Film molto ben riuscito, anche se non perfetto. Gaglianone porta sul grande schermo la storia basata sull'omonimo romanzo di Stefano Massaron, e lo fa in maniera delicata, senza giocare la facile, ma infima, carta del voyerismo.
Molto bello il montaggio, che pur intrecciando continuamente presente e passato dei protagonisti (dando però maggior spazio a quest'ultimo), non si ha la sensazione di veri e propri flashback e flashforward , quanto piuttosto, di un accavallamento di vicende, che contribuisce a mantenere sempre un forte disagio nello spettatore; nel passato per gli orribili fatti in se; nel presente perché vediamo come i protagonisti, ormai adulti, non riescano a liberarsi dei fantasmi del passato.
Forse, proprio perché ha avuto meno spazio, la parte in cui si vedono i tre protagonisti adulti, è leggermente meno riuscita di quella ambientata nel passato. Tuttavia gli interpreti sono tutti bravissimi, in particolare Valerio Mastrandrea. Particolarmente riuscite sono le sequenze in cui vediamo la vita quotidiana dei ragazzini, a giocare per strade polverose o tra lamiere arrugginite e auto abbandonate. Non tutti i giovani protagonisti, però, riescono a essere credibili e la recitazione risulta scostante, fa eccezione a mio avviso, il piccolo Giuseppe Furlò (Sandro), che è molto espressivo.
Discontinua mi è parsa anche la recitazione di Filippo Timi; bravissimo in alcune scene, eccessivo in altre. Va comunque detto che il suo era il personaggio più difficile e scomodo, e Filippo riesce a renderlo realmente odioso. Il fatto che il dottor Boldrini, cantasse un pezzo dell'aria "Una furtiva lagrima", immagino sia un richiamo a "M il mostro di Dusseldorf", nel quale il protagonista, interpretato magistralmente da Peter Lorre, fischiava un motivo dalla suite Peer Gynt. Un altro omaggio è quello dello del matto del paese, accusato di essere il colpevole degli orribili omicidi, che appunto si rifà a quello de "Non si sevizia un paperino" di Lucio Fulci.
Altro personaggio che mi ha creato parecchio fastidio, è stato quello del professore di lettere, che disegna perfettamente la voluta cecità di certe persone, che piuttosto di vedere la realtà che sta attorno a loro, si rifugiano dietro a comportamenti ipocriti.
Nel complesso il film mi è piaciuto molto, soprattutto perché dall'inizio alla fine ho avvertito una forte senso di disagio, e siccome credo fosse nelle intenzioni del regista, almeno da questo punto di vista ha raggiunto il suo scopo.
Di visto l'ho visto, e anche se non ricordo molto credo di essere abbastanza d'accordo con te ;)
RispondiEliminaMi fa piacere che ti sia piaciuto...E questo che il cinema italiano, se vuole, sa essere di qualità anche trattando un argomento spinoso, ma secondo le regole del cinema di genere
EliminaSempre lieto di esserti d'aiuto nella (ri)scoperta di "nuovi" film. Poi attendo un tuo giudizio
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