joe e il suo vicino, poi quando Donna Trenton e il suo figlioletto Tad, portano l'auto all'officina e questa rimane in panne, tiene in ostaggio la donna e il bambino impedendo loro di fuggire e tentanto ripetuti attacchi ai finestrini, tentando di entrare nell'automobile.



Lewis Teague (Alligator, L'occhio del gatto) dirige con mano ferma, un buon thriller/horror, che seppure si distacchi non poco dal romanzo originale, in particolare per il finale (qui si è optato per un classico happy end, a differenza del romanzo che termina in maniera decisamente cattiva), funziona molto bene, riuscendo a creare una buona tensione, considerando anche il non facile soggetto.
Dirigere un horror, con un ambientazione limitata, come quella che vivono Donna e suo figlio e tutto alla luce del sole non è cosa facile, ma Teague ci riesce bene e anzi, è proprio questa la parte migliore del film, in cui è invece un po' sacrificata la parte drammatica del contesto famigliare.



Infatti nel film non ci vengono spiegati i motivi per cui Donna decida di tradire il marito ed è poco chiaro il fatto che gli incubi di Tad, siano dovuti, appunto, alla difficile condizione famigliare. Così come viene fatto solo intuire che anche la situazione dei Camber sia complicata, con un padre-padrone, ubriacone e violento e una moglie e un figlio da una parte succubi, dall'altra ammiratori dell'uomo (in particolare Brett prova una serie di sentimenti contrastanti nei confronti del padre).
Al regista interessavano poco questi aspetti e ha preferito concentrarsi su Cujo, sulla sua lenta trasformazione e sulla sua ferocia che esplode incontrollata nella seconda parte della pellicola.
Ottimo il lavoro degli addestratori, che oltre ad alcuni San Bernardo, hanno usato un Rotwailler, appositamente truccato, per le scene più sanguinose, mentre per le scene di lotta hanno mascherato un ragazzino e poi ripreso da dietro.



Molto buone le prove attoriali, in particolare quella di Dee Wallace (E.T. L'extraterrestre, L'ululato, Critters...), nel ruolo di Donna, che ha messo in risalto sia le sue doti drammatiche, che quelle più propriamente fisiche. Bene anche il piccolo Danny Pintauro (forse i meno giovani lo ricordano nel telefilm Casalingo superpiù), credibile anche nelle scene più intense, tanto che pare che nella sequenza in cui sta per soffocare nell'auto abbia realmente morso Dee Wallace, le cui urla di dolore sarebbero dunque ancora più sincere.
Non lascia invece il segno Daniel Hugh Kelly, che interpreta Vic Trenton, noto soprattutto per il suo ruolo di McCormick nella serie tv Hardcastle e McCormick.



Un film, dunque, imperfetto, soprattutto se confrontato con il romanzo (uno dei più sottovalutati di King), ma che sa intrattenere e trasmettere inquietudine e che merita la sufficienza piena e se avesse avuto il coraggio di mantenere il finale originale, avrebbe guadagnato anche qualcosa di più.

Non dimenticate di seguire anche le altre recensioni:

Brivido su Bollalmanacco di cinema
The Mist su White Russian
Cimitero vivente su Non c'è paragone
1922 su La collezionista di biglietti
Il miglio verde su Stories


giovedì 21 settembre 2017

I 70 anni del Re: Auguri Zio Steve!

"L'essere che, sotto il letto, aspetta di afferrarmi la caviglia non è reale. Lo so. E so anche che se sto bene attento a tenere i piedi sotto le coperte, non riuscirà mai ad afferrarmi la caviglia." (da A volte ritornano)



Quello che è, forse, il mio film preferito, "Stand by me - Ricordo di un estate" è stato anche il mio primo incontro con Stephen King. In realtà la prima volta che ho visto il film, nemmeno sapevo che fosse Stephen King, cosa che scoprii solo qualche anno più tardi; nel frattempo avevo visto almeno un'altro paio di film tratti da sue opere: "L'implacabile" e "Brivido".
Il primo un fanta-action con Arnold Schwarzenegger, che poco ha a che vedere con il romanzo da cui è tratto, ma che mi divertiva molto. Tra l'altro, anche dopo essere divenuto un fan di King, per molto tempo ho ignorato che l'opera alla base del film fosse sua.
Il secondo è un filmaccio firmato dallo stesso King, ma che nonostante la bassa qualità mi piaceva e continua a piacermi un sacco.



E' stato però verso la fine della terza media che mi sono avvicinato per la prima volta ad un libro del Re; ero a casa di mio cugino e stavo curiosando tra i suoi libri quando fui attirato da un titolo: "Le notti di Salem", lo aprii e cominciai a sfogliarlo a caso. Rimasi colpito dal linguaggio moderno e dal disegno dei personaggi, soprattutto quelli più giovani, miei coetanei, così simili a quelli che eravamo i miei amici ed io, senza però l'elemento fantastico.
A quel tempo stavo leggendo qualche giallo di Agatha Christie e avevo provato ad addentrarmi nel fantasy, ma ormai il seme era stato piantato e mi ripromisi di cominciare a leggere qualcosa di King il prima possibile.



Non dovetti aspettare molto, infatti poco dopo, non ricordo se per il mio compleanno o per Natale, mi regalarono "L'ombra dello scorpione" in versione integrale. Anche in questo caso rimasi affascinato dal quello stile di scrittura, così attuale eppure non banale. Mi affezionai ai vari personaggi, tanto da arrivare a piangere (o quasi) per la morte di Nick Andros.



Qualche settimana dopo aver finito il tomo, andai in libreria con i miei genitori e tra le novità, ben esposto in modo da non passare inosservato c'era la nuova fatica del Re: "Cose Preziose", ma nonostante sia un'opera che ho amato molto, in quell'occasione fui attratto da un'altro volume, per cui decisi di rimandare la lettura de "l'ultima storia di Castlerock" e uscii dalla libreria felice tenendo in mano quello che è stato uno dei libri più belli e importanti, dal punto di vista personale, che abbia mai letto. Quella sera stessa iniziai a leggere "Stagioni diverse".



Da allora ho iniziato a leggere ogni cosa che lo Zio Steve pubblicava e nel frattempo cercavo di recuperare le sue prime opere, così durante la mia ricerca dei suoi libri, mi imbattei in un titolo "mitologico", un 'opera introvabile, ormai fuori catalogo da tempo e che ancora non è stato ripubblicata. Sto parlando di quel misterioso "Unico indizio la luna piena", che molta gente sta tutt'ora cercando e che per acquistarlo sono disposti a spendere anche centinaia di euro.
Come spesso capitava quando ero più pischello, il sabato si andava con gli amici in centro a Padova e una delle nostre tappe fisse era una fumetteria non lontana dalla stazione. Avendo anche vecchi gialli, fantasy e volumi della collana Urania, provai a chiedere anche a loro se per caso l'agognato romanzo. La risposta fu negativa, ma promisero di provare a cercarlo attraverso i loro fornitori, così ogni qual volta che mi ritrovavo a passare per quella fumetteria, entravo anche solo per sapere se ci fosse qualche novità. La cosa andò avanti per qualche anno e quando ormai mi ero arreso all'eventualità di aspettare una nuova edizione, un sabato qualunque mentre stavo facendo la spesa di Dylan Dog, la titolare mi chiamò dicendo che aveva qualcosa per me e tirò fuori il mio tesoro...Ero entusiasta e gli occhi mi si erano illuminati come Las Vegas a Natale.
Poi però pensai a quanto avrei dovuto spendere per avere un libro che aveva richiesto così tanto tempo e fatica per essere trovato, invece fui nuovamente sorpreso perché mi chiesero appena cinque euro; credo che ancora si ricordino del mio sorriso quando uscii dal negozio.



Sono passati più di trent'anni dal mio primo King e da allora altro e, a parte pochi casi, ogni volta è stato sempre un immedesimarmi con in personaggi, vivere le loro avventure, sentire le loro paure, emozionarmi per le loro vittorie...Ho visto strappare il braccio dal corpo del piccolo George Debrough e sono sceso con i "Perdenti" nelle fogne di Derry alla ricerca di un clown assassino, ho stretto la mano a Johnny Smith, sono fuggito alla vista di un San Bernardo idrofobo, ho pianto sulla tomba di Gage Creed, ho corso a perdifiato accanto a Ray Garraty, mi sono nascosto nei corridoi dell'Overlook hotel...
Insomma Stephen King è stato e continua a essere un fantastico compagno di viaggio e devo ringraziare lui se mi sono appassionato anche alla scrittura.

Avrei potuto scrivere un lungo papiro, esaminando tutte le sue opere e magari confrontarle con le relative versioni cinematografiche; avrei potuto riproporre la sua biografia, magari aggiungendo qualche chicca che solo i fan più accaniti conoscono, oppure avrei potuto cercare di scrivere un breve saggio sociologico su King e la paura, ma alla fine ho pensato che la cosa migliore, per fargli gli auguri fosse scrivere qualcosa di più personale, qualcosa per cui si capisca il legame che ho con lui.
Tanti auguri Zio Steve, magari ci si vede in giro per il Maine se prima o poi riuscirò a farci una vacanza!

lunedì 4 settembre 2017

Brividi d'asfalto

La strada, si sa, è un luogo che può essere molto pericoloso e quella che porta al cinema lo è ancora di più. Infatti lungo queste lingue d'asfalto rischi di dover affrontare automobili indemoniate, sadici camionisti o pazzi killer autostoppisti...Ecco dunque sette film che ricordano quanto sia potenzialmente letale uscire per strada:

Duel (1971): David Mann, un rappresentante in viaggio d'affari con la sua automobile, durante il tragitto supera una vecchia e arrugginita autocisterna. Poco dopo, il camionista lo supera a sua volta, salvo poi rallentare di nuovo e quando David lo sorpassa nuovamente questi lo prende come una sfida personale e inizia un gioco del gatto col topo con il povero David.
Questo è uno di quei film che io definisco da "scuola di cinema". Sorretto dalla solida sceneggiatura di Richard Matheson (il film è tratto da un suo racconto), la pellicola è un crescendo di tensione con pochi, se non nessun calo di ritmo.
Inizialmente prodotto per la tv, ha avuto un tale successo che Spielberg fu costretto ad allungarne la durata per poterlo trasmettere nei cinema di tutto il mondo.



La macchina nera (1977): Un paesino del Nuovo Messico è terrorizzato da un'automobile nera che in pochi giorni uccide diverse persone. Ben presto si scoprirà che l'auto non è altro che l'incarnazione del demonio. Elliot Silverstein dirige un buon thriller, ispirandosi in parte a Duel di Steven Spielberg, convincente soprattutto dal punto di vista tecnico (memorabile l'inizio del film con la vista in soggettiva dall'interno dell'automobile). Non del tutto soddisfacente, invece, la sceneggiatura che non sempre riesce a alta la suspense. Infine va ricordata la presenza dell'attore James Brolin, padre del noto Josh Brolin (I Goonies, Non è un paese per vecchi, Milk...)



Christine - La macchina infernale (1983): Arnie Cunningham è il classico ragazzo imbranato, vittima degli scherzi dei bulli della scuola. Un giorno, mentre sta tornando a casa assieme all'amico Dennis, nel giardino di un anziano contadino, il ragazzo vede una vecchia e malridotta Plymouth Fury. Nonostante le pessime condizioni del veicolo e l'opinione contraria dell'amico, Arnie decide di acquistare il veicolo. Quello che però non sa è che l'auto è posseduta da un'entità malefica che si nutre dell'amore che il proprietario prova per se stessa, portandolo così ad autodistruggersi.
John Carpenter dirige un film low budget, ma come sempre con la classe che lo ha sempre contraddistinto, anche quando ha girato, di malavoglia, film su commissione.
Il regista si è preso diverse libertà rispetto al romanzo di Stephen King su cui si basa la pellicola, ma il prodotto è comunque efficace e ricco di suspense, grazie anche a degli ottimi effetti speciali e alle musiche firmate dalla stesso Carpenter.



Brivido (1986): La congiunzione di una misteriosa cometa con terra provoca la ribellione di tutte le macchine contro gli uomini. Un piccolo gruppo di sopravvissuti si ritrova prigioniero in una stazione di servizio, tenuti sotto scacco da diversi TIR, tra cui uno con un'enorme maschera da goblin sul radiatore. Dopo un'estenuante lotta con il nemico, i pochi rimasti vivi, troveranno la salvezza attraverso le fognature, in attesa che passi l'effetto della cometa.
Primo e per ora unico (fortunatamente) film da regista di Stephen King, che qui adatta per il grande schermo, uno suo racconto dal titolo Camion, tratto dalla raccolta di racconti A volte ritornano. 
Il film, visto con occhi da critico, è piuttosto debole e poco convincente, eppure è riuscito a diventare un cult assoluto e a cui io sono particolarmente affezionato, forse proprio per l'assurdità di alcune scene, per i personaggi sopra le righe o per la "cattiveria" di alcune sequenze.
E poi ci sono le magnifiche musiche degli AC/DC e questo è sufficiente ad elevare il film allo status di "mitico!"



The Hitcher - La lunga strada della paura (1986): Jim Halsey, un giovane che da Chicago sta portando un'auto a San Diego per consegnarla al proprietario, dopo aver rischiato un incidente, per un colpo di sonno, decide di dare un passaggio ad un autostoppista, sperando così di restare sveglio. Tuttavia, l'uomo che dice di chiamarsi John Ryder gli confessa di essere un killer e gli mostra un coltello insanguinato. Terrorizzato, Jim riesce in qualche modo a liberarsi del pericoloso compagno di viaggio, ma questi comparirà più volte sulla sua strada, sempre intenzionato a ucciderlo.
Film eccezionale, che tiene lo spettatore continuamente in tensione e che seppure le scene più cruente rimangano nascoste, non disdegna momenti decisamente "cattivi".
Eric Red, (che ha scritto anche film per Kathryn Bigelow, tra cui lo splendido Il buio si avvicina)lo sceneggiatore, ha detto di essersi ispirato alla canzone Riders on the storm dei Doors, canzone a sua volta ispirata alle gesta del serial killer Billy Cook.
Rutger Hauer è semplicemente perfetto nel ruolo del pazzo assassino, qui forse in uno dei suoi ruoli migliori.
Il film ha avuto un inutile sequel e un ancora più inutile remake (consiglio di mantenersi a debita distanza).



Le strade della paura (1989): Travis è un bambino di nove anni che ha assistito ad un omicidio di mafia e per questo vive sotto protezione in un luogo segreto in Oklahoma. Tuttavia due killer scoprono dove questi si nasconde e dopo aver ucciso gli agenti dell'FBI che dovrebbero proteggerlo e i suoi genitori, rapiscono il ragazzino per portarlo dai loro capi che vogliono interrogarlo. Quando però, durante il viaggio, Travis si accorge che i due uomini, diversissimi di carattere, a fatica si sopportano, cercherà in tutti i modi di metterli l'uno contro l'altro.
Eric Red, ancora una volta, scrive (e qui anche dirige) un thriller tesissimo, un film che non lascia respiro e tiene inchiodati alla poltrona, cosa che acquista maggior valore, considerando che la pellicola è quasi interamente ambientata all'interno dell'auto dei due killer.
Ottimi tutti gli interpreti, dal sempre bravissimo Roy Scheider al monolitico Adam Baldwin, passando per il giovanissimo Harley Cross.



Dead End - Quella strada nel bosco (2003): Frank Harrington, come ogni anno, sta portando la sua famiglia a festeggiare il Natale a casa dei suoceri, tuttavia quest'anno decide di prendere una deviazione che lo porterà ad attraversare un oscuro bosco di cui non si vede la fine. Quando sulla loro strada appariranno una misteriosa donna in bianco e un inquietante auto nera senza conducente, uno alla volta i famigliari andranno in contro ad un'orrenda fine.
Tra i film che ho scelto per questa lista è forse il meno riuscito complessivamente, ma anche il più interessante come idea. Nonostante qualche caduta nei tempi. la pellicola riesce a trasmettere buona tensione soprattutto quando appare la paurosa automobile nera.
Gli attori se la cavano, su tutti ricordiamo Ray Wise, noto soprattutto per il ruolo di Leland Palmer in Twin Peaks. Interessante il finale.


martedì 29 novembre 2016

Ma che cucciolo carino...

L'idea è quella di presentare, con scadenza più o meno regolare, una lista di film riguardanti una determinata tematica (film con ambientazione scolastica, film sui vampiri, film "on the road" e così via..). Queste liste non saranno delle classifiche, ma semplicemente un elenco di alcuni film, con una breve recensione che, personalmente, ritengo interessanti o degni di menzione (non necessariamente in positivo). Prendetele come dei consigli sulle molteplici tematiche che il cinema può può offrire.
E il primo argomento affrontato è quello degli animali assassini

1. Gli uccelli: Capolavoro di Alfred Hitchock che non ha bisogno di presentazioni. Girato nel 1963 è forse il primo, o per lo meno uno dei primissimi film, in cui l'uomo deve affrontare la furia degli animali. La vicenda narra di Melanie che arriva a  Bodega Bay per regalare una coppia di pappagallini a Mitch, giovane avvocato conosciuto qualche tempo prima, e che vive qui con la madre e la sorellina. Durante la traversata, la donna viene ferita da un gabbiano, ma quello che inizialmente sembra un semplice incidente, poi si rivelerà un vero e proprio incubo, quando diverse centinaia di uccelli, di diverse razze. si ribelleranno contro l'uomo. Una delle cose geniali del film è che non viene mai spiegato il motivo di questa follia omicida. Indimenticabile il finale.

Gl uccelli (1963)


2. Lo squalo: Con questo film, Spielgberg ha fatto nascere in decine di migliaia di persone, la fobia per le spiagge e per l'acqua. Inoltre, dopo il successo planetario di questa pellicola, moltissimi altri registi si sono dilettati, con risultati non sempre all'altezza, in film su animali affamati di carne umana. La storia è quella di uno squalo bianco che infesta le acque di Amity e che si ciba di incauti bagnanti. Uno sceriffo preoccupato vorrebbe chiudere le spiagge, ma il sindaco, che invece pensa all'economia della piccola isola, si rifiuta di ascoltarlo; l'uomo, assieme ad un oceanologo e ad un cacciatore di squali, si mette sulle tracce dell'orribile bestia. Il film è un crescere continuo di pathos e tesìnsione, e che nonostante abbia più di quarant'anni, mantiene sempre il suo fascino.

Lo squalo (1975)


3. Piranha: Di questa pellicola ne ho già parlato lungamente qui. Joe Dante riesce a riprendere il plot de "Lo squalo", inserirci un bel po' di ironia e disseminarlo di critica sociale, ricavandone un gran bel prodotto. Certamente non è il capolavoro che può essere il film di Spielberg, ma è comunque un'ottimo film: Paul e Maggie, inavvertitamente liberano nel corso di un fiume, dei feroci pesci assetati di sangue,geneticamente modificati da uno scienziato. Inizia così una terribile carneficina.

Piranha (1978)


4. Swarm - Lo sciame che uccide: Uno sciame di api assassine brasiliane, prima assalta una guarnigione militare nel Texas, sterminando tutti, poi si dirige verso il cuore degli Stati Uniti. La Casa Bianca affida il compito di neutralizzarlo ad un celebre entomologo, ma mentre la soluzione tarda ad arrivare, le api continuano a mietere vittime e i militari tentano con rimedi peggiori del male.
Fanta-horror di serie B, non ha avuto gran successo né di critica, né di pubblico, nonostante un cast eccezionale tra cui si ricordano Michael Cane, Richard Chamberlain, Katherine Ross, Henry Fonda e moltissimi altri...Quando lo vidi da ragazzino, alcune scene mi turbarono e anche se ora non fa più quell'effetto lo ritengo un discreto film catastrofico.

Swarm - Lo sciame che uccide (1978)


5. Grizzly, l'orso che uccide: Altro film sulla scia de "Lo squalo", questa volta con protagonista un feroce orso grizzly. Questa pellicola non è certo memorabile, ma alcune delle morti sono veramente truculente e non risparmia qualche colpo duro. Per il resto si sono visti plantigradi ben più realistici (nelle scene di attacco, perché l'orso era vero, ma per gli attacchi dello stesso sono stati usati dozzinali trucchi) in film come Backcountry o in Revenant con Di Caprio.

Grizzly, l'orso che uccide (1976)


6. Alligator: Il film prende spunto da una leggenda metropolitana in cui si racconta di enormi alligatori che vivono nelle fogne delle metropoli americane, dopo che, ancora cuccioli, vi sono stati gettati, attraverso lo scarico del wc dagli incauti proprietari. In questo caso, il rettile esce dal sottosuolo e si aggira per le strade di Chicago facendo una strage. Il film, purtroppo, non è invecchiato troppo bene, soprattutto a causa di effetti speciali piuttosto datati, ma la storia funziona bene e l'idea di partenza è buona.

Alligator (1980)


7. Cujo: Quando il migliore amico dell'uomo può diventare il suo peggiore incubo...Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King e racconta di un pacifico San Bernardo che in seguito al morso di un pipistrello contrae la rabbia diventando aggressivo e cattivo. Dopo aver ucciso alcune persone, il cane tiene in ostaggio, all'interno della loro auto, una donna e il suo bambino...
La pellicola, pur distanziandosi dal libro in alcune sue parti e in particolare nel finale, riesce a trasmettere tensione, grazie al buon lavoro fatto con il San Bernardo e ad un pugno di buoni attori. Il regista è lo stesso di Alligator 


Cujo (1983)


8. Denti assassini: Sequel de "Il cibo degli dei", a sua volta tratto da un romanzo di H.G. Wells, racconta di alcuni topi che in seguito ad un esperimento scientifico hanno subito un incredibile processo di ingigantimento. Un gruppo di studenti che lottano contro la vivisezione, per errore libera gli enormi ratti, che ben presto andranno in cerca di cibo in città.
In realtà questo lo ricordo come un film bruttino, con effetti speciali dozzinali e piuttosto noioso, ma vedo che in giro ha i suoi estimatori, per cui ho pensato di inserirlo in questa lista.

Denti assassini (1989)


9. Monkey Shines - Esperimento nel terrore: Romero abbandona per un po' il genere zombie-movie e racconta la storia di Allan, che in seguito ad un incidente, si ritrova tetraplegico su una sedia a rotelle. Un giorno un amico gli regala una piccola scimmia cappuccino che aiuta il giovane nei piccoli problemi quotidiani. Ben presto tra Allan e il piccolo animale si crea un forte legame simbiotico, tanto che questi, non obbedirà soltanto agli ordini che gli vengono impartiti, ma anche quei desideri più malsani e profondi che l'uomo comincia a provare a causa della frustrazione dettagli dal suo status di invalidità. Suspense, tensione e qualche momento raccapricciante rendono questo film un cult assoluto.

Monkey Shines - Esperimento nel terrore (1988)


10. Black Sheep - Pecore assassine:  A dire il vero questo film ancora mi manca, ma una pellicola così assurda non poteva non far parte di questo breve catalogo. Come facilmente si può intuire dal titolo, si parla di un gruppo di pecore, che divenute carnivore in seguito ad un esperimento scientifico andato male, mietono terrore e vittime in una fattoria della Nuova Zelanda.

Black Sheep - Pecore assassine (2006)

Da questa lista ho volutamente lasciato fuori dinosauri, zoomorfismo e mostri di altro genere di cui parlerò in altre occasioni. E quali sono i film animaleschi che a voi sono piaciuti di più?


lunedì 8 agosto 2016

Stand by me - Ricordo di un'estate (1986)

Ed ecco, come dicevo quando iniziavo a scrivere questo blog, "La stanza di Gordie" ha origine da qui, da questo meraviglioso racconto di Stephen King e in seguito dal film che ha ispirato.
Era l'8 agosto 1986 quando usciva per la prima volta negli Stati Uniti, in anteprima nazionale (la data ufficiale è quella del 22 agosto), uno dei più bei film sul passaggio dall'infanzia all'adolescenza, un film, che grazie ai quattro giovani interpreti e ad una storia intensa e profonda, è entrato nella storia del cinema. Un film che non mi stancherò mai di vedere e di consigliare, così come il racconto, contenuto nella raccolta "Stagioni diverse", che racchiude anche i racconti dai quali sono tratti "Le ali della libertà" e "L'allievo"



Stand by me è uno di quei film che è difficile tenere separati dall’opera al quale sono ispirati, grazie soprattutto all'ottimo lavoro di Rob Reiner, che si limita a piccoli cambiamenti ( ad esempio sposta la vicenda dal Maine all’Oregon, e dal 1960 al 1959) che non pregiudicano il significato del racconto di Stephen King e anzi, ne sono quasi un valore aggiunto. La storia è quella di quattro amici dodicenni, che sul finire dell’estate decidono di avventurarsi alla ricerca del corpo di un loro coetaneo, morto travolto da un treno (episodio che si fa risalire all’infanzia di King, ma che non è mai stato provato).
Il film è considerato, giustamente, uno dei migliori coming of age movie, ma è molto di più, è un inno all’amicizia, un grido di dolore di un infanzia abbandonata a se stessa, un viaggio irto di ostacoli, ma anche di belle scoperte.



Conosciamo quindi Vern Tessio (Jerry O’Connell), ragazzino timido e impacciato ed è quello che più spesso è vittima degli scherzi dei compagni; Teddy Duchamp (Corey Feldman), è la personalità eccentrica del gruppo, istintivo al limite della temerarietà; Chris Chambers (River Phoenix) è il leader della banda, carismatico e coraggioso è mal visto a Castle Rock per via dalla pessima reputazione della sua famiglia, in realtà è un bravo ragazzo. Migliore amico di Gordie, lo sprona a coltivare la sua abilità nello scrivere e diventa per lui una sorta di fratello maggiore; Gordon “Gordie” Lachance (Wil Weathon ,)protagonista della storia e voce narrante, è un ragazzino sensibile, dalla spiccata intelligenza e con un gran talento nell’inventarsi storie, cosa che lo porterà da adulto, a diventare scrittore. La morte del fratello Danny, oltre a turbarlo personalmente, sarà causa di una frattura tra lui e i suoi genitori a cui preferivano il figlio maggiore.



Quattro amici, che all’inizio del film sono poco più che bambini, che passano il tempo a giocare e scherzare, e a parlare “di tutto quello che sembra importante fino a quando scopri le ragazze” , mentre alla fine sono pronti per affrontare quel difficile periodo chiamato adolescenza. In particolare è bella l’amicizia tra Gordie e Chris, così differenti (uno timido e riflessivo, l’altro spontaneo e profondo), eppure così simili nella loro sensibilità di ragazzini e nella loro solitudine. Amicizia che porterà a occuparsi reciprocamente l’uno dell’altro, in quanto ad entrambi mancano delle figure di riferimento.
Ad uscirne distrutti dal film (come nel racconto), sono infatti gli adulti: alcolizzati, violenti o peggio ancora indifferenti nei confronti dei figli, adulti che insultano ragazzini o che li usano per i loro scopi. Si crea così una spaccatura netta tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, senza alcuna possibilità di dialogo.



Ma quell’avventura, vissuta in quel modo (“Stiamo proprio bene” dice Vern ad un certo punto, alludendo a qualcosa di più profondo del  semplice viaggio) li renderà consapevoli di quello che vogliono, ma soprattutto di quello che non vogliono essere. Non vogliono essere come i loro genitori che non si prendono cura di loro, non vogliono essere come i ragazzi più grandi che li vessano e umiliano e infatti, almeno Chris e Gordie riusciranno a riscattarsi  e a superare le loro difficoltà. Così nel finale vediamo Gordon, padre amorevole, mentre sta finendo di scrivere di quest’avventura, prima di uscire a giocare con i figli. L’ultima frase rivela tutta la nostalgia del protagonista per quello che è forse il periodo più bello della vita di ognuno di noi: “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”. Eh si, perché l’amicizia nell’infanzia è qualcosa di profondo, sincero e indimenticabile.