Per il film di quest'anno sono volato in Brasile a recuperare una pellicola che usa la leggerezza per parlare di temi seri e delicati: "L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza" di Cao Hamburger del 2006.
1970, Mauro è un ragazzino di dodici anni, che come tutti i brasiliani, attende con impazienza l'inizio dei mondiali di calcio (quelli che noi italiani ricorderemo, ancor più che per la cocente sconfitta in finale contro Pelè e compagni, per la semifinale contro la Germania vinta 4 a 3 e che è passata alla storia calcistica come la partita del secolo).
Tuttavia quello è anche un periodo di rivolte politiche e molti oppositori del governo sono costretti all'esilio, tra questi ci sono anche i genitori di Mauro che decidono di raccontare al figlio che devono partire per una vacanza e lo lasceranno a casa del nonno, con la promessa di tornare a prenderlo entro la fine dei mondiali di calcio.
L'anziano, che vive nel quartiere ebraico di San Paolo. è però morto poco prima dell'arrivo del bambino, che si ritrova così solo in un ambiente a lui estraneo.
In quest'occasione, Mauro conosce Shlomo, un vicino di casa del nonno, dal carattere scorbutico, che sarà costretto dalla sua comunità a occuparsi del ragazzino.
Inizialmente il rapporto tra i due sarà difficile, ma con il passare del tempo i due riusciranno a trovare un equilibrio e ad affezionarsi l'uno all'altro.
Nel frattempo Mauro, mentre aspetta il ritorno dei suoi genitori, entrerà in contatto con il variegato quartiere di Bom Retiro in cui, oltre agli ebrei, convivono anche italiani, greci e arabi; farà amicizia con la coetanea Hanna, con la bella barista Irene e con Italo studente di sinistra, amico di suo padre e sua madre.
Durante quell'estate, il Paese è diviso tra l'entusiasmo per i successi della nazionale e le preoccupazioni per il pesante clima politico, cosa che si riflette anche nella vita di Mauro che alla fine capirà che ci sono cose più importanti di una partita di calcio.
Cao Hamburger, ha decido di raccontarci una pagina oscura del storia del Brasile, ma vista con gli occhi innocenti di un bambino, che in realtà non capisce cosa stia succedendo, che vorrebbe solo riunirsi ai suoi genitori, e che sogna di essere "negro e volare tra i pali".
Da questo punto di vista il film si distacca molto da pellicole dure e crude, come "City of God" e si accosta di più al film argentino "Kamchatka", in cui la rivoluzione è tenuta sullo sfondo, per raccontare le difficoltà di un ragazzino costretto ad un nuova situazione che è ancora troppo piccolo per poter comprendere a pieno.
Il film è infatti una storia di formazione, un racconto di passaggio dall'infanzia all'adolescenza, in cui il protagonista imparerà, grazie alla convivenza con culture diverse da quelle con cui è vissuto fino a quel momento, a crescere e maturare e che ci sono cose ben più importanti di una finale di coppa del mondo.