venerdì 7 aprile 2017

Tomboy (2011)



Non è così semplice fare una recensione di questo film; la storia in se è semplice e prosegue fino all'unico conflitto finale con leggerezza e tranquillità, ma poi, la storia stessa, si pone a più chiavi di lettura, nessuno delle quali banale o scontata. Laure è una bambina di dieci anni, ma ha l'aspetto, gli atteggiamenti, e il modo di vestirsi di un maschio. La sua famiglia sembra non dare molta importanza alla cosa, del resto Laure è in una fase ancora prepuberale e avrà tanto tempo per maturare i tratti distintivi che caratterizzeranno la sua vera sessualità. Quando però la bambina e la sua famiglia si trasferiscono in una nuova città, lei sente, naturalmente, il desiderio e il bisogno di trovare il suo spazio in questo nuovo ambiente così, quando Lisa, una bambina del quartiere si rivolge a lei scambiandola per un maschio, invece di correggerla, Laure, "sta al gioco" e finge di chiamarsi Mickael. Aiutata dal suo fisico androgino, Mickael/Laure si immedesima sempre di più nel suo nuovo ruolo cercando anche di imitare i suoi compagni maschi, come nelle partite a calcio a torso nudo, sputando a terra, giocando alla lotta e addirittura scambiandosi qualche tenero, ma casto bacio con la sua amica Lisa, che sembra effettivamente innamorata di Mickael. 



Particolarmente divertente, ma anche significativa, la sequenza in cui Mickael/Laure, per risultare più credibile, prima di andare a nuotare si costruisce un finto pene con il pongo della sorellina, sorellina che in seguito diventa complice in questo "gioco". Poi c'è la svolta, quando manca poco all'inizio della scuola e alla fine dell'estate, in seguito alla lite con uno dei compagni di gioco, la madre di Laure viene a conoscenza della menzogna della figlia e arrabbiata, forse eccessivamente, ma non del tutto ingiustamente, costringerà la bambina a svelare la sua vera identità. Tra senso di colpa e umiliazione, Laure si allontanerà inizialmente dai suoi amici, salvo poi nel finale, andare incontro a Lisa e svelarle il suo vero nome, dando via così ad un nuovo inizio. 



La regista fa un ottimo lavoro, affrontando un tema delicato, come quello dell'identità sessuale senza morbosità, ma con delicatezza e freschezza e lasciando molto spazio ai suoi bravi piccoli attori (gli adulti hanno ruoli marginali). Come dicevo all'inizio, la pellicola può essere soggetta a diverse chiavi di lettura: Laure, ad esempio, può usare il travestitismo semplicemente come metodo per essere accettata più velocemente dal gruppo, magari per paura di essere presa in giro per il suo aspetto mascolino ha preferito fingere direttamente di essere maschio, pur consapevole che la bugia prima o poi sarebbe stata scoperta, ma con l'ingenuità tipica della sua età, di poterla portare avanti il più possibile. Oppure, avendo lei sempre avuto comportamenti, oltre che l'aspetto, più maschili che femminili, si può leggere la cosa, come una ricerca di un'identità sessuale diversa da quella sua, sentendosi intrappolata in un corpo che non le appartiene, come già ci era stato mostrato nel bel film belga "La mia vita in rosa" in cui un bambino continuava a vestirsi e atteggiarsi da femminuccia, perché sentiva di appartenere a quel genere. Tuttavia, ciò che conta realmente è che Laure, sia riuscita a farsi accettare per quello che è realmente, qualsiasi se stessa essa sia, perché non è un nome che determina il proprio essere.


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