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lunedì 4 settembre 2017

Brividi d'asfalto

La strada, si sa, è un luogo che può essere molto pericoloso e quella che porta al cinema lo è ancora di più. Infatti lungo queste lingue d'asfalto rischi di dover affrontare automobili indemoniate, sadici camionisti o pazzi killer autostoppisti...Ecco dunque sette film che ricordano quanto sia potenzialmente letale uscire per strada:

Duel (1971): David Mann, un rappresentante in viaggio d'affari con la sua automobile, durante il tragitto supera una vecchia e arrugginita autocisterna. Poco dopo, il camionista lo supera a sua volta, salvo poi rallentare di nuovo e quando David lo sorpassa nuovamente questi lo prende come una sfida personale e inizia un gioco del gatto col topo con il povero David.
Questo è uno di quei film che io definisco da "scuola di cinema". Sorretto dalla solida sceneggiatura di Richard Matheson (il film è tratto da un suo racconto), la pellicola è un crescendo di tensione con pochi, se non nessun calo di ritmo.
Inizialmente prodotto per la tv, ha avuto un tale successo che Spielberg fu costretto ad allungarne la durata per poterlo trasmettere nei cinema di tutto il mondo.



La macchina nera (1977): Un paesino del Nuovo Messico è terrorizzato da un'automobile nera che in pochi giorni uccide diverse persone. Ben presto si scoprirà che l'auto non è altro che l'incarnazione del demonio. Elliot Silverstein dirige un buon thriller, ispirandosi in parte a Duel di Steven Spielberg, convincente soprattutto dal punto di vista tecnico (memorabile l'inizio del film con la vista in soggettiva dall'interno dell'automobile). Non del tutto soddisfacente, invece, la sceneggiatura che non sempre riesce a alta la suspense. Infine va ricordata la presenza dell'attore James Brolin, padre del noto Josh Brolin (I Goonies, Non è un paese per vecchi, Milk...)



Christine - La macchina infernale (1983): Arnie Cunningham è il classico ragazzo imbranato, vittima degli scherzi dei bulli della scuola. Un giorno, mentre sta tornando a casa assieme all'amico Dennis, nel giardino di un anziano contadino, il ragazzo vede una vecchia e malridotta Plymouth Fury. Nonostante le pessime condizioni del veicolo e l'opinione contraria dell'amico, Arnie decide di acquistare il veicolo. Quello che però non sa è che l'auto è posseduta da un'entità malefica che si nutre dell'amore che il proprietario prova per se stessa, portandolo così ad autodistruggersi.
John Carpenter dirige un film low budget, ma come sempre con la classe che lo ha sempre contraddistinto, anche quando ha girato, di malavoglia, film su commissione.
Il regista si è preso diverse libertà rispetto al romanzo di Stephen King su cui si basa la pellicola, ma il prodotto è comunque efficace e ricco di suspense, grazie anche a degli ottimi effetti speciali e alle musiche firmate dalla stesso Carpenter.



Brivido (1986): La congiunzione di una misteriosa cometa con terra provoca la ribellione di tutte le macchine contro gli uomini. Un piccolo gruppo di sopravvissuti si ritrova prigioniero in una stazione di servizio, tenuti sotto scacco da diversi TIR, tra cui uno con un'enorme maschera da goblin sul radiatore. Dopo un'estenuante lotta con il nemico, i pochi rimasti vivi, troveranno la salvezza attraverso le fognature, in attesa che passi l'effetto della cometa.
Primo e per ora unico (fortunatamente) film da regista di Stephen King, che qui adatta per il grande schermo, uno suo racconto dal titolo Camion, tratto dalla raccolta di racconti A volte ritornano. 
Il film, visto con occhi da critico, è piuttosto debole e poco convincente, eppure è riuscito a diventare un cult assoluto e a cui io sono particolarmente affezionato, forse proprio per l'assurdità di alcune scene, per i personaggi sopra le righe o per la "cattiveria" di alcune sequenze.
E poi ci sono le magnifiche musiche degli AC/DC e questo è sufficiente ad elevare il film allo status di "mitico!"



The Hitcher - La lunga strada della paura (1986): Jim Halsey, un giovane che da Chicago sta portando un'auto a San Diego per consegnarla al proprietario, dopo aver rischiato un incidente, per un colpo di sonno, decide di dare un passaggio ad un autostoppista, sperando così di restare sveglio. Tuttavia, l'uomo che dice di chiamarsi John Ryder gli confessa di essere un killer e gli mostra un coltello insanguinato. Terrorizzato, Jim riesce in qualche modo a liberarsi del pericoloso compagno di viaggio, ma questi comparirà più volte sulla sua strada, sempre intenzionato a ucciderlo.
Film eccezionale, che tiene lo spettatore continuamente in tensione e che seppure le scene più cruente rimangano nascoste, non disdegna momenti decisamente "cattivi".
Eric Red, (che ha scritto anche film per Kathryn Bigelow, tra cui lo splendido Il buio si avvicina)lo sceneggiatore, ha detto di essersi ispirato alla canzone Riders on the storm dei Doors, canzone a sua volta ispirata alle gesta del serial killer Billy Cook.
Rutger Hauer è semplicemente perfetto nel ruolo del pazzo assassino, qui forse in uno dei suoi ruoli migliori.
Il film ha avuto un inutile sequel e un ancora più inutile remake (consiglio di mantenersi a debita distanza).



Le strade della paura (1989): Travis è un bambino di nove anni che ha assistito ad un omicidio di mafia e per questo vive sotto protezione in un luogo segreto in Oklahoma. Tuttavia due killer scoprono dove questi si nasconde e dopo aver ucciso gli agenti dell'FBI che dovrebbero proteggerlo e i suoi genitori, rapiscono il ragazzino per portarlo dai loro capi che vogliono interrogarlo. Quando però, durante il viaggio, Travis si accorge che i due uomini, diversissimi di carattere, a fatica si sopportano, cercherà in tutti i modi di metterli l'uno contro l'altro.
Eric Red, ancora una volta, scrive (e qui anche dirige) un thriller tesissimo, un film che non lascia respiro e tiene inchiodati alla poltrona, cosa che acquista maggior valore, considerando che la pellicola è quasi interamente ambientata all'interno dell'auto dei due killer.
Ottimi tutti gli interpreti, dal sempre bravissimo Roy Scheider al monolitico Adam Baldwin, passando per il giovanissimo Harley Cross.



Dead End - Quella strada nel bosco (2003): Frank Harrington, come ogni anno, sta portando la sua famiglia a festeggiare il Natale a casa dei suoceri, tuttavia quest'anno decide di prendere una deviazione che lo porterà ad attraversare un oscuro bosco di cui non si vede la fine. Quando sulla loro strada appariranno una misteriosa donna in bianco e un inquietante auto nera senza conducente, uno alla volta i famigliari andranno in contro ad un'orrenda fine.
Tra i film che ho scelto per questa lista è forse il meno riuscito complessivamente, ma anche il più interessante come idea. Nonostante qualche caduta nei tempi. la pellicola riesce a trasmettere buona tensione soprattutto quando appare la paurosa automobile nera.
Gli attori se la cavano, su tutti ricordiamo Ray Wise, noto soprattutto per il ruolo di Leland Palmer in Twin Peaks. Interessante il finale.


venerdì 27 maggio 2016

Rosso

Dopo "Bianco", ecco il secondo racconto che scrissi per una personale trilogia sui colori. Più avanti pubblicherò anche il terzo racconto

Le casse dell’autoradio sputavano fuori a tutto volume la voce di Ali Campbell che cantava “Red red wine”, mentre Filippo, con le mani ben salde sul volante,  rideva sguaiatamente per una delle sue solite battute volgari.
“Sei un maiale” gli disse Sara
“Dai…stavo scherzando” si giustificò lui “era solo una battuta…”
“Ma era una battuta porca e sessista”
“Uffa” sbuffò Filippo “Ok ti chiedo scusa…mi dispiace”
Seduti sul sedile posteriore,Angela e Daniele era troppo occupati a baciarsi appassionatamente per accorgersi del piccolo bisticcio dei loro due amici, mentre fuori, il fievole  bagliore del crepuscolo aveva preso posto delle luci del giorno.
Attraverso lo specchietto retrovisore, Filippo, vide l’amico infilare la mano nella camicetta della sua ragazza.
“Guardali” disse a Sara, indicando con un cenno della testa i due amanti.
“Uh, che teneri…” bisbigliò lei
“Teneri? Ma se stanno praticamente scopando sul mio sedile…”
“Non stanno scopando, si stanno solo baciando”
“Si…e l’uragano Katrina è stato solo una leggera brezza…” replicò lui sarcastico
Nel frattempo, alla radio, gli UB40  avevano lasciato spazio ai Rush e alla loro “Red Barchetta”.
“Stai a vedere che scherzetto gli combino adesso” coninuò Filippo, e iniziò a far maggior pressione sul pedale dell’acceleratore.
“Cosa vuoi fare?” chiese Sara
“Non ti preoccupare” tagliò corto lui
Lentamente, l’auto,  stava acquistando sempre maggiore velocità, tanto che anche i due ragazzi sul sedile posteriore, cessarono la loro attività erotica per capire cosa stesse succedendo.
“Che cazzo combini?” chiese Daniele
“Niente…io sto guidando, voi due la dietro piuttosto…”
“Non fare lo stronzo Filippo,  rallenta”
“Non sto mica facendo nulla…” continuò lui sprezzante
Ormai non c’era più nulla da fare, quando Filippo partiva per la tangente non c’era più modo di fermarlo, si poteva solo aspettare che rinsavisse da solo.
L’auto sfrecciò rapidamente oltre ad un cartello bianco, che indicava il nome del paese che stavano per attraversare. Sotto un segnale tondo ricordava il limite dei cinquanta chilometri orari nei centri abitati.
“Smettila di fare il bambino e  rallenta” intervenne Angela, sapendo dove andare a colpire l’amico al volante.
“Ehi, a me non dai del bambino” righiò Filippo, voltandosi verso la ragazza
“Attento Filippo…” tentò di avvisarlo Daniele
“Attento a cosa?” replicò il ragazzo, ormai completamente fuori di senno
“E’ ROSSOOOOOOOOOO!!!!” urlò Sara
Filippo si girò di scatto e vide un’ombra comparire qualche metro davanti all’auto. Quando schiacciò il freno, con tutta la forza che aveva nelle gambe, sapeva già che era già troppo tardi e che l’impatto era ormai inevitabile.
Le gomme lasciarono un lungo segno nero sull’asfalto e lo stridio delle ruote, coprì la voce di Paolo Conte che cantava “Diavolo Rosso”. Poi si udì un colpo sordo e pochi metri più avanti l’auto si fermò.
Per un istante, che però ai quattro ragazzi sembrò durare un eternità,  rimasero tutti bloccati, senza riuscire a proferir parola.
 Filippo, spense il motore e lentamente, con le gambe che faticavano a reggerlo in piedi, scese dall’auto e si guardò attorno.
Poco più indietro, una figura non ben distinta, giaceva immobile sull’asfalto al lato della carreggiata, ma gli ci volle poco per capire di cosa si trattasse, poiché la bicicletta da bambino in mezzo alla strada era invece ben visibile. Con lo sguardo perso nel vuoto, Filippo, si avvicinò al luogo dove andava radunandosi un gruppo di persone, attirate fuori dalle case e dai negozi, dal rumore dello schianto.
In realtà, una parte di lui voleva allontanarsi da li, scappare il più lontano possibile, ma le gambe lo stavano guidando verso il punto dell’incidente, e seppur deboli e insicure, lui non riuscì a opporsi al loro volere.
Il corpo del bambino giaceva scomposto sul ciglio della strada, gli occhi spalancati fissavano il vuoto e i folti capelli biondi andavano assumendo un colore nerastro a causa  del sangue che gli usciva abbondante dalla nuca, e dalle orecchie.
Pallido in volto, con gli occhi tremanti e la voce spezzata dal terrore, Filippo tentò di sbiascicare qualche forma di scusa, e fu allora che un ragazzotto, in tuta da meccanico, gli si scagliò addosso colpendolo al mento con un pugno. Filippo si rialzò senza proferire parola, continuando a fissare il piccolo corpo esanime. Immediatamente,  fu circondato da altre sei o setti persone, pronte a pestarlo a sangue  per quello che aveva fatto; e solo l’intervento di Daniele e di un edicolante della zona, che lo barricò nel suo negozio, lo salvarono da un sicuro linciaggio.
All’interno dell’edicola, il ragazzo, sentì le forze venirgli meno e cadde in ginocchio, colto anche da un improvviso crampo allo stomaco che gli fece vomitare il pollo ai peperoni, mangiato quel pomeriggio.
Daniele lo aiutò a rialzarsi e a darsi una pulita, ma lui lo allontanò con un brusco gesto del braccio e si incollò alla vetrina, continuando a osservare, con muto terrore, quella scena da incubo. Vide qualcuno coprire il corpo con un lenzuolo che subito si macchiò del suo sangue, vide l’arrivo dei genitori del bambino e vide la disperazione nei loro volti. Vide l’arrivo dei carabinieri e quello dell’ambulanza i cui lampeggianti tinsero di rosso il cielo e le case, come a ricordargli il sangue che aveva appena versato. Vide tutto questo, ma in realtà non udì nessun rumore. Lo stato di shock nel quale era piombato lo aveva isolato dal resto del mondo.
I suoi amici tentarono di parlargli, ma a Filippo, le loro parole risultavano incomprensibili, così come le domande degli agenti e dei medici.
Durante tutto questo periodo e per molto tempo dopo, l’unica cosa che il suo cervello riusciva a recepire era l’urlo di Sara. L’urlo che lo avvertiva del semaforo rosso.