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martedì 9 settembre 2025

Notte Horror 2025: Supermarket Horror (1986)

 



L'estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande, lo sai che non mi va... Si la premessa non è delle più originali, ma tant'è e dunque, come da diversi anni a questa parte, eccomi a chiudere la "Notte Horror Blogger Edition"L'anno scorso (ormai mi trovo a scrivere quasi esclusivamente solo per questo), parlando di quella piccola perla che è "Ballata Macabra", avevo un po' tradito lo spirito dell'iniziativa che vorrebbe che si parlasse sì di film horror, sì del periodo compreso tra gli anni 70 e gli anni 80, ma anche che fosse una tamarrata per cui quest'anno dopo un'attenta (ma quando mai...) ricerca, sono incappato in questa pellicola che certamente calza a pennello per la definizione "cafonata".



"Ahhh Un robot per le pulizie mi sta inseguendo..."


L'opera di cui vi sto per parlare è: "Supermarket Horror"Il film è un fanta-horror del 1986 da quel gran mestierante di Jim Wynorski, autore di più di settanta film, per lo più horror, thriller ed erotici, alcuni dei quali passati anche per le sale cinematografiche, mentre gli altri direttamente per il circuito direct-to-video.
Quando mi sono approcciato a vedere il film, pensavo raccontasse del classico serial killer, nascosto tra il reparto scatolame e quello detersivi che si divertisse a far fuori ignari commessi e spaventati clienti. Niente di tutto questo: in realtà racconta di un gruppo di ragazzi rimasti chiusi nel centro commerciale dove lavorano per dare una festa e che vengono assediati da tre robot addetti alla sicurezza dei negozi.

"Ehi, ma voi non siete quegli stramaledetti Gremlins..."


"Supermarket horror" ("Chopping Mall" in originale) è un tipico prodotto degli anni 80, a partire dai protagonisti, vestiti e pettinati, come solo in quel periodo poteva piacere, passando per l'ambientazione, le scene di sesso e di nudo, seppure in questo caso piuttosto blande, fino ad arrivare al nemico di turno che in questo caso sono tre robot che sembrano l'incrocio tra Numero 5 di "Corto Circuito", uscito quello stesso anno e il robottino amichevole del telefilm "Riptide". Insomma tutto in questo film "eighties!"

Tornando ai protagonisti, di otto, solo quattro di loro hanno un minimo di caratterizzazione, anche se pure questa molto stereotipata; c'è infatti il tipico mascellone belloccio, sempre con la chewin-gum in bocca; la bellona disinibita; il giovane nerd imbranato e la ragazza timida che sarà quella che salverà la situazione (ops, ho fatto uno spoiler...).
Tutto insieme il gruppo, anche grazie a dialoghi di incredibile banalità, raggiunge livelli di simpatia di una rettoscopia.
Tenete però la pagina dei protagonisti aperta che più tardi ci tornerò.

"Questa è un entrata di scena più epica del T-800"


Uno degli aspetti migliori del film è allo stesso tempo uno dei difetti che gli si ritorce contro: la pellicola, infatti, viaggia su buoni livelli di tensione per tutta la sua durata, quasi senza cali, ma proprio per questo non ci sono colpi di scena, né picchi che alzino il ritmo dando quel qualcosa in più.
Per quanto riguarda gli effetti speciali è meglio soprassedere, probabilmente troppo dozzinali anche per un film dell'epoca.
Eppure, nonostante questi e a molti altri difetti (errori grossolani come pistole a tamburo che sparano ben più dei sei colpi di cui sono dotate o i laser dei robot che mancano clamorosamente il bersaglio a pochi metri da loro e così via...), il film non si può dire che non sia piacevole e ha un suo perché con il suo spirito anni 80 e sicuramente se lo beccassi in tv in una noiosa serata estiva, lo guarderei volentieri, magari sorseggiando una birra fresca, sempre consapevole cosa ho davanti.


"Oh, e la scena più splatter ce la siamo tolta dai piedi..."

Come promesso torniamo a parlare un attimo degli attori: una delle protagoniste (una di quelle che urlano di più e che ti fanno tifare per i robot) è Barbara Crampton, interprete di diversi film horror, tra cui "Re-Animator", di cui ha qui parlato, Solaris, lo scorso 22 luglio.
Inoltre, nel piccolo ruolo di un inserviente delle pulizie, compare il mai dimenticato Dick Miller, pupillo di Roger Corman (e John Dante) qui nelle vesti di produttore esecutivo qui omaggiato anche nella scena in cui Ferdy e Allison guardano in tv "L'attacco dei granchi giganti" diretto proprio dal regista di Detroit.


Bene, sperando di aver chiudo in maniera degna anche questa stagione di "Notte Horror" non mi resta che salutarvi e darvi l'arrivederci a l'anno prossimo. Buoni incubi e buon autunno a tutti, 


















martedì 3 settembre 2024

Notte Horror (2024): Ballata Macabra (1976)

Rieccomi, a quasi un anno dal mio ultimo post. Lavoro e vita famigliare mi tengono molto occupato e trovare il tempo per scrivere, soprattutto considerando i miei tempi, è sempre impegnativo, ma prossimamente cercherò di fare di meglio.

Ora, dopo le non doverose, ma sentite scuse, passiamo alle cose serie (serie si fa per dire, eh...)

Quest'anno la consueta rassegna "Notte Horror", normalmente dalle atmosfere, se non allegre, per lo meno scanzonate e leggere, parte con un velo di tristezza, dato che è dedicata alla nostra amica Laura Stella Bisanti, da tutti conosciuta come Arwen Lynch, scomparsa qualche mese fa. Appassionata di cinema, non solo horror e blogger verace, mancherà a tutti noi.

Buona lettura e buoni brividi a tutti:


Ballata Macabra è un film del 1976, diretto da Dan Curtis, che si inserisce nel filone delle case infestate, anche se a differenza della maggior parte dei titoli di questo sottogenere (al quale ho dedicato un paio di post, QUI e QUI), in cui si parla di case invase da presenze spaventose, qui è la casa stessa a essere malefica

Andiamo però con un po' di trama:

La famiglia Rolf (composta da madre, padre, figlioletto e da una vecchia zia) affitta per un prezzo insignificante, un'antica ed enorme casa vittoriana con piscina, dove passare le vacanze estive. Uniche due richieste da parte dei bizzarri proprietari sono di amare la casa quanto la amano loro, e di occuparsi dell'anziana madre che abita nell'attico (in realtà dovranno limitarsi a portarle da mangiare tre volte al giorno).
Inizialmente le cose sembrano andare bene, ma man mano che passa il tempo, qualcosa di malsano si insinua nella famiglia, portando i personaggi ad allontanarsi l'uno dall'altro fino al drammatico finale.




Questo film l'ho "scoperto", un po' per caso, nei primi anni 2000, durate un turno notturno di lavoro in albergo e da allora non smetto di tesserne le lodi, in quanto lo trovo uno degli horror più riusciti di sempre e penso sia addirittura sottovalutato.

Primo punto di forza di questa pellicola è sicuramente la regia, in cui Dan Curtis dimostra tutto il suo talento e che si può spaventare senza l'uso di costosi effetti speciali o di facili jumpscare.
Curtis è un regista specializzato in prodotti per la televisione (possiamo ricordare il bellissimo Trilogia del terrore su un soggetto di Richard Matheson, a cui spesso il regista ha attinto e co-sceneggiato da William F. Nolan, altro collaboratore assiduo di Curtis), ma sia quando a lavorato per il cinema, sia per il piccolo schermo, ha sempre dato prova di essere un ottimo regista, che sa come muoversi, dove posizionare la macchina da presa, come inserire le musiche e soprattutto che sa gestire perfettamente la tensione.



Il film si apre con alcuni componenti della famiglia che si apprestano a fare un primo sopralluogo della casa dove passeranno la vacanze, conosciamo dunque il Ben Rolf, il padre di famiglia (Oliver Reed), La madre Mirian Rolf (Karen Black) e del figlio David (Lee Montgomery). Qui i protagonisti conosceranno i padroni di casa, i fratelli  Allardyce, (Elileen Heckart e Burgess Meredith) che faranno loro l'allettante offerta. Tuttavia la casa, per quanto bella, è enorme e fatiscente e Ben ha qualche dubbio nel dover gestire una magione così grande, ma la Roz Allardyce, dirà che la casa è in grado di provvedere a se stessa e, inoltre, Mirian sembra già essersi innamorata del posto.
Fin da subito dunque le atmosfere sono grevi e si intuisce che qualcosa di misterioso alleggia tra le mura della villa, grazie anche al sapiente uso delle musiche.


Il secondo atto si apre con la famiglia che arriva a stabilirsi nella casa, e in cui conosciamo anche zia Elizabeth (Bette Davis). Qui cominciamo a conoscere anche la casa, con i suoi ambienti e i suoi misteri; all'inizio sono piccole cose, una pianta appassita che ricomincia lentamente a fiorire, una lampadina bruciata che riprende a funzionare, un piccolo cimitero nascosto nel parco della villa, ma un po' alla volta l'aria malsana che permea la casa comincia a influenzare i suoi ospiti così, mente Mirian è sempre più ossessionata dalla casa stessa e dall'anziana signora che vive nell'attico, gli altri componenti della famiglia sono vittime di incubi, follia, malattie e incidenti.


Come si è potuto notare, uno degli altri punti di forza è sicuramente il grande cast:

Oliver Reed, noto per i suoi ruoli in film a cavallo tra gli anni '60 e '70 prima come caratterista in pellicole hottor della Hammer (Il mostro di Londra, L'implacabile condanna), poi in diversi film diretti da Ken Russell (I Diavoli, Tommy). Peccato che sia stato anche un alcolista e che spesso ciò abbia portato a difficoltà lavorative a scontri con colleghi, Questo suo vizio lo porterà ad una morte prematura a 61 anni, a causa di un infarto avvenuto per una scommessa a chi beveva di più avvenuta durante una delle pause, mentre stava girando Il gladiatore. Peccato di nuovo, perché Reed è stato una delle poche note veramente positive nel film di Ridley Scott.

Karen Black è invece una pupilla di Curtis che l'ha diretta anche nel già citato Trilogia del terrore, ma ha lavorato con molti grandi registi internazionali e italiani, da Coppola a Antonio Margheriti, da Bob Rafelson a Ruggero Deodato, passando per Hitchcock, Altman, Hooper e molti altri.

Di Bette Davis non credo ci sia bisogno di tante presentazioni, una delle attrici più note e importanti di Hollywood, vincitrice di due Oscar e prima donna eletta presidente dell'Accademy.

Burgess Meredith è un altro volto noto sia del piccolo che del grande schermo: se molti lo ricordano per il suo ruolo di Mickey nella saga di Rocky, celebri sono anche le sue interpretazioni nella serie tv di Batman, in cui era il Pinguino, che in diversi episodi de Ai confini della realtà (su tutti va ricordato l'episodio Tempo di leggiere)

Non da meno il resto del cast.


Man mano che si prosegue verso il finale, il film si fa sempre più inquietante e si capisce che non potrà esserci un lieto fine. La scena finale svela ulteriormente qual è la vera natura della casa, se qualcuno non l'avesse capito fino a quel momento e risulta essere tanto angosciante quanto triste.

ll film è tratto dal romazo Burnt Offerings (titolo originale della pellicola) di Robert Marasco (che è stato solo recente tradotto per il mercato italiano) ed è stato spesso accostato ad altri film dello stesso genere che sono venuti dopo come Amityville Horror e Shining. In particolare si mormora che lo Stephen King abbia preso più di qualche ispirazione per il suo romanzo.

Ed eccoci dunque alla fine di questa rassegna, durata quasi tutta l'estate. Se vi siete persi gli altri titoli li potete trovare nel bannerone qui sotto e recuperare online. Ringrazio tutti gli amici che hanno partecipato, l'organizzatore dell'evento Obsidian M. e tutti i nostri lettori e vi saluto con un "all'anno prossimo". Nel frattempo spero di riprendere a scrivere un po' più assiduamente, perché quello che manca non sono le idee, ma il tempo.










martedì 12 settembre 2023

Non aprite quel cancello (1987) - Notte Horror 2023: Decima Edizione

 Non c'è estate senza "Notte Horror" per cui, come da diversi anni a questa parte, anche quest'estate la solita cricca di blogger appassionati del genere si è ritrovata per recensire e discutere film di oggi e di ieri.
Questa, inoltre, è stata un'edizione speciale, in quanto è stata la numero dieci e il sottoscritto ha avuto l'onore e l'onere di chiudere i giochi, con un film che spero vi possa interessare e incuriosire e dando l'arrivederci all'anno prossimo, per una nuova e ancora più spaventosa rassegna horrorifica.

 

Anche quest'anno ho pescato un film, che seppure piuttosto conosciuto, non è tra quelli più noti e importanti del genere, semmai un piccolo cult, forse meno spaventoso di molti altri, ma che ha, in qualche modo, lasciato il segno negli amanti del cinema horror.

Ecco a voi: "Non aprite quel cancello"

"Non aprite quel cancello" è un film del 1987 del regista ungherese Tibor Takacs che ne ha diretto anche il sequel.
Glen (interpretato da un giovanissimo Stephen Dorff, qui al suo esordio) scopre una buca nel giardino di casa sua e assieme al suo amico Terry vi trova all'interno un geode, che una volta aperto, rilascia delle scritte sul foglio su cui era posato. I due ragazzini leggeranno quelle scritte, non sapendo che così apriranno un portale che permetterà a spaventosi demoni di arrivare sulla terra.



 "Non aprite quel cancello" ("The Gate" in originale) più che un vero e proprio horror è un film fantastico con qualche sfumatura horror, ma adatta a tutta la famiglia. Infatti, originariamente, la pellicola doveva essere diretta dallo sceneggiatore Michael Nankin, che aveva ideato uno script più spaventoso e violento, con diverse morti, ma la casa di produzione decise di far riscrivere la sceneggiatura allo stesso Nankin, adattandola ad un pubblico più ampio e passò la regia a Takacs che comunque fece un buon lavoro. 

Certo il film visto con gli occhi di bambino fa un altro effetto e qualche brivido in più lo mette addosso, ma tutto sommato anche così la pellicola è abbastanza godibile, grazie ad una regia di mestiere e a degli ottimi effetti speciali, che seppure oggi possano risultare datati, sono sicuramente efficaci e migliori di tanta porcheria che si vede oggi.
La pellicola parte lentamente e per tutta la prima parte non accade molto anche se qualche piccolo brivido non manca, ma è solo dopo quarantacinque minuti che compaiono i primi demoni e da quel momento il film si scatena in tutto il suo potenziale spaventoso.



Bisogna ammettere che la sceneggiatura pesca a piene mani da tutti gli stereotipi horror degli anni ottanta dal giovane protagonista (con la passione per i razzi spaziali) che ha un rapporto conflittuale con la sorella maggiore, all'amico "nerd" appassionata di musica rock al disco con messaggi subliminali se fatto girare al contrario e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia il fatto che l'idea e i mostri siano un evidente riferimento a quel gran genio di H.P. Lovecraft non può che essere un valore aggiunto al film.

Va invece sottolineata la furbata degli adattatori italiani che, come andava di moda all'epoca, hanno tradotto un semplice "The Gate" in "Non aprite quel cancello" in modo di collegarlo con la serie di film di successo di "Non aprite quella porta".




Come più volte già ripetuto uno dei punti di forza sono gli ottimi effetti speciali; ad esempio i piccoli mostri sono in realtà persone in carne e ossa con un costume che grazie ad abili inquadrature e prospettive risultano minuscoli, mentre il demone finale è stato realizzato in stop-motion che non può non ricordare i lavori di Ray Harryhausen.

Bene, non mi resta che salutarvi e ricordarvi di recuperare tutte le altre recensioni che troverete nel bannerone qui di seguito. Arrivederci al prossimo anno.






martedì 26 luglio 2022

Notte Horror 2022 - Pesce d'Aprile (1986)

Care amebe putrescenti, ormai come da tradizione decennale, anche quest'anno i blogger più oscuri della rete tornano a mettere qualche brivido a torrida stagione calda. Del resto che estate sarebbe senza "Notte Horror"?
Prima di proseguire con la recensione del film scelto per questa edizione vi ricordo di recuperare gli appuntamenti con gli altri blogger delle scorse settimane e con quelli a seguire a partire da Lucius Etruscus e il suo Zinefilo che più tardi parlerà del secondo capitolo della saga di Darkman.





Il titolo che invece ho selezionato io è "Pesce d'aprile" del 1986 diretto da Fred Walton, un film che, probabilmente, non molti ricorderanno; del resto tra i molti slasher dell'epoca, questo non è certo tra i più memorabili. Eppure qualcosa di interessante c'è, ma come al solito partiamo con la trama:

Muffy St. John decide di invitare alcuni suoi compagni, per festeggiare le vacanze di primavera, nel fine settimana che precede il Primo d'Aprile, su un'isola dove si trova la tenuta che ha appena ereditato. Il weekend parte all'insegna dell'allegria, nonostante un incidente iniziale, del divertimento e degli scherzi, ma ben presto i ragazzi dovranno fare i conti con uno spietato killer intenzionato a farli fuori uno alla volta.



Insomma anche il soggetto non è certo tra i più originali, ma è nello svilupparsi della vicenda che il film ha uno dei suoi punti di forza, perché se la storia è tra le più abusate e la parte puramente slasher è piuttosto debole, i personaggi, per quanto stereotipati, hanno un loro spessore e l'evolversi degli eventi è comunque interessante.

Buona la regia di Fred Walton che dirige con mestiere e riesce a portare a casa un buon prodotto, forse perfino sottovalutato, proprio perché spacciato per slasher puro, quando in realtà il film viaggia su altri binari, ma ciò si capisce soltanto alla fine, con quel doppio colpo di scena che sorprende lo spettatore, ma chiarisce anche il perché si vede così poco sangue.
Del resto, lo stesso Walton ebbe a dire: "La tragedia, credo, o la grande delusione è stata che la Paramount non sapeva come pubblicarlo se non come tipico film slasher. Quindi la maggior parte del pubblico si aspettava di vedere qualcosa che loro non stavano andando a vedere".
Va detto che i produttori del film sono gli stessi di alcuni dei sequel di "Venerdì 13" per cui, probabilmente cercarono di ripetere il successo della saga di Jason Voorhees, senza però riuscirci e danneggiando invece il lavoro di Walton.




Volendo azzardare un po', nella pellicola si può vedere, dato il soggetto, una sorte di "Scream" ante litteram, certo molto più soft e meno raffinato, ma che in qualche modo anticipa il linguaggio meta cinematografico dell'opera di Craven e di altri film più moderni.

Il cast è composto da attori più o meno noti e tutto sommato se la cava. Amy Steel, che qui interpreta Kit, è stata scelta su suggerimento del produttore Frank Mancuso Jr, dopo che questa aveva partecipato a "Venerdì 13 - L'assassino ti siede accanto", mentre Thomas F. Wilson (Arch) è noto soprattutto per il suo ruolo di Biff nella saga di "Ritorno al futuro"




Attenzione seguiranno possibili spoiler:
Secondo le intenzioni del regista, il film sarebbe dovuto finire con Skip che torna all'isola dopo che tutti sono partiti e uccide la sorella per tenersi tutta l'eredità, ma la produzione ha voluto un finale meno cattivo. Un finale simile, compare invece nel romanzo di Jeff Rovin che accompagnava il film nell'uscita nelle sale.

"April fool's day" è stato anche il titolo di lavorazione di un altro film dell'epoca, vale a dire "Jolly Killer", ma quando i produttori si accorsero che che la Paramout stava uscendo con una pellicola con il medesimo titolo, lo cambiarono in "Slaughter High"



Nel 2008 ne è stato prodotto un remake, uscito direttamente in dvd, che non ho avuto modo di vedere, ma di cui non si parla un granché bene

Il mio consiglio è dunque di recuperare sicuramente questo film, ma di essere consapevoli che ci si trova di fronte ad uno slasher atipico, con poco sangue, ma con molte buone idee e un finale che vi sorprenderà, in un modo o in un altro.





martedì 31 agosto 2021

Compleanno di sangue (1981) - Notte horror 2021

Anche quest'estate ci ritroviamo qui puntuali, come il Festivalbar e il Mundialito (a chi coglie questa citazione in omaggio un "Cuore di panna" e una "One-o One") per ricordare quel fantastico programma che era "Notte Horror". A farlo la solita cricca di blogger, appassionati di cinema di paura, che pescando per le varie epoche, hanno recensito film spaventosi che hanno fatto la fortuna del genere.
In questa notte di fine agosto il mio articolo segue quello di "In the mood for cinema" che ha parlato di quel gioiello fulciano che è "...e tu vivrai nel terrore - L'aldilà", per cui se non siete ancora passati a leggerlo, correte subito a farlo (oltre a recuperare quelli delle settimane passate se ancora vi mancano).


Per questa edizione ci ho pensato un po' di quale film parlarvi; cercavo un film del periodo '70-'80, che fosse truculento a sufficienza e che non fosse stato ancora recensito nelle edizioni precedenti, per cui, sperando di non essermi sbagliato, la mia scelta è caduta su "Compleanno di sangue".


Per prima cosa però, la trama:
Virginia frequenta un prestigioso college canadese ed è riuscita a entrare nel club dei "Top Ten", di cui fanno parte alcuni dei ragazzi più facoltosi e snob della scuola. La ragazza ha però un passato tormentato, infatti ha perso la madre in un incidente stradale e lei stessa è rimasta gravemente ferita, subendo danni cerebrali per i quali è in cura con tecniche sperimentali. Mentre si avvicina il giorno del diciottesimo compleanno di Virginia, un misterioso assassino comincia a mietere vittime tra i membri dei "Top Ten" e la prima sospettata è la stessa Virginia, ma sarà veramente così?


"Compleanno di sangue" è un film del 1981 che fa parte di quelli slasher-horror, nati in seguito a pellicole di successo come "Black Christmas - Un Natale rosso sangue" (guarda caso un altro horror canadese), ma ancor di più "Halloween" di John Carpenter e "Venerdì 13" uscito solo pochi mesi prima della fine delle riprese di questo.
Il film pur non essendo un capolavoro del genere, si eleva sicuramente sopra la media dei tanti film simili, sia grazie ad una sceneggiatura non banale e con un'interessante tematica di fondo, sia per la buona mano di J. Lee Thompson, regista forse non memorabile, ma che ha diretto quel capolavoro che è "Il promontorio della paura".

Quello che è uno dei punti forti del film, ne è anche uno di quelli deboli, infatti la sceneggiatura, pur essendo di un buon spessore psicologico, è anche un po' troppo confusa, forse a causa di quei continui flashback e a tutti quegli spiegoni che ne inficiano la semplicità. In realtà la sceneggiatura è stata più volte presa in mano, anche poco prima delle riprese, cosa che si nota soprattutto sul finale che avrebbe dovuto essere diverso da quello poi filmato. Una soluzione sarebbe stata accorciare la pellicola di qualche decina di minuti, infatti quelle quasi due ore sono un po' troppe e certamente togliendo qualche minuto il film ne avrebbe giovato.


La pellicola è comunque un prodotto di tutto rispetto, con una tensione palpabile e con buoni effetti truculenti (si dice che Thompson abbia gettato diversi secchi di sangue sul set, per rendere più gore l'effetto sullo schermo),
Non male anche il cast che conta tra gli altri Glenn Ford, vecchia gloria di Hollywood e ormai relegato a ruoli di secondo piano come quello di Jonathan Kent nel "Superman" del compianto Richard Donner, nel ruolo del dottor Faraday, che però pare non fosse molto entusiasta del ruolo e che sia stato indisponente per tutta la durata delle riprese. 
Virginia è invece interpretata da quella Melissa Sue Anderson divenuta celebre nei panni di Mary Ingalls nel telefilm "La casa nella prateria".


Dunque, se vi piacciono gli horror slasher, le trame non banali con diversi colpi di scena, questo è un film che no dovete farvi scappare e che potrebbe piacevolmente sorprendervi, magari da vedere in occasione del vostro compleanno, davanti ad una buona fetta di torta.





martedì 1 settembre 2020

Notte Horror 2020 - Unico indizio la luna piena (1985)

Come ogni estate, da sette anni a questa parte, il solito manipolo di blogger si riunisce per ricordare Zio Tibia e le Notti Horror che ci hanno spaventato e tenuto compagnia quando eravamo ragazzini. 
E per questa mia quinta partecipazione ho deciso di parlare del film "Unico indizio la luna piena"; recensione che chiuderà la lunga rassegna iniziata il 7 luglio (alla fine dell'articolo troverete il bannerone con le indicazioni per recuperare le altre recensioni).


Gli anni 80 furono un decennio fortunato per i licantropi cinematografici; infatti dopo i bellissimi "L'ululato" di Joe Dante e "Un lupo mannaro americano a Londra" di John Landis e il buon "In compagnia dei lupi" di Neil Jordan, nel 1985 esce nelle sale americane (in Italia arrivò nel marzo 1986) "Unico indizio la luna piena", film basato su un romanzo breve di Stephen King.



Siamo a Tarker's Mills, nel Maine, quando, nella primavera del 1976, inizia una serie di brutali omicidi  che sconvolge la piccola comunità.
Il primo assassinio viene scambiato per un casuale incidente, ma dato che le morti continuano, gli abitanti della cittadina, convinti che la polizia sia quanto meno impotente, se non addirittura incapace di catturare l'efferato killer, si organizzano per trovarlo da soli.
L'unico a intuire che il mostro possa essere un essere soprannaturale è il giovane Marty Coslaw (Corey Haim), costretto su una sedia a rotelle. Una sera, il ragazzino, esce di casa, violando il coprifuoco imposto dallo sceriffo, con la sua nuova sedia motorizzata, chiamata "Silver Bullet" (da qui il titolo originale del film), regalata dall'amato zio Red (Gary Busey), per far esplodere alcuni fuochi artificiali, (altro dono dello zio) dato che lo spettacolo pirotecnico è stato annullato a causa degli omicidi.



E' proprio in quest'occasione che Marty si troverà faccia a faccia con il lupo mannaro che cercherà di ucciderlo. Fortunatamente egli riuscirà a sfuggirgli e a ferirlo ad un'occhio con uno dei razzi artificiali.
Naturalmente nessuno crede alle parole di Marty, tranne la sorella maggiore, Jane, che ha con il fratello un rapporto di amore/odio, poiché costui è più "coccolato" per la sua disabilità e per la giovane età.
Jane comincerà così a girare per la città in cerca di un uomo con un occhio ferito, ma quando arrivata quasi alla fine della sua ricerca, ancora  non ha trovato nessuno con qualche tipo di menomazione oculare, penserà all'ennesimo scherzo di Marty. Tuttavia è proprio nell'ultima persona a cui fa visita che troverà il mostro sotto sembianze umane, ovvero il reverendo Lowe.


I due ragazzi sanno che non saranno mai creduti per cui decidono di mandare alcune lettere anonime a Lowe, consigliandogli di suicidarsi, data la sua natura demoniaca.
Il reverendo non ci mette molto a capire chi sono i mandanti di quelle lettere e si metterà sulle loro tracce dando loro la caccia.
Solo questo punto, Marty e la sorella si confideranno con lo zio Red, che inizialmente, come tutti gli altri, non crederà alle loro parole, ma data la loro insistenza accetterà di recarsi dalla polizia per far controllare il reverendo. 


Quando anche lo sceriffo scomparirà, all'uomo non rimane che credere alle parole del nipote e gli procurerà una pallottola d'argento. Alla successiva notte di luna piena, con i genitori di Marty fuori di casa, il ragazzino, assieme alla sorella e allo zio, attenderanno l'arrivo del lupo, che infatti farà irruzione nell'abitazione per uccidere tutti. Sarà proprio Marty, che grazie alla sua pallottola d'argento, ucciderà il mostro, liberando la città dal terribile incubo.


Alla sua uscita, la critica specializzata, sia la critica specializzata che il pubblico si sono suddivisi abbastanza equamente sull'opera prima di Daniel Attias
Per quanto mi riguarda lo giudico un buon film, che ha certamente molti difetti, ma che mi diverte e appassiona ogni volta che lo vedo.
Bisogna dire che la pellicola ha avuto una produzione travagliata e non semplice:
come già detto, la pellicola è tratta da un romanzo breve di Stephen King, che inizialmente avrebbe dovuto uscire sotto forma di calendario, con un capitolo e un'illustrazione per ogni mese dell'anno, tuttavia questo limite stava stretto all'autore di Bangor, il quale decise di allungare la trama e di farne, appunto, un racconto lungo. 
L'editore che aveva proposto il progetto a King ne fu entusiasta e nel 1983 uscì in edizione limitata "Cyrcle of werewolf" con illustrazioni di Berni Wrightson.



Qualche tempo dopo, Dino De Laurentis acquisì i diritti dell'opera e contatto King per scriverne la sceneggiatura e Don Coscarelli ("Fantasmi", "Kaan principe guerriero"...) per dirigere il film. Tuttavia a seguito di alcuni problemi di lavorazione la regia passò nelle mani dell'esordiente Attias.
Altre problematiche furono quelle relative alla realizzazione della creatura, affidata a Carlo Rambaldi, che non soddisfò per nulla (non a torto) De Laurentis.
Alla fine però il film venne realizzato e uscì nelle sale americane l'ottobre del 1985, solo sei mesi dopo l'uscita regolare del romanzo.

Una delle critiche più ricorrenti al film è che i personaggi sono poco sfaccettati e mal curati, ma se si considera che anche nel romanzo, lo stesso King non ha potuto sviluppare molto i suoi protagonisti, data la natura dell'opera, direi che questi non sono riusciti per niente male, anzi nella loro semplicità risultano comunque "vivi" e credibili. Inoltre in quest'opera si possono riconoscere molti personaggi "tipo" del maestro del brivido, seppure in parte diversi tra romanzo e film; troviamo infatti la donna goffa e bruttina, il padre ubriacone e violento, gli adulti, quasi tutti assenti e che non capiscono i figli, il ragazzino protagonista che riesce ad affrontare e vincere le forze del male e così via.

Inoltre Attias riesce a conferire una buona tensione a tutto il film. con degli omicidi ben confezionati (soprattutto i primi due) e alcuni momenti davvero inquietanti, che assieme ad un ritmo rapido e conciso rendono il film perfettamente godibile.


Vera pecca del film è invece proprio la realizzazione del mostro, che seppure nelle abili mani di Rambaldi, è decisamente non riuscito; infatti più che un lupo, la creatura sembra un brutto orsacchiotto.
Fortunatamente questa, a parte il finale, si vede di rado e rapidamente e in queste occasioni si salva grazie a degli omicidi ben realizzati.

Bravi anche tutti i protagonisti e in particolare il simpatico Gary Busey ("Un mercoledì da leoni", "Arma Letale", "Point Break"...) e il giovane e sfortunato Corey Haim, deceduto a causa di abusi di alcol e droghe, che negli anni 80 divenne celebre per aver partecipato a diverse commedie per ragazzi ("Lucas", "Ragazzi perduti"...) e per aver fatto spesso coppia con il coetaneo Corey Feldman, tanto che vennero conosciuti come "i due Corey".

"Unico indizio la luna piena" è, in conclusione, una buona opera d'intrattenimento, tipica dei prodotti degli anni 80, che pur con i suoi difetti riesce a divertire ed appassionare ancora oggi.

Se ancora non lo avete fatto e voleste leggere anche tutte le altre recensioni dell'iniziativa, qui di seguito troverete il calendario per recuperare i link alle pagine.


21 luglio 2020, ore 23: La fabbrica dei sogni (Hemogoblin)
28 luglio 2020, ore 23: Director's cult (Tutti i colori del buio)
4 agosto 2020, ore 23: Il Bollalmanacco di cinema (Demoni 2)
18 agosto 2020, ore 23: In Central Perk (La notte dei morti viventi)
25 agosto 2020, ore 21: Pensieri cannibali (Generazione perfetta)
25 agosto 2020, ore 23: Not Just Movie (Brivido)
1 settembre 2020, ore 21: Redrumia (Dovevi essere morta)
1 settembre 2020, ore 23: La stanza di Gordie (Unico indizio la luna piena)

martedì 30 luglio 2019

Notte horror 2019: American Gothic (1988)

Tempo d'estate, tempo di "Notte horror". Ecco dunque, che per il sesto anno consecutivo (il quarto per me), la solita cricca di blogger nostalgici di quella trasmissione che per tanto tempo ci ha tenuto compagnia nelle calde notti estive del passato, si riunisce per scrivere e discutere di cinema horror.
Anche quest'anno ho scelto una pellicola non celeberrima, ma che ha la sua schiera di fans e che, nonostante i molti difetti, ha raggiunto lo stato di cult-movie; sto parlando di "American Gothic"



Cynthia e suo marito hanno perso la loro bambina in un incidente domestico, così dopo un periodo di ricovero della donna, su consiglio dei medici i due decidono di prendersi un periodo di vacanza.
La coppia, assieme a quattro amici, affittano un aereo da turismo per recarsi in Oregon, ma durante il viaggio il velivolo ha un guasto che li costringe ad un ammaraggio di fortuna nei pressi di un isola, all'apparenza deserta.
Costretti a cercare aiuto, i ragazzi si inoltrano nell'isola e vi trovano una vecchia casa abitata da due anziani contadini (che si fanno chiamare semplicemente Pa' e Ma') e i loro tre figli affetti da ritardo mentale. La strana famiglia vive ancora come all'inizio del ventesimo secolo, senza elettricità o comfort moderni e riconoscendo nei nuovi venuti immoralità e peccato, li faranno fuori uno ad uno.



Il film, uscito nel 1988 e accostato a pellicole di maggior successo come "Non aprite quella porta", non si può certo definire un capolavoro del genere, ma nonostante tutto riesce a risultare malato e disturbante. La famiglia di contadini è così grottesca ed estrema che crea nello spettatore un senso di disagio che avvolge quasi tutto il film.
Dico "quasi tutto" perché il film ci mette un po' a prendere quota e comunque la regia ha un taglio televisivo di qualità tutt'altro che eccelsa; eppure John Hough di cose buone in passato ne aveva fatte come "Zozza Mary, pazzo Gary" action movie sulla scia di "Punto Zero" o "Incredibile viaggio verso l'ignoto", film avventuroso targato Disney.



Un'altra pecca della pellicola è che gli omicidi sono quasi sempre fuori scena e a parte il sangue che si vede in seguito, di splatter non c'è molto.
Tuttavia Hough riesce a rifarsi in alcune sequenze sferrando dei colpi piuttosto duri allo spettatore: quando a Cynthia viene mostrata la stanza delle bambole, dove ritrova appesi come manichini i suoi vecchi amici, oltre ai corpi mummificati di vittime precedenti; quando la stessa Cynthia e Funny si litigano il corpo, anch'esso mummificato, di una piccola bambina, frutto di un probabile rapporto incestuoso, che ribalterà i ruoli nel finale; l'omicidio di una delle ragazze da parte di Teddy che tenterà poi di avere un rapporto sessuale con il cadavere e per questo sarà punito dal padre.



Il finale del film non è male, anche se forse un po' troppo affrettato e qualche minuto speso in più per creare un una maggiore tensione non avrebbe certo guastato.
Non è male il cast di cui vanno ricordati soprattutto il grande Rod Steiger e la splendida Yvonne De Carlo che per questo ruolo vinse il premio come miglior attrice al Fantatestival.
Buone anche le musiche composte da Alan Parker, compositore solo omonimo del celebre regista britannico, anche se nella copertina del dvd della Raro Video viene confuso proprio con il regista stesso.




Infine va ricordato che il titolo e la locandina del film si rifànno ad un celebre dipinto di Grant Wood, intitolato proprio "American Gothic".




Qui di seguito tutta la programmazione dell'evento:

  • 9 luglio 2019, ore 21: La bara volante (Stuff, il gelato che uccide)
  • 9 luglio 2019, ore 23: Malastrana VHS (Vivere nel terrore)
  • 16 luglio 2019, ore 21: Il Zinefilo (L'albero del male)
  • 16 luglio 2019, ore 23: Non c'è paragone (The Omen)
  • 23 luglio 2019, ore 21: Stories (Scream)
  • 23 luglio 2019, ore 23: Solaris (Il villaggio dei dannati)
  • 30 luglio 2019, ore 21: La stanza di Gordie (American Gothic)
  • 30 luglio 2019, ore 23: Malastrana VHS (Trucks)
  • 6 agosto 2019, ore 21: Pensieri Cannibali (So cosa hai fatto)
  • 6 agosto 2019, ore 23: Il Bollalmanacco di cinema (La casa 5)
  • 13 agosto 2019, ore 21: In central perk (The Ring)
  • 13 agosto 2019, ore 23: La fabbrica dei sogni (Changeling)
  • 20 agosto 2019, ore 21: Pietro Saba World (Cimitero Vivente)
  • 20 agosto 2019, ore 23: Deliria (Deliria)
  • 27 agosto 2019, ore 21: Combinazione casuale (La setta)
  • 27 agosto 2019, ore 23: Il Zinefilo (Dr. Giggles)
  • 3 settembre 2019, ore 21: Redrumia (Society)
  • 3 settembre 2019, ore 23: White Russian (La casa del diavolo)
  • 10 settembre 2019, ore 21: Il Zinefilo (Virus)
  • 10 settembre 2019, ore 23: The Obsidian Mirror (Non aprite quell'armadio)



martedì 24 luglio 2018

Notte horror 2018 : Horror in Bowery Street (1987)

C'era una volta "Notte Horror", un appuntamento che per noi amanti del genere era un classico imprescindibile. Finita la scuola, prima di partire per le vacanze vere e proprie, si aspettava il martedì notte (venerdì nelle prime versioni) per godersi, dopo il Festivalbar, qualche ora di paura e divertimento. Da qualche anno a questa parte però, la trasmissione non è più la stessa; film non sempre all'altezza e continui cambi di programmazione, hanno in parte rovinato il fascino che il programma ha sempre avuto.



Fortunatamente, da cinque anni, c'è la "Notte Horror Blogger Edition"; un'iniziativa che vede coinvolti un gruppetto di blogger, che per poco più di un mese, tutti i martedì (con appuntamento alle 21 e alle 23), recensiranno alcuni film horror, per allietare le nostre calde estati.
Questo, per me, è il terzo anno consecutivo (cosa che non può che farmi piacere) e per l'occasione ho scelto un film particolare, divenuto un cult con il passare del tempo e per tanti anni ritenuto introvabile, fino a quando quelli di "Nocturno" e "Rarovideo" lo hanno distribuito anche qui da noi; sto parlando di quell'opera malata che è "Horror in Bowery Street".



Via con la trama:
Siamo in uno dei quartieri più degradati di New York, dove numerosi personaggi, per lo più barboni, vivono di espedienti. Un giorno, il proprietario di un bar della zona, trova per caso, nascosto nel suo scantinato, un liquore denominato "Viper" e decide di venderlo per guadagnare qualche soldo. Quello che non sa è che basta un sorso di quel prodotto per morire liquefatti, tra atroci sofferenze.
Insospettito da quelle strane morti, un poliziotto si metterà ad indagare.



Il film in realtà era nato come cortometraggio, girato da Muro quando era ancora studente di cinema, e in seguito integrato con altre scene. Si capisce perciò perché la pellicola risulta essere frammentaria e con una trama non ben lineare.
La sceneggiatura, a cura di Roy Frumkes, è confusa senza un vero intreccio narrativo; si possono contare almeno tre storie portate avanti dal regista, tutte spezzettate e non sempre portate ad una vera e propria conclusione.
Tuttavia questa non è un difetto, anche perché appare chiaro fin da subito che la trama è solo un pretesto per mettere in mostra quanto più splatter possibile.



In questa pellicola tutto è eccessivo, dalla storia alla recitazione, volutamente sopra le righe e che lo fanno accostare ai film della Troma (a proposito, la curatrice degli ottimi effetti speciali Jennifer Aspinall, aveva lavorato proprio a "The Toxic Avenger").
Anche il modo in cui vengono mostrate le morti dei poveri incauti consumatori del "Viper" è esagerato: infatti i corpi di questi si sciolgono emettendo liquami  rossi, blu e gialli, dando al film un tocco di colore, quasi pop, che contrasta con la violenza delle scene.


Come in molti film simili per mitigare le scene crude e violente, vengono usate diverse gags che fortunatamente non disturbano, ma anzi risultano essere un valore aggiunto al film perché così, le scene più disturbanti riescono a essere più "digeribili".
Del resto in questa ora e mezza di film assistiamo, oltre alle numerose morti crude, anche a violenze sessuali, a scene di necrofilia e ad una partita di football giocata con un pene appena evirato (e scusate se è poco...)



Ecco se proprio dovessi trovare un difetto al film, direi che sarebbe potuto durare un po' meno, infatti in alcuni momenti la storia viene eccessivamente allungata con il risultato di essere un po' noiosa. Fortunatamente Jim Muro, sa compensare con una buona regia (finora l'unica) e mostra le sue qualità di operatore di camera che lo porteranno a lavorare a film come "Terminator 2" "Titanic", "Balla coi lupi" "JFK", "Casino", prima solamente come operatore di steadicam, poi anche come direttore della fotografia.



Nel film, volendo, si può leggere anche una critica sociale, contro la guerra e l'abbandono dei reduci a loro stessi, infatti uno dei protagonisti (il più cattivo e violento) è stato in Vietnam e crede di vedere vietcong ovunque, ma non so quanto questo fosse nelle reali intenzioni del regista.

Altri due ottimi aspetti del film sono la scenografia, in particolare quella ambientata nello sfasciacarrozze dove molti dei protagonisti trovano rifugio e la fotografia che ci mostra, senza nessun filtro, la trascuratezza e il degrado delle zone teatro della vicenda.


"Horror in Bowery Street" è dunque divenuto un cult, grazie alla sua irriverenza, e al suo essere esagerato e di cattivo gusto (come scordare la scena in cui il poliziotto, dopo averlo picchiato, vomita volutamente sul mafioso stereotipato), violento e crudo. Un film che è riuscito a crearsi la sua fetta di fan ed estimatori. Una pellicola da scoprire o riscoprire, sempre se si ama il genere (più che di splatter qui si parla di melt-movie, cioè quei film in cui la liquefazioni dei corpi e centrale nella trama), e se siete dotati di un buono stomaco.

Vi ricordo che dopo di me, alle 23.00, Obsidian Mirror parlerà di un grande cult di John Carpenter: "The Fog"