Questo 2020 è stato un anno particolarmente difficile e tragico per tutti noi e anche anche il mondo dello spettacolo si è visto colpito dalla dipartita di moltissimi grandi artisti. Noi blogger, amanti del cinema, abbiamo deciso di celebrare un Commemoration Day, per ricordare questi grandi attori, recensendo alcuni film di cui questi sono stati protagonisti.
La mia scelta è caduta su Max Von Sydow, attore feticcio di Ingmar Bergman prima che poi si è reinventato ad artista di "secondo piano" negli Stati Uniti (soprattutto) e in giro per l'Europa.
Dico "secondo piano" perché, quasi mai è stato protagonista dei film in questa sua seconda fase artistica, ma spesso i suoi personaggi avevano un ruolo fondamentale e sono diventate icone immortali,
Il film che ho scelto per ricordare il grande Von Sydow è quello che lo ha lanciato come grande attore e allo stesso tempo lo ha fatto conoscere in tutto il mondo; sto naturalmente parlando di quell'immenso capolavoro che è "Il settimo sigillo"
In una Svezia trecentesca, afflitta dalla peste, il cavaliere Antonius Block (Max Von Sydow), di ritorno dalle crociate, si tormenta sul senso della vita, sulla fede e sulla paura per la morte e ad attenderlo sulla spiaggia, ci sarà proprio la Morte personificata, venuta per portarlo via. Block decide di sfidare il tristo mietitore a scacchi per rimandare la sua dipartita e questi acconsentirà alla richiesta del nobile cavaliere.
"Il settimo sigillo" è un film complesso, allegorico, che parla di religione, di fede e di filosofia.
Bergman ha detto di essersi ispirato agli affreschi trecenteschi delle chiese medioevali per scrivere prima un dramma teatrale, intitolato "Pittura su legno", per poi trasformare quest'opera, dopo aver ascoltato i Carmina Burana di Carl Orff, nel film che oggi conosciamo.
Antonius Block è la rappresentazione del moderno credente, non più disposto a credere ciecamente ai dogmi imposti dalla Chiesa, ma che si pone mille interrogativi ed è dubbioso sull'esistenza di qualcosa dopo la morte. Il film, in questo senso, non dà risposte e solo alla fine, quando il cavaliere prende coscienza della sua fine e della sua mortalità, capisce che è proprio questa ricerca a dare un senso alla vita.
Lo scudiero Jons, rappresenta invece la razionalità e l'ateismo, l'uomo che non crede ne in Dio ne in Satana. Jons non crede nell'amore, che vede solo come un altro nome per la lussuria e un insieme di falsità e inganni. E' insomma un uomo disilluso, che anche guardando alle crociate non può fare a meno di riderne in quanto fatte in nome di un Dio, inventato dall'uomo e che in realtà non esiste.
C'è poi la famiglia di saltimbanchi composta da Jof, Maria e dal piccolo Mikael, che molti critici vedono come rappresentazione della Sacra Famiglia, ma che in realtà potrebbero essere i veri testimoni della fede. Tanto più che Jof racconta spesso di aver visto angeli e di aver assistito a eventi miracolosi e solo lui, alla fine, vedrà la Morte che gioca la partita a scacchi con Block e grazie proprio al generoso cavaliere, che terrà distratta la Morte stessa, riuscirà a fuggire e a salvare se stesso e la sua famiglia.
E sarà sempre lui che, nel finale, vedrà la morte ballare con i suoi amici e compagni di viaggio, in un sorta di danza macabra.
La scelta di rappresentare la storia durante il periodo in cui la peste infestava il nord Europa, può essere letto in realtà, come paura per un possibile conflitto atomico.
Il film è dunque un'opera complessa, come dicevo all'inizio, che pone molte domande e non da riposte, attingendo a vari aspetti della filosofia e della teologia occidentale, ma che con le sue metafore e allegorie, non può non affascinare e incuriosire anche il meno preparato degli spettatori.
L'importanza del film è dimostrata anche dall'influenza culturale che ha avuto nel corso dei decenni, tra cui:
- Woody Allen, che è uno dei più grandi amanti di Bergman e in particolare di questo film, ne cita il finale nel suo "Amore e Guerra", quando il protagonista, sempre alla fine, balla con la morte;
- La Morte Bergmaniana compare anche nelle sequenze finali de "Last Action Hero" di John McTiernan;
- Il n.66 di Dylan Dog "Partita con la morte" sceneggiato da Claudio Chiaverotti e una lunga citazione a "Il settimo sigillo"
- "The seventh seal" è il brano che apre l'album "Balance" dei Van Halen
A livello metacinematografico si può benissimo dire che lui abbia battuto la morte a scacchi, più volte, guadagnandosi l'immortalità su pellicola.
RispondiEliminaHai proprio ragione. Un grandissimo artista...
EliminaRicordo quella sequenza in Last Action Hero, comunque grandissimo film e grandissimo Max Von Sydow, moltissimi i suoi ruoli che ricordo con piacere ;)
RispondiEliminaLast action hero è, a mio avviso, un film sottovalutato...
EliminaGrazie Bro...un film difficile da analizzare per i molti significati simbolici che ha...Da profano, ho cercato di farlo nella maniera più semplice che riuscivo...
RispondiEliminaQuesto film è un capolavoro. Complimenti per la scelta e per il taglio che hai dato al post.
RispondiEliminaLa citazione in DD 66 "Partita con la morte" la conoscevo, già dalle prime pagine dell'albo si intuisce l'enorme omaggio che si cela dietro la storia di Chiaverotti.
Un ottimo articolo su una pellicola che ha fatto storia. La partita a scacchi con la morte poi...
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