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mercoledì 4 agosto 2021

Geekoni Film Festival 2021: La mia vita da zucchina (2016)

Torna, dopo un anno di pausa, il Geekoni film festival; la versione blog del Festival di  Giffoni, dedicato al cinema per ragazzi.
Purtroppo non ho trovato il film che cercavo, che avevo visto un paio di volte diversi anni fa (direi almeno una trentina), in passaggi televisivi proprio in occasione di tale festival. A quanto pare riscire a recuperare un film danese per ragazzi del 1992 è quanto meno proibitivo. 
Ho dunque deciso di virare su un recente film d'animazione, un piccola perla che spicca tra i molti Disney e Dreamworks.


Icare è un bambino di nove anni, soprannominato Zucchina da sua madre, che passa le sue giornate chiuso in soffitta a disegnare, per lo più il padre scomparso e a fare piramidi con le lattine di birra vuote, lasciate in giro per casa proprio dalla genitrice, che altro non fa che ubriacarsi e guardare la tv.
Quando anche la madre muore, in seguito ad una caduta dalle scale, Zucchina viene accompagnato in una casa famiglia, dove farà la conoscenza di altri bambini con problemi famigliari alle spalle.
Dopo un inizio difficile, Icare riuscirà a inserirsi nel gruppo, superando la spavalderia dietro la quale si nasconde il piccolo Simon.
Quando poi arriverà Camille, bambina con la quale stringerà una forte amicizia, Zucchina riuscirà a maturare maggiormente, riuscendo ad affrontare e a superare il suo dolore.


"La mia vita da zucchina" è un film d'animazione, presentato al Festival di Cannes nel 2016 e poi proiettato in vari festival in tutto il mondo ed è stato candidato all'Oscar come miglior film d'animazione nel 2017.
Lungo appena 66 minuti e realizzato in stop motion, il film è una delicata favola sull'infanzia violata, sulla solitudine, sulla crescita personale e sull'amicizia. Tratto dal romanzo "Autobiographie d'une courgette", il regista, Claude Barras, ci mostra il mondo con lo sguardo dei bambini protagonisti, a volte tristi e spaventati, altre volte buffi e divertenti senza mai eccedere da una parte o dall'altra, grazie anche alla sapiente sceneggiatura di Céline Sciamma, che ha più volte raccontato con delicatezza l'infanzia e l'adolescenza ("Tomboy", "Diamante nero"...).


Nel film vengono raccontate storie drammatiche, eppure grazie anche alla scelta di usare personaggi di plastilina, il tutto ha un tocco leggero, ma non grossolano così le vicende dei piccoli protagonisti riescono ad arrivarci al cuore e a farci versare qualche lacrima, anche per un finale dolce-amaro, che però ci ridà fiducia verso quel mondo adulto che spesso è causa dei mali dei più piccoli.

Belle le musiche di Sophie Hunger, tra le quali spicca la cover de "Le vent nous portera".



lunedì 12 agosto 2019

Geekoni film festival: L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza

Per il secondo anno consecutivo, la Geek League, omaggia il più famoso festival cinematografico per ragazzi, il Giffoni film festival, di cui Truffaut ebbe a dire: "Tra tutti i festival del cinema, quello di Giffoni è il più necessario".
Per il film di quest'anno sono volato in Brasile a recuperare una pellicola che usa la leggerezza per parlare di temi seri e delicati: "L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza" di Cao Hamburger del 2006.



1970, Mauro è un ragazzino di dodici anni, che come tutti i brasiliani, attende con impazienza l'inizio dei mondiali di calcio (quelli che noi italiani ricorderemo, ancor più che per la cocente sconfitta in finale contro Pelè e compagni, per la semifinale contro la Germania vinta 4 a 3 e che è passata alla storia calcistica come la partita del secolo).
Tuttavia quello è anche un periodo di rivolte politiche e molti oppositori del governo sono costretti all'esilio, tra questi ci sono anche i genitori di Mauro che decidono di raccontare al figlio che devono partire per una vacanza e lo lasceranno a casa del nonno, con la promessa di tornare a prenderlo entro la fine dei mondiali di calcio.



L'anziano, che vive nel quartiere ebraico di San Paolo. è però morto poco prima dell'arrivo del bambino, che si ritrova così solo in un ambiente a lui estraneo.
In quest'occasione, Mauro conosce Shlomo, un vicino di casa del nonno, dal carattere scorbutico, che sarà costretto dalla sua comunità a occuparsi del ragazzino.
Inizialmente il rapporto tra i due sarà difficile, ma con il passare del tempo i due riusciranno a trovare un equilibrio e ad affezionarsi l'uno all'altro.



Nel frattempo Mauro, mentre aspetta il ritorno dei suoi genitori, entrerà in contatto con il variegato quartiere di Bom Retiro in cui, oltre agli ebrei, convivono anche italiani, greci e arabi; farà amicizia con la coetanea Hanna, con la bella barista Irene e con Italo studente di sinistra, amico di suo padre e sua madre.
Durante quell'estate, il Paese è diviso tra l'entusiasmo per i successi della nazionale e le preoccupazioni per il pesante clima politico, cosa che si riflette anche nella vita di Mauro che alla fine capirà che ci sono cose più importanti di una partita di calcio.



Cao Hamburger, ha decido di raccontarci una pagina oscura del storia del Brasile, ma vista con gli occhi innocenti di un bambino, che in realtà non capisce cosa stia succedendo, che vorrebbe solo riunirsi ai suoi genitori, e che sogna di essere "negro e volare tra i pali".
Da questo punto di vista il film si distacca molto da pellicole dure e crude, come "City of God" e si accosta di più al film argentino "Kamchatka", in cui la rivoluzione è tenuta sullo sfondo, per raccontare le difficoltà di un ragazzino costretto ad un nuova situazione che è ancora troppo piccolo per poter comprendere a pieno.




Il film è infatti una storia di formazione, un racconto di passaggio dall'infanzia all'adolescenza, in cui il protagonista imparerà, grazie alla convivenza con culture diverse da quelle con cui è vissuto fino a quel momento, a crescere e maturare e che ci sono cose ben più importanti di una finale di coppa del mondo.


lunedì 2 luglio 2018

Geekoni Film Festival: La spina del diavolo

Quasi in concomitanza con il Giffoni Film Festival, il festival del cinema di e per ragazzi, anche noi della Geek League abbiamo deciso di scrivere una serie di post-recensioni su film che hanno per protagonisti i più giovani. Quest'anno avrò io, l'onere e l'onore di aprire la tale rassegna e il film che ho scelto è "La spina del diavolo"; in realtà all'inizio avevo pensato a qualche altro titolo, un po più d'essai, ma poi ho preferito variare su questa pellicola che riesce ad affrontare le tematiche tipiche del cinema impegnato europeo, raccontando una storia tipica del cinema di genere.



"Che cos'è un fantasma? Un evento terribile condannato a ripetersi all'infinito, forse solo un istante di dolore, qualcosa di morto che sembra ancora vivo, un sentimento sospeso nel tempo come una fotografia sfuocata, come un insetto intrappolato nell'ambra, un fantasma, questo sono io."



Nel 1939, durante la guerra civile spagnola, Carlos, un ragazzino di dodici anni, viene accompagnato dal suo tutore in un orfanotrofio gestito da Caseres e Carmen, due attivisti repubblicani, i quali aiutano la causa, nascondendo all'interno dell'istituto l'oro che serve a finanziare le battaglie.
Il bambino fa subito amicizia con alcuni degli altri orfani che vivono lì, mentre ha un iniziale difficile rapporto con Jaime, uno dei ragazzini più grandi, dal carattere oscuro e altezzoso.



Carlos e gli altri ragazzi, dovranno fare i conti con un conflitto bellico che rischia di coinvolgerli sempre maggiormente e con le grandi e piccole tematiche che nascono all'interno del loro microcosmo. Tra queste ci sono i continui scontri con Jacinto, uno dei custodi dell'orfanotrofio, che si dimostra essere violento, egoista e senza scrupoli.
Infine c'è la presenza di un fantasma, chiamato "il sospiroso", che contribuisce a rendere più tetra e spaventosa la vita dei piccoli protagonisti, tra le mura dell'istituto.




E mentre i ragazzini affrontano i loro piccoli drammi, anche gli adulti, oltre a pensare al bene dell'istituto e dei suoi piccoli ospiti, sono tormentati da tensioni e problematiche personali, quali amore, sesso e denaro.
Sarà proprio Carlos, che grazie al suo coraggio vincerà anche la diffidenza di Jaime, in realtà tormentato da un doloroso segreto, a scoprire la verità sull'inquietante presenza.



Guillermo Del Toro dirige un film che unisce dramma, fantastico e horror, raccontando una ghost-story (che sposta l'ambientazione dagli un antichi e diroccati manieri ad un isolato fortino i cui polverosi e enormi magazzini, prendono il posto delle segrete dei racconti gotici) che diventa ancora più spaventosa in quanto parte di un contesto reale, ancora più orribile.
"La spina del diavolo" si rivela anche essere una storia di formazione, infatti i ragazzi imparano che c'è sempre un motivo dietro a certi fenomeni e andando al di là delle loro rivalità personali, a diventare gruppo e così, assieme, sconfiggere il vero cattivo, Jacinto (in realtà incattivito dalla guerra e dalla solitudine), imitando gli uomini primitivi del loro libro di storia, in cui questi affrontavano un mammuth armati di lance.



L'opera di Del Toro, per com'è costruita, sembra quasi essere una prova per il successivo "Labirinto del fauno", film che lo ha consacrato tra i più grandi registi del nostro tempo.
Poetica, a suo modo, l'immagine della bomba nel cortile della scuola; per gli adulti testimonianza di una guerra mai troppo lontana, mentre peri bambini è qualcosa di più, una sorta di totem sacro che con qualcosa di magico li aiuta a vincere le loro paure.
Bellissima la fotografia che varia dalle tonalità scure e cupe degli interni a quelle solari e luminose degli esterni, così come a voler, ancora una volta accennare alle due anime della pellicola; quella horror-fantastica e quella drammatico-realistica.
Bravi tutti i protagonisti e in particolare il piccolo Fernando Tielve, che riesce a donare al suo personaggio la giusta spontaneità e il tormento in cui emergono tutte le paure di un bambino costretto ad affrontare difficoltà che spaventerebbero un adulto.



Come potete vedere, la prossima "proiezione" sarà il sei luglio ad opera di Conte Gracula, che ci parlerà del bel film di J.J Abrams, "Super 8"
Vi consiglio però di seguire tutta la rassegna perché abbiamo ottimi recensori con tanti bei film da raccontare.